Site icon Occhio Notizie

25 aprile: fare festa, tentare una nuova liberazione

Il 25 aprile è sacro e cruciale: porta le cicatrici di un popolo diviso in sè stesso che non ha voluto fare i conti con le diversità che lo caratterizzano.

25 aprile: fare festa, tentare una nuova liberazione

Come non si fa ad emozionarsi a queste parole? Il 25 aprile non è un giorno qualsiasi e la parola liberazione… esiste qualcosa di più soave? Non la capisce solo chi non riconosce il peso del giogo del suo padrone. Lo dice bene Alejandro Jodorowsky:

“gli uccelli nati in gabbia pensano che volare sia una malattia”.

Un ponte lungo

Quest’anno la concomitanza della Pasqua – che “cade” di 21 aprile – con la Festa della Liberazione – che capita di giovedì – e con la Festa dei Lavoratori – che capita di mercoledì – sancisce un “megaponte” per alcune categorie di lavoratori e per gli studenti.

L’osservatorio di Confturismo con l’Istituto Piepoli ha rilevato che il 22% degli italiani godrà di una vacanza di almeno 4 giorni in questo periodo. In Italia le mete predilette saranno Firenze e Venezia seguite da Matera, Napoli, Palermo e Lecce.

Anniversario della liberazione d’Italia

L’errore più grave che si possa commettere è politicizzare questa ricorrenza. Quello che in questi ultimi giorni si è notato è la pesante caduta del ministro dell’interno che ha ridotto la celebrazione del 25 aprile ad un derby tra giurassiche dicotomie politiche, i fascisti e i comunisti. Invece sarà in Sicilia per una manifestazione anti-mafia e il tour elettorale.

D’altronde, se davvero fosse stata una scelta dettata dalla voglia di laicità, avrebbe presenziato alla cerimonia sull’Altare della Patria. Sappiamo infatti che ogni società ha bisogno del suo sacro e la laicità riconosce le sue zone sacre, i suoi santi, i suoi martiri.

Cosa abbiamo di più sacro dell’Altare della Patria? Chi di più santo del milite ignoto? Paradigma di ogni militare che, pur macchiato delle azioni di guerra, è comunque carne del nostro corpo. Fratelli, figli, padri italiani caduti o dispersi nelle guerre. In quest’ottica si comprende il senso ampio di tale commemorazione che riesce a trascendere la giornata del 1945 e abbraccia la storia dell’Italia e dei suoi figli.


La cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria (4 novembre 1921)

L’ironia della storia

Il ministro parteciperà ad una manifestazione antimafia il giorno della liberazione ed è amaramente ironico se consideriamo che esistono documenti che comprovano la scelta di comodo dei militari alleati di stabilire una sorta di mutua tolleranza tra forze armate e famiglie mafiose.
Si legge su La Repubblica del 17 marzo 2010 che «il dossier porta la data del 29 ottobre 1943 (cartella del Foreign Office 371/37327, numero di protocollo R11483) ed è stato archiviato a Kew Gardens alla fine della guerra».

Un atteggiamento trattativista che non sarebbe mai stato messo da parte nemmeno dallo Stato italiano. Ancor più amaro è che ci sia una distorsione nella conoscenza e nella comprensione della storia.

Comprenderla è necessario per riconoscere come sia inaccettabile giocare sul filo della dicotomia destra-sinistra per quel che è il 25 aprile. L’anniversario della liberazione è festa per tutti.

Molti italiani che inizialmente avevano sposato la causa fascista, quando ebbero contezza della barbarie che si andava consumando per via delle leggi razziali, scelsero di operare nel silenzio per salvare quante più vite possibili. Non tutti gli italiani erano fascisti e non tutti i fascisti hanno perpetrato gli ignominiosi crimini da cui oggi tutti prendono le distanze.

Non festeggiare il coraggio dei martiri della nostra Patria, dai partigiani ai fascisti che, come Giovanni Palatucci, hanno operato contro il sistema dall’interno è un po’ come pulirsi le suole sull’erba dopo aver gridato a lungo “Prima gli italiani!”.

I fascisti son cosa passata



Se il regime fascista è un dato storico, le ultime campagne elettorali dimostrano che si vuole far leva sul sentimento nostalgico di parte dell’elettorato per macinare consensi. Un simile gioco di specchi sarebbe capace di restituire concretezza a quello che ora è solo un’ombra, sempre più lunga.

Personalmente ho sempre creduto superato il concetto di fascismo: d’altronde, le destre moderne sono sempre state arginate dallo spirito liberale delle sinistre. Finché la liberalità delle sinistre non è tramontata in una politica comoda, non più accattivante, non più moderna ma contemporanea. In Italia, la destra espressivamente sbilanciata al centro ha portato ad un ventennio di berlusconismo: la destra ne era uscita svecchiata sull’impeto di un neoliberismo industriale, anche se all’italiana. Intanto, purtroppo, gran parte della sinistra scivolava anch’essa verso il centro: lei però invecchiava, ammalandosi dello stesso neoliberismo.

Il risultato è stato che la sinistra ha perduto il mordente dell’azione sociale, ha dimenticato come rapportarsi al popolo. Intanto finiva anche il centro di quella destra oramai consumata. Perciò è vero che non ha senso di parlare della dicotomia fascisti – comunisti.

Il fascismo è una matrice

Il fascismo è tuttavia una matrice ed è di questa matrice che dobbiamo aver paura, non del fascismo. Infatti, a guardar il fascismo, pare di vedere il rischio del suo ritorno. A guardar la matrice, purtroppo, si vede che già lambisce le gambe di molti mentre altri già ci galleggiano.

Stando agli ultimi sviluppi è cosa ovvia e palese che il partito della Lega strizzi l’occhio a quell’elettorato che nutre nostalgia. Ultraconservatori, negazionisti e persone dabbene che “quando c’era lui…” sono la benzina della  più potente e determinata nello scenario politico italiano. In questo contesto politico, fatto del mancato sgombero di Casapound dallo stabile abusivamente occupato a Roma e della rottura della spirale del silenzio sulle preferenze politiche di destra, si sviluppa l’ultima delle scelte del ministro dell’interno.

In questi tempi più che mai è necessario festeggiare, inneggiare e innalzare la liberazione del 25 aprile. Non come cesura rispetto ad un colore politico ma per rinnegare a quella forma di governo totalitario e dittatoriale che è di per sé male, che è di per sé offensivo e lesivo della dignità dei cittadini.

Intolleranza e violenza

Episodi di intolleranza e violenza non sono rari e continuano a registrarsi. Discriminazioni, vessazioni ed emarginazione sono però il frutto di una mancata integrazione, di una cultura profondamente ipocrita e non del ritorno – che pure si registra – delle ultradestre.

In questo senso, pure è violento inneggiare all’esecuzione di una persona, sia anche il dittatore Mussolini ed è ipocrita da parte di chi si dice contrario alla pena di morte.
Il problema di fondo è che abbiamo perduto il valore che ha portato ideologie contrastanti a collaborare: l’interesse del bene comune ha generato ad una Costituzione che, proprio per questo, è un gioiello.

Quando qualcuno inneggia alla violenza ai danni del dittatore perdente, smette i panni della liberazione e indossa quelli del fascista. Non si può essere più lontani dalla liberazione del senatore Vittorio Foa, partigiano del Partito d’Azione e rappresentante del Comitato di Liberazione Nazionale che al fascista repubblichino Giorgio Pisanò, anche lui eletto al Senato della Repubblica dopo la Liberazione disse: «Abbiamo vinto noi e sei diventato senatore; se aveste vinto voi io sarei morto o in galera».

Exit mobile version