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Abusi edilizi, Legambiente: “Eseguito solo il 3% degli abbattimenti”

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NAPOLI. Una Campania a rischio, martoriata da abusivismo edilizio, ricoperta da cemento con un consumo di suolo che avanza anno dopo anno, dai piedi di argilla che frana alle prime piogge

Abusi edilizi, il dossier di Legambiente Campania

Una Campania a rischio, martoriata da abusivismo edilizio, ricoperta da cemento con un consumo di suolo che avanza anno dopo anno, dai piedi di argilla che frana alle prime piogge. Legambiente presenta dati, numeri e storie di una regione al bivio dal punto di vista delle politiche ambientali. Una situazione frutto di decenni di malgoverno, dell’assenza di controlli, della mancanza di una politica di prevenzione e monitoraggio del territorio, della devastazione e cementificazione di vastissime aree: in poche parole di una politica del rattoppo che ha inseguito e insegue l’emergenza senza una pianificazione territoriale ordinaria fuori da logiche di consenso elettorale. Una politica del rattoppo che coinvolge sia il livello regionale che locale.

La situazione in Campania

«La Campania è una regione fragile – commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania – dov’è urgente la messa in sicurezza attraverso i piani di emergenza e la manutenzione ordinaria del territorio, la unica grande opera pubblica necessaria, incompatibile con qualsiasi forma di sanatoria edilizia. Davanti a questi numeri, davanti alle tragedie che stanno colpendo il nostro paese ad alta voce, ci appelliamo alla sensibilità e alla coscienza dei senatori, affinché al Senato nel decreto Genova per quanto riguarda Ischia – conclude Imparato di Legambiente -, si tolga ogni riferimento al condono Craxi e si valutino le pratiche delle tre sanatorie in base alle rispettive leggi di riferimento. La tutela del territorio e dei cittadini non può essere messa a rischio per un patto elettorale Lega-M5stelle, piuttosto si preveda la predisposizione del Piano emergenza vulcanica di Ischia e di adottare misure di alleggerimento del carico insediativo come fatto per il Vesuvio e come è da fare per i Campi Flegrei».

Tornando ai numeri di Legambiente della Campania a rischio sul fronte dell’abusivismo edilizio l’intreccio tra illegalità e politica è un impasto di cemento. Licenze edilizie fantasma, ordinanze di demolizioni non eseguite, richieste di sanatorie mai vagliate. Case abusive tollerate e mai abbattute. Ancora di più se su quella casa pende da decenni un ordine di demolizione perché costruita abusivamente, magari in una zona di pregio, in un’area protetta o lungo la costa. In Campania le demolizioni sono al palo: secondo il dossier di Legambiente più del 97% degli abusi edilizi da abbattere sono ancora ben saldi alle fondamenta, infatti su 16.596 ordinanze di demolizione, sono state eseguite solo il 3% pari a 496 immobili abbattuti. Non solo non si demolisce, ma neppure si acquisisce al patrimonio pubblico come prevedrebbe la legge: nella nostra regione appena il 2% di questi immobili risulta infatti trascritto dai Comuni nei registri immobiliari (pari 310 immobili) Così le case restano nella disponibilità degli abusivi che ne godono senza alcun titolo e senza oneri, nell’indifferenza più totale. Una prassi consolidata, purtroppo, che però si scontra con l’applicazione della legge. L’indagine è stata realizzata dall’associazione a partire dai dati forniti in Campania da 76 comuni (il 13,8% del totale), con una analisi del fenomeno dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, ad oggi e il quadro complessivo che emerge conferma la sostanziale inerzia di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. I comuni campani sono stati sollecitati da Legambiente in più richieste ufficiali e il fatto che sulle ordinanze di demolizioni ben 474 comuni non hanno risposto all’indagine di Legambiente o hanno negato le informazioni richieste dimostra che purtroppo ancora oggi – in mancanza di un censimento nazionale del fenomeno e con dati in circolazione spesso carenti, contraddittori o palesemente sottostimati, siamo di fronte a informazioni gelosamente custodite.

