Almanacco

23 novembre 1980: un terremoto di magnitudo 6.9 devastò l’Irpinia, rimasero uccise 3.000 persone

Il terremoto dell’Irpinia del 1980 fu un sisma che si verificò il 23 novembre 1980 e che colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale. Un terremoto di magnitudo 6.9 che causò la morte di 3.000 persone10.000 feriti, devastò l’Irpinia, la Basilicata, la Campania intera, una parte della provincia di Foggia, provocò danni enormi e quasi 300.000 sfollati.


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Terremoto dell’80, oggi è il giorno del ricordo per il popolo irpino

Era una mattina come tante, ma quel giorno la vita di moltissimi cambiò per sempre. “Fate Presto, questo il titolo in prima pagina del quotidiano “Il Mattinoun grido di aiuto per salvare chi era ancora in vita sotto le macerie e per aiutare chi, ormai, non aveva più nulla. Un sisma di magnitudo 6.9 della scala Richter (X grado scala Mercalli) rase al suolo interi paesi in 90 interminabili secondi.


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Era una domenica qualunque

Era il 23 novembre del 1980: una domenica qualunque, alle ore 19.34. 90 secondi di paura, angoscia e smarrimento che, ancora oggi, si leggono negli occhi lucidi di chi è sopravvissuto a quel sisma.

Il terremoto dell’80 colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale, con un epicentro di circa 12km di profondità, colpendo un’area che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza.

Le zone coinvolte

I comuni irpini più colpiti furono: Teora, Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna. Ci furono circa 2.914 morti, 9mila feriti, 150mila abitazioni distrutte e 300mila sfollati.

L’entità drammatica del terremoto non fu valutata nell’immediato, poiché l’interruzione totale delle telecomunicazioni impedì di dare l’allarme e, quindi, soltanto a notte inoltrata e il mattino seguente tramite un elicottero furono rilevate le reali dimensioni del disastro. Un giornalista d’eccezione, Alberto Moravia, scrisse nel suo articolo per l’Espresso:

“Ho visto morire il Sud”, scriveva: “Ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano”.


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