SCAFATI. Chiesa assente e distante dalle ferite sociali della periferia di San Vincenzo Ferreri a Scafati. La denuncia arriva dall’associazione culturale “San Vincenzo Ferreri” presieduta da Armando Casciello.
«Chi dovrebbe essere la nostra guida spirituale – il nostro parroco – non ha a cuore l’aggregazione, l’integrazione, la crescita delle anime, insomma la cura della nostra comunità: da una parte le parole coraggiose del papa, dall’altra a San Vincenzo l’atteggiamento di un prete oscurantista» afferma Casciello.
«La partecipazione di noi fedeli e la frequentazione dei luoghi di culto anziché essere aperta e condivisa è sottoposta ad orari e restrizioni di tipo militare. È totalmente abolito il dialogo. Non c’è ascolto e nessuna capacità di incuriosire fratelli e sorelle smarrite nella fede. Assistiamo da anni nella nostra contrada al solo pontificare del parroco. Mai una parola di confronto coi propri fedeli, mai che si sia messo nella postura di discutere con la propria comunità» conclude il presidente dell’associazione.
Gli fa eco Raffaella Casciello, coordinatrice dipartimento sud, antimafia e periferie: «Quando mi sono trovata tra le mani il volantino dell’Associazione culturale S.Vincenzo Ferreri non ho potuto che condividerne i contenuti. La denuncia che questi cittadini di periferia hanno fatto è condivisibile nella sua totalità. Abito a San Vincenzo, periferia della città di Scafati, da quasi tutta la vita. Come Sinistra Italiana non possiamo che essere accanto a questa battaglia di libertà nella fede e di difesa di un importante patrimonio artistico contro lo smantellamento perpetrato in questi anni».
Una denuncia forte che arriva da una delle contrade di Scafati più abbandonate a se stessa, dove le difficoltà sociali sono all’ordine del giorno e dove l’assenza delle istituzioni genera episodi di criminalità. La denuncia si fa ancora più forte quando si parla di una gestione ‘ad personam’ della statua del santo e della distruzione della chiesa opera d’arte che era stata realizzata in passato grazie ad una colletta popolare.
«Ci domandiamo quale sia la differenza tra la follia dell’Isis che distrugge opere millenarie e quella di chi ha smantellato, devastato e cancellato le opere d’arte che la nostra comunità aveva finanziato con orgoglio. La nostra chiesa era (purtroppo dobbiamo dirlo al passato) interamente un’opera d’arte, il cui valore artistico è stato finanche riconosciuto dal Vaticano. La chiesa è stata brutalmente violentata dal potere autoritario del parroco che ha deciso di smantellare le opere fino a renderle irriconoscibili» si legge nella lettera che, di seguito, riproponiamo integralmente.
La lettera
La Chiesa che non c’è
“Cari figli e care figlie,
in questo momento così doloroso dal punto di vista economico e sociale nella nostra contrada, quella di S. Vincenzo Ferreri in Scafati, c’è tanta debolezza di fede e contraddizione con la chiesa sociale di papa Francesco: quella che aiuta i poveri, che semina germogli di speranza, che apre la porte: la chiesa che non lascia nessuno indietro. Viviamo da più di quattro anni in un deserto di fede, con l’aggravante dell’indifferenza e dell’assuefazione di un popolo che ormai si è allontanato definitivamente dalla Parola, che dovrebbe essere la sorgente delle nostre azioni oltre che delle nostre preghiere. Ancora più grave è la situazione se a crearlo questo deserto sono i ministri e i divulgatori di nostro Signore.
Chi dovrebbe essere la nostra guida spirituale – il nostro parroco – non ha a cuore l’aggregazione, l’integrazione, la crescita delle anime, insomma la cura della nostra comunità: da una parte le parole coraggiose del papa, dall’altra a San Vincenzo l’atteggiamento di un prete oscurantista. La partecipazione di noi fedeli e la frequentazione dei luoghi di culto anziché essere aperta e condivisa è sottoposta ad orari e restrizioni di tipo militare. E’ totalmente abolito il dialogo. Non c’è ascolto e nessuna capacità di incuriosire fratelli e sorelle smarrite nella fede. Assistiamo da anni nella nostra contrada al solo pontificare del parroco. Mai una parola di confronto coi propri fedeli, mai che si sia messo nella postura di discutere con la propria comunità. Ormai le luci sia elettriche che spirituali sono spente da anni. Il nostro parroco ha spezzato i legami sociali e solidali che con grande sacrificio avevamo messo in piedi in questa contrada. Anziché curare le ferite spirituali e relazionali dei suoi fedeli, si è chiuso nelle sue stanze ignorando i problemi, i bisogni di una tra le comunità più importanti, ma spesso dimenticate, di questa città. Anche i gesti del nostro parroco sono divisivi: è davvero molto grave che la statua del nostro santo abbia “serate in esclusiva” nelle case dei potentati piuttosto che essere patrimonio di tutta la comunità dei fedeli. Per non parlare delle opere d’arte deturpate. Ci domandiamo quale sia la differenza tra la follia dell’Isis che distrugge opere millenarie e quella di chi ha smantellato, devastato e cancellato le opere d’arte che la nostra comunità aveva finanziato con orgoglio. La nostra chiesa era (purtroppo dobbiamo dirlo al passato) interamente un’opera d’arte, il cui valore artistico è stato finanche riconosciuto dal Vaticano.
La chiesa è stata brutalmente violentata dal potere autoritario del parroco che ha deciso di smantellare le opere fino a renderle irriconoscibili. La VIOLENZA del proprio ego e il dubbio gusto estetico del parroco sono direttamente opposti all’amore e alla generosità dei fedeli che in cinquant’anni stavano cercando, anche attraverso l’arte, di costruire una propria identità. Adesso è utopia tutto quello che avevamo costruito in tanti anni: l’associazionismo, gruppi di supporto individuali e sociali, comitati a stragrande partecipazione. Abbiamo più volte chiesto incontri con le istituzioni della diocesi e con il nostro parroco, ma è tutto caduto continuamente nel vuoto e nel silenzio. Quando invece ci sono stati scandali, come il servizio su canale 5, a torto o a ragione, subito sono accorsi gli stati maggiori della nostra diocesi. Quando invece c’è un popolo che soffre seriamente, la “chiesa non c’e’”. Se guardiamo alla lezione di don Puglisi a Palermo o al sacrificio di don Peppe Diana che hanno dato la propria vita contro la camorra, la nostra comunità deve farsi piccola e riconoscere le miserie di questi anni. Vorremmo tornare a ispirarci a questi maestri di spiritualità moderni e trasformare il deserto di fede in una sorgente viva. Dobbiamo impegnarci assieme per costruire un futuro diverso per la nostra contrada, mantenendo accesa quella luce che oggi si sta spegnendo. Possiamo ancora farlo assieme, ricostruendo nuovi e vecchi legami capaci di trasmettere i valori della nostra cultura, della nostra vita e della nostra cristianita’.
Associazione San Vincenzo Ferreri
Il presidente