Quota 100, tutti coloro che hanno raggiunto i requisiti minimi per richiedere quota 100 non hanno perso tempo a presentare la propria domanda presso i patronati.
Quota 100, un Paese diviso di due
Oltre 250 domande presentate all’Inps attraverso i patronati nelle prime 48 ore. I lavoratori irpini che hanno maturato i requisiti non disdegnano quota 100. Quota 100, infatti, permette di lasciare il mondo del lavoro in anticipo ricevendo, però, una riduzione dell’importo del rateo mensile.
Dai dati diffusi dall’Inps, nelle prime due giornate in cui è stato possibile presentare ai patronati le domande di accesso a quota 100, il Paese si è spaccato in due. Le province del Sud hanno fatto registrare un numero di domande, in alcuni casi, anche nove volte superiore rispetto a quelle presentate al Nord.
Oltre il 90% delle domande presentate arriva da quei dipendenti pubblici che con 38 anni di contributi e 62 anni di età, colgono a volo l’occasione per uscire dal mondo del lavoro. Scuola, sanità, enti locali: sono questi i settori in cui è maggiore il numero di richieste di pensionamento.
Leandro Guarino, consulente del lavoro avellinese, parla del fenomeno e spiega i rischi della quota 100:
Se fosse come sostiene il ministro Di Maio, vale a dire che ad ogni pensionato quota 100 corrisponderanno tre nuove assunzioni, bè allora ci troveremmo di fronte ad una svolta. Io mi accontenterei se il rapporto fosse di uno a uno: ma ho seri dubbi che ciò possa accadere. Il nostro è un sistema a ripartizione osserva in cui gli occupati versano i contributi con i quali si pagano le prestazioni. È evidente che se aumenta la platea dei beneficiari deve aumentare anche il numero dei nuovi assunti. Il problema è che se il saldo tra chi esce e chi entra dovesse essere negativo ci ritroveremo con un aggravio di contribuzione da sostenere. E come si farà? Aumentando i contributi? Con rivalutazioni pensionistiche ridicole per chi inizia a lavorare oggi? Occorre essere concreti e realisti: il nostro non è un Paese ricco o che offre tante occasioni di lavoro. Siccome i contributi vengono pagati dai lavoratori e dalle imprese, senza sviluppo che significa maggiore occupazione non ci sarà la copertura per pagare le pensioni.