NAPOLI. Oltre che la Festa della Liberazione (in Italia e in altri paesi del mondo) si celebra oggi la Giornata mondiale del pinguino, che cade ogni anno il 25 aprile, data in cui questi di uccelli marini dalla camminata goffa cominciano la migrazione verso Nord.
La Giornata mondiale del pinguino
Ne esistono 17 specie e tutte vivono nell’emisfero sud della terra: tra i ghiacci dell’Antartide sino alle acque della Nuova Zelanda, fra Africa australe e Sud America dove possono trovarsi ad affrontare anche alte temperature, fra Australia e Nuova Zelanda. Il pinguino delle Galapagos è quello che vive più a nord di tutti, avendo oltrepassato l’equatore, ricorda Zoomarine, il più grande Parco marino italiano, che ha organizzato per oggi una giornata speciale di avvenimenti educativi al Parco che ospita 15 pinguini africani di età compresa tra 6 mesi e 23 anni. L’ultimo nato, il piccolo Pino, è venuto al mondo lo scorso novembre ed è subito diventato la mascotte del Parco di Roma.
Biologi marini ed educatori accolgono il pubblico illustrando abitudini di vita e caratteristiche dei pinguini, e ogni azione di eco sostenibilità da attivare a difesa della natura. Durante la giornata, a Zoomarine ci sono laboratori creativi con i bambini e gli adulti, chiamati ad impegnarsi in prima persona in azioni simboliche a favore della riduzione della plastica smaltita in mare e della pesca intensiva.
I pinguini sono infatti una specie da tutelare perché secondo gli esperti potrebbero estinguersi entro i prossimi dieci anni a causa dell’inquinamento, della riduzione di cibo e del cambiamento climatico accelerato dal comportamento umano. L’esplosione della pesca industriale in Antartide, con pescherecci battenti bandiera norvegese, cinese e sudcoreana che operano sempre più vicino alle coste per catturare krill, sta saccheggiando le riserve di questo piccolo gamberetto nei mari del Polo Sud, togliendo cibo a pinguini, come anche a foche e balene, avverte Greenpeace, che rinnova l’appello per istituire una rete globale di santuari marini, tra cui quello nell’Oceano Antartico, in grado di racchiudere il 30% dei mari mondiali entro il 2030.