Il focus sulla Campania ha riguardato anche le domande di sanatoria. Hanno risposto 132 comuni dove a seguito dei tre condoni Legambiente ha censito ben 362.646 richieste di sanatoria: sostanzialmente una nuova città/metropoli tutta da rimettere in regola. Il record alla Provincia di Napoli dove sono bene 259.170 le richieste di sanatoria, seguita dalla Provincia di Salerno con 71.096 richieste. a Campania si conferma la regione più esposta al fenomeno, con una quota di 50,6 immobili fuorilegge ogni cento.

Negli ultimi tre anni, in Campania il lavoro delle Forze dell’ordine sul ciclo illegale del cemento ha portato alla luce 2.352 infrazioni, e alla denuncia di 2.567 persone. E abusivismo edilizio nella nostra regione fa rima con Gomorra. Sono ben 65 clan di camorra censiti da Legambiente in questi anni che gestiscono le fila e hanno fatto e fanno affari con l’oro bianco.

Cemento illegale fa rima con quello legale. Legambiente elaborando gli ultimi dati Ispra sul consumo di suolo evidenzia che in Campania al 2017 le superfici urbanizzate interessano il 10,4% circa dell’intero territorio regionale, pari a 241 metri quadrati di suolo consumato per abitante. E la Campania con l’11% risulta tra le regioni con maggior percentuale di territorio vincolato consumato mentre si assesta sul 7% di suolo consumato nell’ aree a pericolosità da frana media (P2). Altro primato negativo per la Campania con il 10, 4% di suolo consumato in aree a pericolosità sismica alta. Tra i complessi vulcanici risultano infine allarmanti i dati relativi a quello dei Campi Flegrei e del Somma Vesuvio, urbanizzati rispettivamente per il 44% e il 33% della loro superficie totale.

Un consumo di suolo – denuncia Legambiente- che incide su una regione dai piedi di argilla. Dei 550 comuni presenti nella regione, sono 503 (il 91%) quelli in cui ricadono aree classificate a elevato rischio idrogeologico con una superficie di circa 3.338 kmq (il 24,4% della superficie regionale). In totale vivono e esposti a rischio oltre 544mila le persone (circa il 10% della popolazione residente nella regione) e dove insistono 499 scuole, 1288 beni culturali e 18.451 imprese. La provincia più a rischio è quella di Salerno dove sono esposti quotidianamente al rischio 214.371 persone (il 39,4% della popolazione a rischio della regione), seguita dalla provincia di Napoli (149.865 persone pari al 27,5%). L’elevata diffusione del rischio idrogeologico in Campania ha portato negli ultimi decenni alla programmazione di 478 cantieri per “mettere in sicurezza il territorio”, di cui 57 risultano ancora in corso di esecuzione, 255 sono già conclusi e 166 riguardano altri interventi. Gli importi stanziati per questi progetti ammontano a 687,89 milioni di euro.

La pianificazione d’emergenza e l’organizzazione delle strutture e delle risorse umane hanno un ruolo fondamentale ai fini della gestione del rischio in chiave preventiva, sancito esplicitamente dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale. È per questo che in Campania negli ultimi anni sono state programmate risorse a più riprese a supporto delle province e dei comuni per la predisposizione, applicazione e diffusione dei piani di protezione civile. Dai dati disponibili, aggiornati a marzo 2017, rispetto ai quali si può considerare non vi siano ad oggi sostanziali differenze, risulta disponibile il numero ma non l’elenco dei comuni che si sono dotati di piani d’emergenza e si rileva un ritardo rispetto alla prevalenza delle altre regioni in cui le percentuali dei comuni con piano sono superiori al 90%. In Campania nello specifico risultano 339 comuni (73%) dotati di un piano aggiornato in conformità alle disposizioni normative, 79 comuni (14%) con un piano non aggiornato, 54 comuni (10%) privi di piano e 18 comuni (3%) non rilevati. Tale ritardo nella pianificazione evidenzia purtroppo ancora il permanere di una scarsa attenzione da parte di diversi amministratori pubblici locali rispetto alla necessità di porre in essere sistemi di gestione dell’emergenza in grado di salvaguardare l’incolumità delle comunità sottoposte a condizioni di rischio.

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