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Camorra: il clan Mallardo | La storia, le origini, i protagonisti

Mallardo_Maisto
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Il clan di camorra Mallardo opera nel territorio del comune di Giugliano in Campania, a nord della città di Napoli. L’organizzazione venne creata da Francesco Mallardo, a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta. Il clan nasce nella seconda metà degli anni ’70 ad opera di Francesco Mallardo, meglio noto come “Ciccio ‘e Carlantonio”, affiancato dal fratello Giuseppe e dal cugino Feliciano. Francesco e Giuseppe sono figli di Domenico, alias “Mimì ‘e Carlantonio”, contrabbandiere di sigarette, ucciso il 2 agosto 1967 per ordine di Alfredo Maisto, l’allora boss di Giugliano in Campania. Ecco la storia del clan.

Clan Mallardo: origini e storia

In un caldissimo mercoledì 2 agosto del 1967, intorno alle 15.30, in piazza Annunziata, proprio sull’uscio di casa sua, viene assassinato a colpi di fucile Domenico Mallardo, detto “Mimí ‘e Carlantonio”, padre di due figli, Francesco e Giuseppe.

Francesco Mallardo
Francesco Mallardo

A dare l’ordine dell’esecuzione di Mimì, contrabbandiere di sigarette e “guappo” vecchio stile, è stato il boss Alfredo Maisto, uno dei più noti capi camorra “precutoliana”, che in quegli anni comanda tutta Giugliano in Campania.

Il boss Maisto, di figli ne ha tre, Luigi, Antonio ed Enrico, che da giovedì 24 giugno 1976, giorno nel quale don Alfredo muore a causa di un ictus, ereditano il comando del clan.

Francesco Mallardo, detto “Ciccio ‘e Carlantonio”, con il fratello Giuseppe e il cugino Feliciano Mallardo, formano un loro clan, quello dei Mallardo appunto, noto anche come clan ‘e Carlantonio e come primo obiettivo si prefiggono di vendicare l’uccisione di Mimì.

Infatti, Ciccio e Peppe pianificano la vendetta che attuano nel 1978. Un commando di uomini di Ciccio, in un agguato, colpisce i due figli di don Alfredo, Luigi, detto Luigino, che muore ed Enrico che rimane ferito.

Nel frattempo scoppia la guerra di camorra in Campania, tra la Nco (Nuova camorra organizzata) di Cutolo e la Nuova Famiglia.

Feliciano Mallardo
Feliciano Mallardo

La prima guerra di camorra

I Maisto sono alleati di Cutolo, i Carlantonio della Nuova Famiglia. A Giugliano, in pratica, va in scena una doppia guerra.

Ciccio, il più grande dei fratelli Mallardo, inizia a consolidare amicizie importanti con i più grandi boss di Napoli e provincia: come Carmine Alfieri e Gennaro Licciardi detto ‘a Scigna, con il quale diventa anche cognato; con il clan Nuvoletta di Marano e con le nuove leve di Casal di Principe, come Schiavone, Bidognetti e Zagaria.

La vendetta dei Mallardo, gli omicidi di Antonio ed Enrico Maisto

In breve tempo i Maisto vengono annientati con una sequenza di agguati mortali, ai danni dei due figli di don Alfredo, Antonio nel 1987 ed Enrico nel 1992.

Nel corso degli anni il clan Mallardo assume il pieno controllo di Giugliano in Campania e sempre più potere in diverse zone di Napoli e provincia, grazie anche alle strategiche alleanze che è riuscito abilmente a consolidare.

Il Sistema e gli Scissionisti

Nella fase della “seconda guerra di camorra”, il clan Mallardo prende diverse posizioni, ma alla fine di una delle più sanguinose faide di camorra, diventa uno dei fondatori dell’Alleanza di Secondigliano, la più potente delle alleanze.

napoli-tribunale
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Il gruppo si espande anche in altre regioni e nazioni e si insidia nel tessuto politico e imprenditoriale come ristoranti, bar, edilizia e uffici amministrativi.

L’abilità di infiltrazione nelle attività, nelle amministrazioni, lo spaccio e il traffico di sostanze, l’estorsione, ma soprattutto il traffico e la detenzione di tantissime armi, per lo più da guerra e fedelissimi “soldati”, ne fanno uno dei clan più ricchi, temuto e rispettato.

