Il Santo del 24 febbraio è San Sergio di Cesarea. Secondo una “Passio” latina, San Sergio di Cesareaera, era un anziano magistrato, che aveva abbandonato la toga per vivere da eremita. Anch’egli, come tutti gli altri cristiani di Cesarea di Cappadocia, venne convocato dal governatore dell’Armenia e della Cappadocia, Sapricio, perché prendesse parte alle celebrazioni in onore di Giove.
Ma alla sua apparizione i fuochi accesi per la divinità si spensero. Un prodigio che Sergio interpretò pubblicamente come il prevalere di Dio su ogni altra divinità. Affermazione che lo condannò al martirio.
San Sergio di Cesarea oggi, il Santo del giorno
San Sergio di Cesarea, prima di essere santificato era un uomo che visse tra il terzo e quarto secolo dopo Cristo, ovvero durante il periodo di massima espansione e dominio dell’Impero Romano.
Nato in una famiglia modesta, San Sergio ebbe l’opportunità di studiare le leggi del periodo e di distinguersi per il suo grande livello di cultura, il quale metteva in imbarazzo gli altri giovani studiosi.
Egli voleva infatti divenire un magistrato ed amministrare la legge nella giusta maniera: secondo lui infatti, le persecuzioni ed alcune decisioni, che vennero prese dai diversi governatori del periodo, erano tutt’altro che sagge.
Per questo motivo, visto anche il suo impegno negli studi ed il suo modo di fare, San Sergio divenne uno dei magistrati maggiormente importanti durante il periodo dell’impero di Diocleziano.
Egli però aveva anche maturato una profonda e chiara idea sulla religione: avere tante divinità non era saggio e soprattutto riteneva che, a governare la religione, fosse un solo Dio, ovvero il padre del Signore.
Questa sua teoria non veniva vista di buon occhio da parte degli altri magistrati, che iniziarono a vedere di cattivo occhio il modo di fare di San Sergio, etichettato come un cristiano rivoluzionario e fonte di futuri problemi.
Essendoci delle persecuzioni nei confronti dei cristiani durante quel periodo, le quali potevano anche vedere protagoniste figure potenti come i magistrati, San Sergio decide di evitare di rischiare la vita e abbandonò il ruolo di magistrato.
Per sfuggire alle guardie, egli decise di ritirarsi nelle zone confinanti all’impero Romano, in quanto ciò che accadeva al di fuori delle mura imperiali non rientrava nelle competenze dell’imperatore e delle sue guardie.
Da questo momento in poi, di San Sergio di Cesarea si perdono completamente le tracce, ma vi sono alcune leggende che narrano che l’ex magistrato cercò di convertire la popolazione che viveva fuori dalle mura dell’impero, nelle zone appunto confinanti.
Riuscendo solo parzialmente nel suo intento, San Sergio decise di vivere una vita solitaria, eremitica, rimanendo isolato e dedicandosi interamente alla preghiera.
Il ritorno di San Sergio a Cesarea
Passarono gli anni e all’interno dell’impero Romano accadevano due fatti importanti:
- Il primo consisteva nel fatto che le persecuzioni, nei confronti dei cristiani, divennero maggiormente accese, mentre il secondo nel fatto che, le leggi in vigore, non subirono alcun tipo di cambiamento. San Sergio, che rimase in disparte per tanti anni, decise di tornare, nel territorio imperiale, durante la celebrazione del culto di Giove. Il governato dell’Armenia e della Cappadocia, ovvero Sapricio, era una delle figure maggiormente contraria alla diffusione del culto del cristianesimo e fece in modo che, coloro che si professarono cristiani, adorassero Giove.
- Secondo quanto venne raccontato, la presenza di San Sergio fece spegnere tutte le varie fiaccole in onore della divinità e questo fece adirare il governatore, che temeva che Giove fosse arrabbiato con loro. San Sergio cercò di spiegare che la divinità era una sola e che solo essa doveva essere adorata, ma le sue parole non vennero assolutamente ascoltate: Sapricio lo fece arrestare, martirizzare e giustiziare, dando esempio della punizione che veniva adottata nei confronti di coloro che professavano a gran voce il cristianesimo. La morte avvenne nel 303 dopo Cristo.
San Sergio non è il patrono di alcuna città italiana, visto che si prodigò poco per la diffusione del cristianesimo ed inoltre venne ucciso prima che potesse convertire un’intera città oppure compiere un atto per il quale potesse essere ricordato dalla popolazione di una città particolare.
Il ventiquattro febbraio egli viene ricordato in maniera semplice, stessa sorte che toccherà anche a Sant’Evezio, il quale venne martirizzato, in circostanze differenti ed in un’epoca simile, in un’altra città appartenente all’impero Romano.