Filippo Bruno, noto con il nome di Giordano Bruno, è stato un filosofo campano, scrittore e frate domenicano del XVI secolo.
Il suo pensiero, inquadrabile nel naturalismo rinascimentale, fondeva le più diverse tradizioni filosofiche intorno a un’unica idea: l’infinito, inteso come l’universo infinito, effetto di un Dio infinito, fatto di infiniti mondi, da amare infinitamente.
Giordano Bruno, vita e opere dell’eretico
Filippo Bruno nasce nel 1548 a Nola, in provincia di Napoli, da una nobile famiglia campana. Venne battezzato col nome di Filippo, in onore dell’erede al trono di Spagna Filippo II, poiché, il Mezzogiorno era allora parte del Regno di Napoli che era a sua volta compreso nella monarchia spagnola.
Imparò a leggere e a scrivere da un prete nolano, Giandomenico de Iannello e compì gli studi di grammatica nella scuola di un tale Bartolo di Aloia.
Sin da ragazzo dimostra una propensione allo studio e un’acutissima intelligenza. Dal 1562 al 1565, per proseguire i suoi amati studi filosofici – più che per un vero e sincero interesse per la teologia – frequenta l’Università di Napoli, che era allora nel cortile del convento di san Domenico.
Qui apprenderà lettere, logica e dialettica da il Sarnese, ossia Giovan Vincenzo de Colle, e lezioni private di logica da un agostiniano, fra Teofilo da Vairano.
Intorno ai 15 anni, prendendo i voti, decide di mutare il suo nome in Giordano: in onore del Beato Giordano di Sassonia, successore di San Domenico, o forse del frate Giordano Crispo, suo insegnante di metafisica; e diventa così un grande esperto dell’arte mnemonica.
Tra le sue opere più importanti ricordiamo i dialoghi italiani a cui appartengono gli scritti: Candelaio (Parigi, 1582), Cena delle ceneri (Londra 1584), De la causa, principio et uno (Londra 1584), De l’infinito, universo e mondi (Londra 1584), Spaccio della bestia trionfante (Londra 1584), Cabala del cavallo pegaseo (Londra 1585) e Degli eroici furori (Londra, 1585) e i poemi latini.
Lo scontro con la Chiesa e i viaggi
Nel 1576 decide di abbandonare l’ordine religioso, a causa del suo carattere irrequieto e insofferente ai dogmi e alle costrizioni si trasferisce dapprima a Roma, poi a Nola, Savona, Torino, Padova fino ad approdare a Ginevra.
Gli anni della maturità sono segnati da continui viaggi, peregrinazioni e fughe: sono gli anni della Controriforma, e le idee spregiudicate di Giordano mal si accordano con l’imperante ortodossia religiosa.
Dopo una breve permanenza a Parigi, si trasferisce ad Oxford per insegnare, durante il suo rientro a Parigi, entra in conflitto con gli ambienti aristotelici da lui tanto denigrati.
Per questo trascorre qualche anno in Germania, insegnando a Wittenberg e a Francoforte, per approdare infine nella tollerante Venezia.
Qui, Giordano è convinto di essere al sicuro, invitato dal nobile Giovanni Mocenigo, desideroso di farsi istruire nell’arte della memoria. Tuttavia, le idee coraggiose e “blasfeme” dell’ex-frate spaventano il nobile, che decide di denunciarlo e consegnarlo nelle mani dell’Inquisizione.
La condanna a morte
Nel 1593 Giordano viene trasferito all’Inquisizione di Roma che, con scarsi tentativi, prova a convincerlo a ritrattare le sue idee “eretiche”. Dopo 7 anni di carcere e costanti rifiuti di abiurare, Giordano viene condannato al rogo e arso vivo il 17 febbraio 1600, durante l’anno giubilare, in piazza Campo dei Fiori.
Curiosità
Giordano Bruno ha rappresentato, nei secoli successivi alla sua morte, il simbolo del libero pensiero e dell’intellettuale sciolto dai vincoli dell’autorità.
La sua figura ha inoltre rappresentato il culmine del braccio di ferro tra lo Stato e la Chiesa di Roma, per nulla disposta a riconoscere il neonato Regno d’Italia. Così, in aperta sfida, affrontò il processo e la successiva condanna a morte:
“Tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla.”
Dopo vari scontri e manifestazioni violente, la statua fu finalmente inaugurata nel giugno 1889, presente ancora oggi, in piazza Campo dei Fiori a Roma. Contro il volere del Papa e col sostegno di personalità di rilievo come Victor Hugo, Giovanni Bovio e Michail Bakunin.