L’arresto dei capi clan

Negli anni 2000, dopo un blitz effettuato dalla Dia in un casolare di una campagna di Giugliano, diretta dalla Dda di Napoli, operazione diretta a colpire il cuore dell’organizzazione Mallardo; con l’arresto di diversi “capibastone” del calibro di Ciccio ‘e Carlantonio, che sottolineiamo essere tra i 30 ricercati più pericolosi d’Italia, del fratello Giuseppe mallardo e Patrizio Bosti e diversi altri boss, il clan Mallardo viene decapitato; si pensa.

Ma è solo in apparenza, perché il gruppo è più forte che mai. Fra i soldi ricavati con le piazze di spaccio, gli appalti e le attività per il riciclaggio e prestanomi, riescono a ricavare comunque un patrimonio, che anche se è non precisamente calcolabile, si stima di certo essere di svariati milioni, se non di miliardi di euro; e anche se in carcere, Francesco e Giuseppe hanno il loro peso.

A gestire gli affari resta il cugino Feliciano Mallardo, insieme a diverse donne e uomini fidati sia del clan, che degli alleati, che dei sottogruppi.

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Feliciano Mallardo

Feliciano Mallardo, gestisce diverse attività, fra le quali una agenzia di assicurazioni nella quale avvengono gli affari illeciti del clan, addirittura dove avvengono gli incontri tra Feliciano  e gli affiliati, oppure dove alcune vittime di estorsioni si recano per pagare le cosiddette rate di estorsioni.

In una operazione della Guardia di Finanza, però, vengono intercettate conversazioni nelle quali il boss e i suoi affiliati parlano di come devono avvenire i pagamenti degli stipendi agli affiliati, di partecipazioni a gare di appalto, naturalmente truccate e ovviamente di altre conversazioni di carattere criminale.

Addirittura la pianificazione di veri e propri agguati e di azioni di intimidazione nei confronti di coloro che non vogliono sottostare alle direttive del clan e quindi a tal proposito di pianificazioni di aggressioni fisiche, o anche con l’ uso di armi da fuoco, armi da fuoco delle quali il clan Mallardo dispone in grandissime quantità, sia armi corte che armi lunghe, a dimostrazione della sua potenza criminale e quindi del suo potere di intimidazione nei confronti dell’intero territorio.

Nel corso di queste operazioni è stato possibile sequestrare beni per oltre 17 milioni di euro, che sono costituiti da società, da beni mobili e immobili, quali fabbricati e appartamenti situati soprattutto nel comune di Giuliano, ma anche di una imbarcazione.

Inoltre si è riusciti a tracciare rapporti finanziari e a sequestrare gioielli e preziosi nel corso di una perquisizione domiciliare condotta a casa del boss.

Questi gioielli costituiscono l’ennesima dimostrazione dello sfarzo e del lusso nel quale vive Feliciano Mallardo e di tutta la sua famiglia. Nel corso delle intercettazioni ambientali, il boss ed altri affiliati si vantano di poter effettuare acquisti anche di 10.000 euro di gioielli di valore che costituiscono una manifestazione di ricchezza del tutto sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati e alle attività economiche lecite.

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Dia

Infatti, Feliciano Mallardo, dichiara redditi esigui, come anche la moglie la quale addirittura risulta falsamente assunta presso un negozio di abbigliamento gestito dalla sorella con il solo obiettivo di avere una fonte di reddito lecita e addirittura avere la possibilità in futuro di percepire una pensione.

Il clan Mallardo è ancora molto attivo e questo grazie a delle alleanze strategiche che nel corso degli anni si sono consolidate ad esempio con il clan Contini e Licciardi con i quali ha dato origine alla cosiddetta Alleanza di Secondigliano, ma anche con il clan dei Casalesi. Tutto ciò ha permesso al gruppo di espandersi e di contrastare possibili tentativi di espansione da parte di rivali di zone limitrofe, con tutta una logica di alleanze, motivo per il quale il clan è sempre più forte.

Grazie anche alla disponibilità di enormi quantità di armi, anche da guerra, è molto temuto in quanto nessuno ha la forza di ribellarsi al volere del clan.

Lo dimostra anche l’assenza di collaboratori di giustizia, tranne l’ultimo, Pirozzi che si è dimostrato estremamente utile in quanto ha permesso di fare chiara luce sull’attuale organigramma e sui segreti del clan che fino ad oggi erano in parte sconosciuti.

Relazione Dia

(…) Il panorama criminale della provincia è connotato dalla storica presenza di clan strutturati ed economicamente potenti come i Mallardo di Giugliano in Campania dotati di una ’evidente vocazione imprenditoriale grazie alla quale unitamente agli innumerevoli prestanome attuano quelle procedure tipiche dei cartelli economico-criminali che evolvono in holding imprenditoriali solo apparentemente “pulite”.

