SALERNO. «Lo sa che le dico? Mi manca poco per la pensione. Ci sto pensando seriamente perchè dopo anni di dedizione, mi rode non poco pensare di essere scavalcato da un docente che non sa cosa significhi rischiare sul campo, tutti i giorni a tutte le ore». E’ il commento di uno dei trentasei primari facente funzione del “Ruggi” che di qui a breve potrebbero essere spintonati giù dalle Unità operative complesse che dirigono, da quei prof d’accademia, con i quali, da quando il “Ruggi” è stato trasformato in Azienda ospedaliera universitaria, la convivenza non è mai stata serena. Da anni vestivano i panni da primario senza aver mai sostenuto un concorso.
Avevano i titoli e l’esperienza per sedere sulle poltrone lasciate vuote da chi, nel tempo, è andato in pensione. Ma quelle nomine che secondo la legge avrebbero dovuto avere un effetto tampone, per un periodo massimo di un anno, e che dopo questo limite avrebbero imposto una turnazione, non sono mai state modificate. Per inerzia. Per non sconvolgere equilibri. Per non ferire qualche primadonna. Il direttore generale Vincenzo Viggiani ha deciso di “osare” laddove nessun suo predecessore aveva potuto: bandire un avviso di selezione interno per l’affidamento provvisorio delle Unità ed ammettere alle selezioni anche il personale universitario. Salvo diverse disposizioni chieste dallo stesso manager all’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale per le pubbliche amministrazioni. Un atto di trasparenza e di rispetto della normativa, oltre che delle legittime ambizioni nutrite da un gruppo di camici bianchi, congelato dal blocco del turn over ed impossibilitato a mettersi in gioco sul serio.
Ma è evidente che, dal 25 febbraio, data in cui è stata firmata la delibera numero 74, tra i corridoi dell’ospedale di via San Leonardo è scoppiata la guerra. Facce scure, commenti velenosi e tanti no comment. Chi parla, lo fa chiedendo l’anonimato. Perchè l’ultima parola sulla scelta spetterà comunque al manager e dunque è meglio non farsi nemici. Tra chi si è improvvisamente beccato un’influenza e chi bussa alle porte dei sindacati per capire di quanto, economicamente, di avvantaggerà, se sceglierà di salutare ora e non dopo il reparto, qualcuno sfila la corona e denuncia che quel boccone servito all’improvviso dal diggì, «è troppo indigesto da mandare giù, perchè non si capisce a che titolo questi professoroni, forti di titoli, pubblicazioni ed esperienze di libera docenza, ma privi di qualsiasi esperienza sul campo, debbano venire a rubarci quanto ci siamo faticosamente conquistati». In verità un motivo c’è, e sembrerebbe anche più che valido: l’integrazione, prevista dal nuovo Atto aziendale (che la regione deve ancora approvare) di una mission rivolta prevalentemente all’emergenza-urgenza, con la componente didattico assistenziale. «Balle, finora non ci sono state regole» sbotta un medico macinando passi fino all’atrio principale. E’ a tutti gli effetti il capitolo di una nuova saga, iniziata qualche anno fa, con l’istituzione della facoltà di Medicina.
«Ci sono dei colleghi che l’hanno presa male – conferma l’ortopedico Franco Bruno della Cgil medici – ma quelli che in gergo chiamiamo gli ex articoli 18 dovevano essere regolamentati. La legge è chiara: le sostituzioni non possono superare i dodici mesi, mentre da noi ci sono casi di facenti funzione che stanno lì da cinque o sei anni. Una prorogatio eterna che ha fortemente penalizzato quei colleghi che speravano nei concorsi che la Regione ci impedisce di bandire da dieci anni. Noi siamo assolutamente favorevoli alla scelta di Viggiani, perchè sono indispensabili criteri meritocratici e trasparenti».
Lello Albano, della Uil medici, tra l’altro facente funzioni del reparto di Pediatria, aspetta di vedere il bando prima di esprimersi, «nel frattempo ho chiesto un incontro con il manager ed il rettore Tommasetti, affinchè non si pongano le basi per la creazione di contenziosi personali e non produttivi». In linea di principio, però, «la partecipazione degli universitari non mi sembra conforme alla normativa, visto che quando i primari sono andati in pensione, gli accademici non avevano ancora fatto il loro ingresso in quelle Unità operative complesse, ed in ogni caso una comparazione tra un medico ospedaliero ed un docente è impari in partenza». La palla ora passa all’Aran, che dovrà aprire o sbarrare la porta ai prof di Medicina.
(Fonte: lacittadisalerno)