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12 maggio 1974: gli Italiani dicevano SI al divorzio, grazie al rifiuto all’abrogazione della legge 898

12 maggio 1974, gli Italiani dicevano SI al divorzio grazie alla affermazione del NO al referendum abrogativo della legge.
Entrato in vigore quattro anni prima, 1º dicembre 1970, il provvedimento aveva introdotto il divorzio in Italia, causando controversie e opposizioni, in particolare da parte di molti cattolici (la dottrina cattolica sancisce l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, ma gli antidivorzisti presentarono la loro posizione come motivata laicamente, cioè desunta dall’essenza stessa del matrimonio come istituto di diritto naturale, non come sacramento).

12 maggio 1974, gli Italiani dicevano SI al divorzio

Al momento della promulgazione della legge il fronte sociale e politico era fortemente diviso sull’argomento. Le forze laiche e liberali si erano fatte promotrici dell’iniziativa parlamentare (la legge nacque, infatti, a opera del socialista Loris Fortuna e del liberale Antonio Baslini).

Forti differenze erano comunque presenti fra le avanguardie più radicali (femministe, LID, Partito Radicale, l’ala socialista di Fortuna) e parti consistenti del PCI orientate verso una trattativa con la DC, o l’ala socialista di De Martino.

La Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano si erano opposti alla legge, ma parte del mondo cattolico si era comunque dichiarato favorevole, come le ACLI, o il movimento dei cattolici democratici di Gozzini, Scoppola, La Valle e Prodi. Fra i movimenti cattolici solo Comunione e Liberazione era rimasta completamente fedele alle indicazioni della CEI.



Fanfani, nel luglio 1974, tentò di spiegare la sconfitta e di attenuarne la portata durante un Consiglio nazionale in cui sostenne che «la DC non promosse né incoraggiò la richiesta di referendum» e che «non possiamo concedere che l’essere riusciti a far convergere sulle tesi sostenute ben tredici milioni di voti rappresenti una sconfitta».

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