Cronaca

Riforma della giustizia, in carcere solo per reati gravi: più pene alternative

Riforma della giustizia: sì alla nuova prescrizione, stretta sui tempi delle indagini preliminari e sul rinvio a giudizio

Riforma della giustizia: sì alla nuova prescrizione, stretta sui tempi delle indagini preliminari e sul rinvio a giudizio. Ma anche incentivo della giustizia riparativa e delle pene alternative. Vediamo cosa prevedono gli emendamenti presentati dalla ministra Cartabia.

Riforma della giustizia, tutte le novità

Per quanto riguarda la prescrizione, la norma attualmente in vigore prevedeva lo stop della prescrizione dopo la sentenza di primo grado: dopo il primo giudizio, in pratica, non esistevano termini per lo spirare del processo, che potenzialmente avrebbero potuto essere anche biblici. Lo schema che la ministra ha proposto al governo è invece diverso: la prescrizione del reato si ferma, sì, dopo il giudizio di primo grado, come voleva il suo predecessore. Ma a quel punto viene introdotta una novità: il giudizio di appello dovrà durare al massimo due anni e quello in Cassazione al massimo uno. Pena l’improcedibilità.

Per i reati più gravi – che non prevedono il fine pena mai, come l’estorsione, l’associazione per delinquere o l’omicidio non aggravato – sono previsti tempi più lunghi. Tre anni per finire l’appello, uno e mezzo per la Cassazione. Anche per i reati contro la pubblica amministrazione – come la corruzione o la concussione – potranno avere un giudizio d’appello lungo fino a tre anni, prima di essere dichiarati improcedibili. Un anno e mezzo, invece, in Cassazione.

Le indagini preliminari

Un’altra novità inserita nel maxiemendamento riguarda le indagini preliminari. La fase, cioè, che precede il processo. Anche in questo caso si punta a fare in modo che i tempi delle inchieste non sforino oltre un certo termine, attribuendo al gip un controllo sui tempi: quando il termine finisce il pm sarà tenuto “a esercitare l’azione penale o a richiedere l’archiviazione entro un termine fissato in misura diversa, in base alla gravità del reato e alla complessità delle indagini preliminari”.

Rinvio a giudizio

Ed è proprio sul rinvio a giudizio che è prevista un’altra novità. Il codice di procedura penale, ad oggi, dice che il pubblico ministero può chiedere che l’imputato sia mandato a processo se ritiene che ci siano gli elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. In base alla nuova formulazione, invece, il rinvio a giudizio potrà essere chiesto solo se il pm ritiene che ci sia una “ragionevole” previsione che la sentenza del giudice possa essere di condanna. È un modo per sfoltire i processi, per evitare di celebrarli laddove inutili, in un sistema molto affaticato dagli arretrati.

Un’altra misura riguarda la fase che precede il processo. Gli emendamenti propongono che si stabiliscano criteri chiari per le priorità delle indagini. Nella relazione della Commissione Lattanzi, incaricata dalla ministra a redigere le proposte per la nuova giustizia penale, era stata lanciata l’idea che fosse il Parlamento a determinare a quali inchieste dare la precedenza e quali processi trattare per primi. Negli emendamenti predisposti portati oggi in cdm si lascia alle camere la prerogativa di individuare dei criteri generali. A quel punto, poi, dovranno essere le singole procure a individuare “criteri di priorità trasparenti e predeterminati”, con l’obiettivo di scegliere “le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre”.

Le sanzioni

Una novità importante riguarda le sanzioni che andranno a sostituire le pene detentive brevi. Si tratta di modi di scontare la pena diversi dal carcere, per soggetti che hanno commesso reati minori. Queste misure potranno essere concesse solo se “il giudice ritenga che contribuiscano alla rieducazione del condannato e assicurino, anche attraverso opportune prescrizioni, la prevenzione dal pericolo che egli commetta altri reati”. Ma quali misure andranno a sostituire il carcere in questi casi? “La semilibertà, la detenzione domiciliare – si legge nel testo – il lavoro di pubblica utilità, la pena pecuniaria”.

Su questa scia sono le novità in materia di giustizia riparativa, quella giustizia che va oltre il processo penale, cercando di arrivare a una riconciliazione tra vittima e colpevole o tra autore di reato e società. Con la riforma si prevede che si possa accedere a programmi di questo genere in ogni fase del procedimento, con il consenso – che può essere ritirato – di vittima e imputato. Se il percorso va a buon fine, se avviene una riconciliazione, questo risultato potrà essere valutato possa essere valutato “sia nel procedimento penale che – si legge nel testo – in sede esecutiva”. Se il percorso non va a buon fine, però, nessun effetto negativo può ricadere sul processo né sull’esecuzione della pena. Si tratta di un passaggio di rilievo – definito dall’avvocato Cataldo Intrieri “la vera rivoluzione” della riforma – perché introduce in un sistema penale repressivo un elemento in più: quello della giustizia che – magari non sempre e certamente a piccoli passi – riesce a ricucire le fratture sociali che un reato crea.

Fonte: Huffington post

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