MERCOGLIANO.Un viaggio tra i comuni della verde Irpinia, tra storia, cultura, gastronomia e racconti antichi. Questa settimana Mercogliano
Il Paese:Mercogliano
Superficie territorio: Kmq 19,76
Nome abitanti. Mercoglianesi
Fiere e feste: San Modestino
Tesoretti monetali, materiali architettonici e archeologici, iscrizioni funerari di epoca imperiale, provengono da diverse località del Borgo. Citato in un atto notarile del 982 , dove si legge di una disputa territoriale, si presentano davanti al conte longobardo di Avellino, Adelferio. Signore del piccolo abitato nel 1136 era Enrico di Sarno, sub fedatario del conte Rainulfo. Nel 1137 Ruggiero II il Normanno ne occupò il castello facendone poi dono a Riccardo de Aquila. A Riccardo successero Ruggiero (1161) e la contessa Pierrone de Aquila (1183), sposa di Ruggiero di Castelvetere. Nel 1192 appaiono come signori Torgisio e Goffredo de Montefalcione, a cui il feudo venne confiscato dall’imperatore Enrico VI dal quale lo ebbe a titolo di baronia fra il 1209 e il 1220, l’Abbazia di Montevergine. Nel 1299 il castello locale venne assediato dal Giustiziere Regio Gregorio Filomarino, cavaliere di Carlo II d’Angiò, inviato a Mercogliano per imprigionare il giudice Pietro Gaudioso. Il feudo passò nel 1515 alla S. Casa dell’Annunziata di Napoli e gli abati furono sostituiti nel possesso dai governatori commendari Francesco Filomarino, Domenico Terracina e Nicola Foliero. . Nel 1567, il potere giurisdizionale venne nuovamente affidato all’Abbazia di Montevergine, mentre la Casa dell’Annunziata ne esrcitò l’amministrazione, ricevendone le rendite annuali, obbligando i vassalli a prestare i soliti servizi feudali sino all’abolizione stessa della feudalità (1806). Ai moti rivoluzionari del 1820 furono molti i cittadini del luogo che presero parte attiva alla reazione attraverso l’organizzazione delle vendite segrete denominate “I seguaci di Leonida”.
(spunti storici dal libro di Giampiero Galasso – I Comuni dell’Irpinia 1989)
Vi nacquero
Filippo Bianco (1808/1837), letterato, scrittore, Modestino Bianco (XIX sec), poeta, Giuseppe Magnotti (XIX sec), magistrato, giudice della Gran Corte Civile di Napoli nel 1860, letterato, scrittore di opere giuridiche, Giuseppe Zigarelli (XIX sec.) storico, scrittore.
Da visitare
Castello Medievale
Situato in posizione dominante, della fortezza si ha notizia per la prima volta in documenti del XII secolo. Ricostruito in epoca angioina, l’edificio fu distrutto da un terribile incendio nel 1656 e da allora venne abbandonato. Sulla collina possono ammirarsi alcuni ambienti interni evidenziati da tracce perimetrali di mura ed una torre quandrangolare.
Chiesa di S. Pietro
L’edificio fu ricostruito e riaperto al culto nel 1780, altri lavori di ristrutturazione sono stati fatti nel 1937 e nel 1969. La facciata è un semplice portale in pietra. Internamente ad una sola navata, vi sono dipinti seicenteschi rappresentanti S. Modestino, S. Giuseppe, S. Anna ed altri santi. Una statua lignea del 1783 di S. Lucia. Notevole è la torre campanaria con bifore gotiche, finestroni archivotati e cella superiore a pianta ottagonale e terminazioni a cuspide.
Chiesa di S. Francesco
Costruita nella prima metà del XVII secolo, possiede all’interno, ad una solo navata, un soffitto a cassettoni con affreschi settecenteschi, raffiguranti scene e personaggi del Nuovo Testamento, una pregevole tela del 700 rappresentante S. Francesco che riceve le stimmate, un coro ligneo intagliato forse nell’800, un altare in marmi policromi.
Chiesa di S, Giovanni
Edificata intorno alla fine del Xvi secolo, furono erette due confraternite di cui è attestata l’esistenza già nel 1739. la facciata del tipo a capanna semplice presenta un portale in pietra con decorazioni a rilievo e motivi floreali, una nicchia arcuata con affresco, due finestroni laterali, occhio centrale e lesene architettoniche. All’interno ad una sola navata, con cappelle laterali una tela del 1586 di Rinaldo Mytens, raffigurante la Madonna del Rosario.
Chiesa del SS Salvatore
Edificio costruito verso la metà del XVI secolo, custodisce internamente un prezioso altare con figure e rilievi marmorei e sulla facciata un ricco portale in piperno del 1778 con frontone spezzato e decorazioni ornamentali.
Chiesa di S. Modestino
Edificio citato per la prima volta in un atto notarile del 1058. Rifatta completamente nei secoli XVIII- XIX. L’attuale facciata è di tipo triangolare. Dall’ampio arco , voltato a botte,si giunge all’interno, ad una sola navata con cappelle laterali. Vi si conservano una statua marmorea di S. Modestino, raffigurante l’incendio del 1656, che distrusse in parte l’abitato, e l’antico sepolcro con un pozzetto decorato in stile barocco. A sinistra della facciata c’è l’alta torre campanaria con finestroni archivoltati a terminazione a cuspide piramidale.
