SCAFATI. Sequestra una ragazza per farsi fare le pulizie in casa: orrore a Scafati. È finita in manette con l’accusa di riduzione in schiavitù la bulgara N. Z.I., 56enne, residente a Scafati, per aver sequestrato e sfruttato il lavoro di una 20enne connazionale, costretta a svolgere il lavoro di badante, privata della libertà, soggiogata secondo le accuse con metodi violenti e minacciosi, obbligata infine a versare i suoi guadagni.
Sequestra una 20enne per farsi fare le pulizie in casa
Con la donna sono coinvolti e indagati nella vicenda anche sua figlia V.I.I., di vent’anni, e il marito I.V.V. . Appena giunta in Italia, la ragazza sarebbe stata privata di passaporto e cellulare dall’uomo di casa, il bulgaro I.V.V.,,senza più contatti con la famiglia d’origine: a quel punto, segregata in casa, veniva picchiata con catene e affidata alla sorveglianza di V.I.I., con una intera famiglia di tre componenti dedita alla costrizione e allo sfruttamento della giovane.
Il sequestro dei documenti
Per lei non c’era apparente scampo, con il sequestro dei documenti completato dalle minacce dell’uomo, il quale senza giri di parole dettava la regola: «Solo morta te ne vai. Noi sappiamo come fare, ti uccidiamo». Ognuna di queste minacce veniva accompagnata dall’avvertenza di non raccontare nulla, di non provare neanche a parlare con qualcuno, altrimenti l’avrebbero venduta ad un albanese e non si sarebbe mai più salvata.
Il lavoro di badante, svolto presso una famiglia italiana, doveva essere svolto per poi consegnare l’incasso e il denaro ai tre aguzzini, in particolare alla signora N.Z.I., con singole somme individuate di 130 euro, in un caso, e 180 euro in un altro, documentate dagli investigatori.
La ragazza era sempre costretta a consegnare i soldi alla sua “padrona”, come risulta dal lavoro dei militari, con una dettagliata e approfondita informativa a riassumere, passo per passo, l’inferno personale della giovane. Questa veniva perquisita e picchiata quotidianamente, a caccia del denaro incassato, in un periodo compreso tra il febbraio 2018 fino a settembre 2018.
La notizia, con le prime informazioni su quanto stava accadendo, arrivò ai carabinieri direttamente dal consolato bulgaro, con una nota in cui si descriveva la schiavitù della ragazza, “gestita” da tre connazionali senza scrupoli, picchiata e minacciata di morte senza poter comunicare con i parenti.
Loro avevano il terrore che stesse accadendo qualcosa, lanciando l’allarme per salvarla, a partire dalle generalità della persona italiana che l’aveva assunta per il lavoro di badante. Questo “spiffero” sarebbe rimasto l’unico indizio. La conferma sarebbe arrivata in pochi giorni. Ogni volta che usciva, veniva accompagnata e poi riportata a casa. Tutto uguale per mesi, fino all’arresto, due giorni fa, con il carcere per N.Z. I. , scarcerata e rimessa ai domiciliari dopo la convalida.