Cronaca

Pavia, per 15 anni ha spiato le colleghe in bagno: scoperto informatico

Un uomo di Pavia ha spiato per 15 anni le colleghe che andavano in bagno. L’uomo è finito a processo a Pavia e dovrà rispondere dell’accusa di “interferenze illecite nella vita privata e molestie”.

Pavia, per 15 anni ha spiato le colleghe in bagno

Le forze dell’ordine hanno raccolto una vasta quantità di materiale a carico del 39enne, costituito da un lungo elenco di video accuratamente salvati e catalogati sul suo computer. L’inchiesta nei suoi confronti è stata avviata dopo la segnalazione di una vicina di casa, la quale ha scoperto per caso una telecamera posizionata accanto alla finestra del proprio bagno. Questo fatto ha scatenato un’indagine che ha portato al sequestro del computer, del cellulare e di vari hard disk appartenenti al 39enne, rivelando una situazione allarmante.

Infatti, emerge che l’uomo ha registrato di nascosto amiche e colleghe durante momenti intimi per ben 15 lunghi anni, accumulando centinaia di filmati. Le vittime coinvolte nell’attività di spionaggio dell’informatico sono circa una trentina, tra amiche, colleghe e anche alcune sconosciute. Di queste, dodici hanno deciso di denunciare l’accaduto alle autorità.

Le telecamere nascoste anche in un ristorante

Durante le indagini è emerso che le telecamere, quasi sempre posizionate in bagni, sono state utilizzate anche in altri luoghi disparati, come il luogo di lavoro, il ristorante frequentato durante la pausa pranzo e la casa in cui le vittime hanno trascorso le vacanze. La vicenda è stata affrontata in un’udienza pre-dibattimentale, presieduta dal giudice Carlo Pasta, che ha esaminato la possibilità di mettere alla prova il 39enne informatico. Nel tentativo di evitare la prigione, l’uomo ha dichiarato di essere disposto a risarcire tutte le donne coinvolte e ha richiesto la possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità in cambio dell’estinzione del reato.

La prossima udienza è prevista per ottobre, durante la quale saranno chiamate a testimoniare le dodici donne che hanno sporto denuncia. Nel caso in cui la richiesta di risarcimento fosse respinta, il 39enne potrebbe essere condannato a una pena detentiva che varia da un minimo di 6 mesi a un massimo di 4 anni.

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