Sanremo 2024

Sanremo 2024, monologo di Edoardo Leo a Sanremo 2024: testo

L’attore Edoardo Leo, ospite della terza serata a Sanremo 2024, prima presenta la nuova Fiction Rai Il Clandestino e poi si è reso protagonista di un monologo. Di seguito le parole pronunciate dell’attore romano sul palco dell’Ariston.

Sanremo 2024, monologo di Edoardo Leo a Sanremo 2024: testo

Amadeus accoglie l’attore sul palco del Teatro Ariston. Edoardo Leo parla prima del suo nuovo impegno televisivo e poi dell’importanza della risata. “Ogni artista nel suo campo è stato un clandestino. Tanti cantanti facendo le cosiddette canzonette hanno spesso affrontato temi importanti, cercando di cantare il presente“, esordisce l’attore romano per iniziare il suo monologo.

Questo presente, tra guerre, femminicidi ecc, ci sta mostrando immagini crudeli. E io come artista che posso fare in concreto? Senti una certa impotenza, pensi di non poter fare granché. Però la vita è strana, un amico ti tradisce, perdi un genitore o un figlio, e in quel momento leggere che qualcuno ha scritto parole per il tuo dolore diventa salvezza. Quando scopri che quella canzone o quella poesia parla di te diventa una cura, medicine per le proprie ferite. Anche quando proviamo una grande emozione, come l’amore, diciamo “non ho parole”. Allora gli dedichiamo una canzone, come se fosse nostra. Ci fa amare di più. Non è solo intrattenimento, è un antinfiammatorio per l’anima. L’altra straordinaria medicina è ridere. Dobbiamo tenerci cari i nostri artisti, perché ridere resta un atto incredibile. Si tratta di un comportamento primitivo, è un segnale che mandiamo a chi sta intorno a noi: vuol dire “non sono in pericolo”. Per questo i neonati imparano a ridere prima che a parlare.

Abbiamo inventato delle convenzioni, come l’applauso, ma ridere è incontrollabile. Ad ogni latitudine ridiamo allo stesso modo. La satira è sempre uno sberleffo al potere. Gli artisti sono sentinelle preziose della democrazia, e spesso sono il primo bersaglio di un potere malato. Vedere come un Paese tratta i propri artisti è un buon indicatore della sua salute democratica. La commedia è racconto delle nostre vite. Ridere di noi è fare cultura. Quando il sole della cultura è basso, anche i nani sembrano dei giganti. Stiamo attenti allora che il sole della cultura rimanga sempre a mezzogiorno, è l’ultimo spiraglio di luce prima del buio.

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