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Si tratta di aziende che mirano all’infiltrazione nei grandi appalti e più in generale nei circuiti per i quali sono previste erogazioni di fondi pubblici con un consolidato interesse verso le attività legate alle due grandi emergenze pre-pandemiche quella dell’accoglienza agli immigrati e quella della tutela ecologica che si muove dal ciclo dei rifiuti alle attività collegate alla transizione ecologica per le quali saranno previsti fondi ad hoc nel c.d. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

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La situazione a Napoli

La misura di come tali organizzazioni camorristiche siano ormai interlocutori privilegiati di frange deviate della locale politica e pubblica amministrazione trova riscontro nel numero degli Enti locali sciolti per mafia o sottoposti alle gestioni commissariali. Tanto che rispetto al fenomeno il Procuratore Giovanni Melillo ha parlato di una “emergenza democratica”.(…)

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La situazione a Napoli

 

Il clan Mallardo oggi

Nonostante i diversi colpi inferti dallo stato al suo patrimonio economico e agli arresti dei principali boss del clan; questo gruppo riesce a mantenere un assetto solido nelle zone dove si è stabilizzato,

Inoltre, l’organizzazione e le alleanze strette con altri clan dimostrano estrema collaborazione e capacità di rigenerazione e potenziamento, nonché di espansione. Posseggono armi e contatti che permettono di incutere timore, ma anche incitare in sicuri affari, di radice illecita ovviamente, o quantomeno di difficile individuazione, tanto è la mimetizzazione del clan nel tessuto sociale, che conferma il gruppo criminale fra i più violenti, ricchi, integrati e influenti d’Europa.

Le recenti indagini che hanno portato all’arresto di 25 persone hanno ricostruito l’organigramma del clan Mallardo. La cosca, negli ultimi anni, era riuscita a riorganizzarsi nonostante la morte del boss Feliciano Mallardo e la detenzione di Ciccio ‘e Carlantonio, il capo dei capi dell’Alleanza di Secondigliano. Michele Olimpio, detto ‘o bumbular, aveva preso le redini del sodalizio e lo aveva condotto fuori dalla guerra di camorra interna intrapresa dal gruppo di via Montessori, guidato da Nello Di Biase, il figlio del ras Michele, detto Paparella, desideroso di ritagliarsi uno spazio nella compagine criminale dell’area nord di Napoli. Detenuto in regime di arresti domiciliari in Piemonte, Olimpio sfruttava falsi certificati medici rilasciati da un dentista compiacente del posto, per tornare a Giugliano e organizzare summit di camorra.

Nella sua attività però poteva contare sulle doti organizzative della moglie, Dyudmyla, ucraina trapiantata i Italia. La donna trasmetteva gli ordini impartiti dal marito per via telefonica ai luogotenenti del clan, in particolare Stefano Cecere e Mario Quaranta. Partecipava inoltre alla gestione delle attività di famiglia, in particolare un’agenzia di scommesse intestata alla nuora del boss e un’azienda del settore della distribuzione dei carburanti, tutto finito sotto sequestro nel blitz del 7 giugno.

Boss e reggenti ancora in carcere

I fratelli Ciccio e Francesco Mallardo stanno scontando diversi anni di carcere, così come Peppe Dell’Aquila, mente criminale ed imprenditoriale, arrestato nel maggio 2011 a Varcaturo dove si nascondeva in una villa privata. In cella anche Anna Aieta, moglie di Ciccio Mallardo.

Nel corso degli anni diversi blitz sono stati portati a termine nei confronti dei cosiddetti reggenti. Patrizio Picardi arrestato nel luglio 2013 e condannato a 10 anni di carcere. Francesco Napolitano, arrestato anche lui nel luglio 2012, stava per tornare in libertà nel 2019 dopo aver scontato sette anni di carcere, ma pochi giorni prima della scarcerazione gli fu notificata un’altra ordinanza omicidio e per questo ora è ancora in carcere. Ancora in cella Raffaele Mallardo, detto Scicchirocco, arrestato nell’ottobre 2009 all’aeroporto di Capodichino, dopo essere sceso da un volo proveniente da Madrid. Era stato scarcerato ma poi è finito di nuovo in cella l’ottobre dell’anno scorso il ras Giuliano Amicone, già sottoposto alla Sorveglianza Speciale  deve scontare una pena di 8 anni di reclusione. Le accuse sono di estorsioni aggravate dal metodo e dalle finalità mafiose commesse ai danni di imprenditori edili della zona. Tornato dietro le sbarre Domenico Pirozzi, detto Mimì o pesante. I carabinieri gli hanno notificato il definito di pena di 9 anni e 8 mesi stabilito ieri dalla Corte di Cassazione. L’uomo è stato fermato dai carabinieri mentre era in una palestra tra Giugliano e Villaricca. L’esponente  del clan Mallardo era stato scarcerato nel febbraio del 2019. Domenico Pirozzi,  fu scarcerato nel febbraio 2019 per scadenza dei termini di custodia cautelare. In cella anche il braccio armato dei Mallardo, composto da Michele Olimpio, Stefano Cecere e  Antonio Tesone. 

