«Signori e signore, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla RAI, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra duecentoquaranta composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell’anno».
Così, alle 22 di lunedì 29 gennaio 1951, la radio diffonde la voce del presentatore Nunzio Filogamo che annuncia l’inizio della prima edizione del Festival della canzone italiana, ospitata nel lussuoso Salone delle feste del Casinò di Sanremo.
29 gennaio 1951: nasce il Festival di Sanremo
Il Festival della canzone italiana, o più comunemente Festival di Sanremo o anche semplicemente Sanremo, è un festival musicale che si tiene ogni anno in Italia, a Sanremo, in provincia di Imperia, in Liguria, a partire dal 29 gennaio del 1951. Vi hanno preso parte come concorrenti, ospiti o compositori, molti dei nomi più noti della musica italiana.
Gli inizi
«Il pubblico era scarso, tanto che fu necessario trovare delle persone da sistemare ai tavolini rimasti vuoti nella grande sala», racconta Leonardo Campus nel suo libro Non solo canzonette (Le Monnier): «non tanto per il prezzo – 500 lire non era una cifra impossibile – ma per il fatto che fino a quel momento il pubblico del casinò era abituato a manifestazioni di maggiore livello culturale».
A vincere la gara di allora fu Nilla Pizzi, che stracciò tutti con la canzone Grazie dei fiori. Sarà sempre lei, negli anni successivi, a far cantare gli italiani con Vola colomba, a fare una criptica critica sociale con Papaveri e papere – in cui alcuni videro una satira contro i potenti democristiani – e a inneggiare alla speranza con Una donna prega.
Il grande cambiamento
Nel 1953 poi, a due anni dal debutto, qualcosa cambiò: sparirono i tavolini della sala e si decise di far accedere gli ospiti solo se muniti di invito. I bagarini pare ne vendessero sottobanco alcuni all’esorbitante cifra di 10mila lire (circa 130 euro di oggi). La stampa si interessò seriamente al fenomeno, a cui partecipavano sempre più concorrenti. Il dado era tratto.
Due anni dopo fu la volta infatti della prima diretta televisiva: non andò in onda tutta la trasmissione, ma la Rai si collegò con il Casinò Municipale di Sanremo alle 22:45, in “seconda serata”, al termine del varietà Un due tre di Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. Il circuito mediatico era attivato. L’opinione pubblica parlava del Festival, si interessava dei suoi cantanti e soprattutto fischiettava le loro canzoni.
L’ascesa con Domenico Modugno
Fino a quando Mr Volare (come Oltreoceano ribattezzarono Domenico Modugno) fece La canzone: dal palco del Festival nel 1958 intonò una delle melodie più celebri della storia della musica italiana Nel blu dipinto di blu (poi nota come “Volare” per via del celebre ritornello). Sembrava un redentore: cantava a braccia aperte e la sua melodia era liberatoria, ottimista, energizzante.
Anni dopo, sembrerà un anticipo del boom economico. La canzone accompagnò infatti la svolta degli anni Cinquanta, quando il nostro Paese girò pagina, perdendosi “nel blu dipinto di blu” del nuovo benessere. Il Paese cominciò a crescere del 5,8% all’anno, il reddito degli italiani era raddoppiato, i costumi rivoluzionati.
Nel blu dipinto di blu fu un punto di rottura anche musicale: segnò l’inizio di una nuova era per la canzone italiana, influenzata dal rock e dallo swing.
I cambiamenti e l’era degli Urlatori
A confermarlo, due anni dopo, fu l’arrivo sul palco di un giovane che si dimenava al grido di 24000 baci e che anagraficamente poteva essere il figlio di Nilla Pizzi. Era Adriano Celentano e portava in scena la modernità: con lui arrivava il rock’n’roll e una nuova categoria sociale, fino a quel momento poco considerata, i giovani.
Gli anni Sessanta furono infatti dominati da una generazione che rivendicava nuove regole (anche a Sanremo), e tutti entreranno nel mito. C’era una ragazza di Busto Arsizio con i capelli cotonati, nel 1961: era Mina, con le sue Mille bolle blu. Un altro era un “diavolo”, classe 1941. Aveva un ciuffo alla Elvis e un nome americano che mascherava le sue origini umbre: Little Tony, alias Antonio Ciacci.
Con lui c’era Lucio Dalla, che aveva appena fondato un gruppo in salsa bolognese: gli Idoli. E Luigi Tenco, che nel 1967 andò a Sanremo con la sua Ciao amore, ciao. L’esperienza fu tragica: dopo l’eliminazione si suicidò in una camera d’albergo di Sanremo.
Gli anni di piombo
La sua morte sembrò un triste presagio. L’energia e la vitalità degli anni Sessanta infatti non durarono a lungo. Dopo la strage di piazza Fontana, a Milano, l’Italia si svegliò dal sogno e si trovò catapultata negli “anni di piombo”. Il Festival della canzone non ne fu immune: il clima pesante che avvolgeva il Paese relegò la kermesse musicale in un cono d’ombra in cui rimase per gran parte degli anni Settanta.