Porta dei Santi
Nella cinta muraria che circondava il vecchi centro urbano, si aprivano quattro porte, quella detta del Piede, porta Mazzocca, porta del Capo, porta dell’Acqua. L’unica conservata e di cui si ha notizia fin dal 1162 è porta del Piede, situata a valle dell’abitato e detta successivamente dei Santi, dopo che vi fu dipinto nella parte superiore un affresco raffigurante le immagini di SS Modestino, Fiorentino e Flaviano.
Dogana
La sua costruzione fu ordinata nella prima metà del XVI secolo dai governanti della Santa Casa dell’Annunziata di Napoli. Dall’edificio possono ammirarsi la facciata con bugnato e punta di diamante, un portale ad arco con decorazioni e motivi floreali e fregio nobiliare, finestroni modulari incorniciati e lesine architettoniche nello stile rinascimentale.
Palazzo Abbaziale di Loreto
Sede invernale dell’abate di Montevergine, costruito dall’architetto Domenico Antonio Vaccaro fra il 1735 ed il 1750. L’imponente edificio è a pianta ottagonale con un ampio cortile centrale. Negli appartamenti sono custoditi arazzi fiamminghi del 500, un dipinto di scuola napoletana del 55, raffigurante la Deposizione e mobili in legno della stessa epoca. Possono vedersi anche tele della stessa epoca di S. Francesco, un dipinto del De Maio ed i pannelli in cuoio del coro, opera di Mario Volpe.
Santuario di Montevergine
Il complesso religioso officiato dalla Congregazione benedettina, si trova in posizione dominante sotto la cima del monte Partenio a circa 1270 metri sul livello del mare. Le sue origini risalgono a S. Guglielmo da Vercelli che vi si ritirò verso il 1119, sotto il pontificio di Callisto II, edificandovi una chiesetta consacrata alla Vergine nel 1124 ed un piccolo Cenobio con poche celle. Nel 1182, venne ampliata e arricchita con numerose opere d’arte. L’attuale complesso che risale al 1952 è stato più volte ricostruito, comprende un nucleo centrale formato da due chiese innestate trasversalmente l’una nell’altra e di vari edifici componenti il monastero, in cui sussistono elementi architettonici antichi. La nuova basilica rifatta a tre navate nel 1961 da Florestano di Fausto è preceduta da una scala, trova la sua ricchezza nei finestroni istoriati. All’interno , a tre navate, possono ammirarsi l’altare maggiore seicentesco in marmi policromi intarsiati da G. Giordano, un organo manumentale del 1896. Sulla destra del chiostro cinquecentesco rimane la Cripta Sancti Gulielmi, dove sono custoditi i resti del santo. Nel museo ci sono inoltre una tavola del secolo XII con la figura del nobile cavaliere Andrea Rodi, un sarcofago romano con iscrizione, un crocefisso ligneo duecentesco, un lavabo marmoreo del 1657, il sarcofago del visconte Lautrec e la stele cinquecentesca di Cassiodoro Simeone.
A cura di Elizabeth Iannone
Racconti da tutta l’Irpinia
Il Racconto: Linardo
Linardo era un uomo buono e devoto; faceva sempre la carità e non bestemmiava mai. Era oramai vecchio e prima di morire avrebbe voluto vedere Gesù. Per questo si svegliava presto la mattina e andava a messa. Pregava e diceva ogni giorno:
- Gesù Cristo mio, io non ho mai fatto del male, concedimi questa grazia, vieni a farmi visita a casa mia!
E ogni sera, prima di coricarsi, diceva la stessa preghiera e pensava in cuor suo:
- Questa notte certamente Gesù verrà! – e con questa preghiera si addormentava. Certi giovinastri sapevano di questo suo desiderio e sapevano anche che aveva ucciso il maiale e teneva in casa salsicce, prosciutto e lardo. Una notte, mentre Linardo dormiva profondamente si vestirono da Angeli e andarono sul tetto della casa con una zampogna, una chitarra e un mandolino e cominciarono a cantare:
Linardo, mio Linardo,
Ti vuole il tuo Gesù:
Manda prosciutto e lardo
Poi sali pure tu!
Il vecchio si svegliò, si stropicciò gli occhi e guardò in alto. Dal soffitto penzolava, appeso ad una corda, un canestro ornato di nastri e di fiori. Gli occhi di Linardo si fecero lucidi per la contentezza. Prese subito salsicce, prosciutti e lardo e mise ogni cosa nel canestro dicendo:
- Tirate su! –
Poi si inginocchio e aspettò che il cesto tornasse giù per prenderne anche lui. Aspettò tutta la notte, ma il canestro non scendeva più, quei mascalzoni gli avevano rubato tutta la roba ed erano spariti. Capì di essere stato preso in giro e non disse niente a nessuno. Quando, l’anno appresso, quegli scansonati tornarono sul suo tetto cantarono:
Linardo, mio Linardo;
ti vuole il tuo Gesù:
manda prosciutti e lardo,
poi sali pure tu!
Linardo rispose:
Dite la mio Gesù
che mi avete fottuto una volta
e non mi fottete più!
Poi cercò perdono a Gesù per la risposta, disse le preghiere e, coricandosi, pensò che era meglio vedere Gesù nell’altro mondo, dopo morto