Le scarcerazioni

Negli ultimi tempi, oltre agli arresti, ci sono state anche diverse scarcerazioni di esponenti del clan Mallardo. L’ultima proprio due giorni fa, quella di Michele Di Nardo. Era finito in manette il 25 agosto del 2013, grazie ad un blitz dei carabinieri che lo scovarono nel Cilento, dove si era recato come un normale turista per trascorrere un periodo di vacanza con la sua compagna. Di Nardo era stato condannato ad un totale di 10 anni di carcere per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione. È uscito in anticipo grazie alla mossa degli avvocati Michele Giametta e Gianmpaolo Schettino, i quali hanno fatto leva sulla nota ‘sentenza Torreggiani’, pronunciata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che condannò l’Italia per le condizioni ‘inumane’ dei detenuti, in particolare per quanto riguarda il sovraffollamento.

Nel settembre 2022, sempre per fine pena, era uscito anche  Biagio Micillo, alias Bias ‘o chiacchiarone, ras del clan Mallardo. Il luogotenente della cosca giuglianese era detenuto nel carcere de L’Aquila. Ha scontato tutta la pena che gli era stata inflitta per associazione a delinquere ed estorsione. Nonostante l’applicazione del 41 bis a cui era stato sottoposto, il magistrato di Sorveglianza del tribunale de L’Aquila gli ha concesso la libertà vigilata invece della casa lavoro a cui era destinato al termine della pena. Fuori anche Sessa Marino, 50enne giuglianese, che era detenuto nel carcere di Lanciano in espiazione di un cumulo di pene di 7 anni e 4 mesi composto dalla pena di 6 anni di reclusione per associazione mafiosa ex art. 416 bis del codice penale e di 1 anno e 4 mesi per ricettazione.

Il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, Presidente Dottoressa Sacco, accogliendo il reclamo presentato dagli avvocati Luigi Poziello del Foro di Napoli Nord e Marina Vaccaro del Foro di Pescara, ha concesso la misura alternativa della detenzione domiciliare all’uomo presso la propria abitazione a Giugliano, capovolgendo la decisione del magistrato di sorveglianza di Pescara, che aveva invece rigettato la svuotacarceri ritenendo il Sessa legato al Clan Mallardo ed assolutamente sconsigliato il ritorno nella città di Giugliano. Nel febbraio 2021 era stava invece la volta di Giuseppe Strino, conosciuto negli ambienti del clan Mallardo col soprannome di Pinuccio ‘o toro. Strino ha espiato totalmente la pena che gli era stata comminata. Fuori dalle celle anche Armando Palma, detto Armanduccio 29. Era detenuto nel carcere di Vibo Valentia, in Calabria, perché condannato a 6 anni e 9 mesi per associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Libero dal 2019 è anche Mauro Moraca. Dopo esser stato condannato a 13 anni di detenzione  per associazione di stampo camorristico ed estorsione, era stato messo in libertà per decorrenza dei termini. Poi il tribunale di Napoli sancì la sua non pericolosità tant’è che non è più costretto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria poiché non è attualmente da ritenersi un soggetto pericoloso per la giustizia, visto il tempo trascorso dalla fine del suo periodo di custodia.

Il fronte degli Scissionisti

Sul fronte del gruppo delle Palazzine di Giugliano, che ha tentato di scalzare la vecchia guardia, sono ancora tutti dentro. A cominciare da Nellino di Biase Gennaro Catuogno, promotori del tentativo di scissione. Mentre è formalmente ancora scomparso Michele Di Biase. 

Ras e pentiti deceduti

Nel corso di questi anni il clan Mallardo è stato anche decimato dai decessi, a cominciare quello di Feliciano Mallardo e Vincenzo D’Alterio, detto ‘o malato, due pezzi grossi della cosca di Giugliano. Morto per una malattia anche il pentito Filippo Caracallo, che ha confessato di aver ucciso per il clan Mallardo salvo poi passare dalla parte della giustizia.

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