Intanto si mise mano alla formula del Festival, alla location e ai cantanti. Nel 1977 la sede cambiò e si scelse il Teatro Ariston. Poi si sperimentarono nuove formule capaci di interpretare un mondo in trasformazione: si aprì la kermesse alla musica internazionale e sul suo palco si fecero salire ospiti stranieri come Grace Jones. Quando lei arrivò era il 1978. L’anno di Gianna di Rino Gaetano e di Un’emozione da poco di Anna Oxa.
I mitici anni Ottanta
Pochi anni dopo sullo stesso palco salirono i Kiss (1981), i Duran Duran (1985), i R.E.M (1999) e molti altri. E soprattutto Pippo Baudo l’anima del Festival dagli anni Ottanta in poi (con le sue 13 conduzioni). L’Italia intanto si era abituata ai varietà, a Fantastico, a Heather Parisi che ballava Cicale, a Romina Power che cantava Il ballo del qua qua e alle televisioni commerciali. Ora era pronta per un festival nuovo.
Nell’edizione del 1980 il conduttore Claudio Cecchetto volle al suo fianco il comico Roberto Benigni. L’edizione passò alla storia per lo “scandaloso” bacio di 45 secondi tra lui e la valletta Olimpia Carlisi e per l’epiteto Wojtilaccio con cui apostrofò il nuovo Papa, Giovanni Paolo II.
Beppe Grillo
Le edizioni successive non furono meno chiacchierate. Tra i comici chiamati oltre al Trio Solenghi ci sarà infatti anche Beppe Grillo, allora una star satirica dei palinsesti. Nell’edizione del 1989 si portò a casa anche una querela. Un vaffa in diretta? No, ma comunicò il suo compenso in diretta e lesse immaginarie penali previste dal contratto nel caso in cui avesse detto che “i socialisti rubano”.
L’edizione alla fine fu vinta da Fausto Leali e Anna Oxa che cantavano Ti lascerò ma la conduzione zoppicante dei cosiddetti “figli d’arte” (figli di personaggi famosi del mondo dello spettacolo) fece discutere, almeno quanto Beppe Grillo.
Ma gli scandali a Sanremo sono mai mancati. E quando non erano per eccesso di satira, erano per eccesso di esibizionismo. Nel 1987 (edizione vinta da Gianni Morandi, Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi con Si può dare di più) la cantante Patsy Kensit indossò un vestito minimal e durante la performance una spallina “traditrice” le scoprì il seno. La notizia occupò le riviste di gossip per giorni.
Tentato suicidio e “Perché Sanremo è Sanermo”
Otto anni dopo ci fu in diretta la protesta un uomo che minacciò di buttarsi dalla galleria dell’Ariston gridando che il festival sarebbe stato vinto da Fausto Leali. Pippo Baudo lo trattenne. E l’Italia intera (o quasi) tirò un sospiro di solievo. Ma gli scandali non erano ancora finiti. Non ultimo quello del 2011: nessuno ricorda che quell’edizione fu vinta da Roberto Vecchioni con la sua canzone Chiamami ancora amore ma tutti ricordano lo spacco rivelatore di Belen Rodriguez.
E anche se è convinzione diffusa che a seguire il Festival sia un pubblico “tradizionale”, magari anche un po’ avanti con gli anni, quest’anno Sanremo fa registrare grandi numeri anche sul digitale e sui social network, con 2 milioni e mezzo di interazioni in ogni serata su Facebook, Instagram & C. e quasi mezzo milione di spettatori che seguono la diretta della kermesse attraverso internet su RaiPlay. “Perché Sanremo è Sanremo” anche in streaming!
Il Festival nella cultura di massa
Qualcuno nel dopo guerra definì il Festival di Sanremo “la grande evasione”: la colonna sonora di un’Italia canterina che si affacciava alla modernità, con il sole in fronte e la voglia di fischiettare. Dalla prima edizione (1951) ha fatto molta strada, cambiato location, pubblico e soprattutto format. Fino a diventare un prodotto commerciale da migliaia di euro amato, odiato e sempre discusso. Eppure in origine nessuno lo prese davvero sul serio.
La prima edizione si tenne nel Salone delle feste del Casinò Municipale di Sanremo: il pubblico era seduto intorno a tavolini da vecchio café chantant e mentre i cantanti si esibivano, loro cenavano, tra l’andirivieni dei camerieri.
Le innumerevoli contraddizioni e contrapposizioni, verificatesi già dal trionfo di Nilla Pizzi con Grazie dei fiori (1951), rappresentano il sale della kermesse, forse addirittura l’ingrediente segreto grazie al quale Sanremo è Sanremo.