Il 22 febbraio, in Slovacchia, il giornalista di 27 anni Ján Kuciak è stato ucciso insieme alla sua fidanzata Martina Kusnirova: secondo la polizia gli omicidi sono molto probabilmente legati al lavoro investigativo di Kuciak, per il sito di notizie slovacco Aktuality.
Ján Kuciak, il giornalista coraggioso
Era sera quando il giornalista Ján Kuciak e la sua compagna Martina Kusnirova furono uccisi brutalmente. Martina si trovava in cucina nel momento in cui il killer sparò contro di lei, senza esitare, in pieno volto. Kuciak, che si trovava al pian terreno, sentiti i rumori risalì velocemente le scale ma anche lui venne ucciso da un colpo di pistola.
Il giornalista slovacco prima di quel giorno si stava occupando di un’inchiesta che ricostruiva i legami fra politici slovacchi, imprenditori italiani e ‘Ndrangheta; un articolo che è stato poi pubblicato dal direttore di Aktuality.sk Peter Bárdy.
E proprio sul filone delle sue inchieste giornalistiche si sono mossi in un primo momento gli investigatori. Infatti, nei giorni successivi alla morte del giornalista furono arrestati sette italiani: Antonino Vadalà, imprenditore al centro dell’ultimo reportage del giovanissimo giornalista, Bruno Vadalà e Sebastiano Vadalà, Diego Rodà, Antonio Rodà, Pietro Catroppa e Pietro Catroppa.
Questi poi furono rilasciati. In riferimento al coinvolgimento dell’imprenditore nell’omicidio del giornalista, a collaborare con la polizia slovacca era intervenuta la Dda di Reggio Calabria, ma gli inquirenti slovacchi hanno poi abbandonato la pista della ‘Ndrangheta o di un “patto di sistema” tra imprenditori, politica e criminalità organizzata, come ha sostenuto a “La Repubblica” il direttore di Aktuality.sk. In una conferenza stampa la polizia slovacca ha poi sostenuto:
“Non c’è alcuna pista italiana per l’omicidio e quindi non abbiamo bisogno dell’aiuto della magistratura italiana”.
Dichiarazioni che avrebbero lasciato perplessa la procura antimafia di Reggio Calabria.
Ad arrestare nuovamente Antonino Vadalà sarà la Dda di Venezia per narcotraffico internazionale. Dalle indagini della Guardia di Finanza, però, emergerebbe che l’imprenditore organizzava sia carichi di cocaina dall’America Latina al Nord Italia, ma anche che gestiva un business che spaziava dall’agricoltura, all’allevamento alle energie rinnovabili in Slovacchia. Questo “sistema” gli sarebbe stato garantito grazie a contatti all’interno dei servizi segreti, alle dogane fino ad arrivare alle altre cariche dello Stato. Elemento che troverebbe riscontro all’interno di un intercettazione nel 2012.
L’imprenditore in quella telefonata avrebbe parlato con l’allora presidente slovacco, Robert Fico. Dopo l’omicidio Kuciak, migliaia di persone si erano riversate in piazza a Bratislava e in altre città del Paese per chiedere la testa del premier, accusato nell’inchiesta che stava conducendo Kuciak di avere legami oscuri con la ‘Ndrangheta calabrese. Dopo settimane di pressioni e dimissioni di alcuni ministri del governo slovacco, anche Fico offrì al presidente Andrej Kiska le sue dimissioni per uscire dalla crisi politica.
Le indagini sull’omicidio
A gettare un ombre sulle indagini ci sarebbero alcune azioni poco chiare di alti funzionari slovacchi: il capo della Polizia, Tibor Gaspar, e il capo dell’Agenzia Anticorruzione, Robert Krajmer. Un nuovo testimone che fa parte della polizia slovacca avrebbe raccontato che sarebbe stato il capo della Polizia Tibor Gaspar a ordinare un controllo sul giornalista quando era ancora vivo. Mentre il capo dell’Agenzia anticorruzione, Robert Krajmer, si sarebbe recato sul luogo dell’omicidio di Kuciak e della sua fidanzata.
Non solo quella sera, ma le televisioni lo hanno ripreso anche la mattina seguente. Il ministero dell’Interno slovacco a riguardo disse che “la squadra di Kramer stava indagando sulle stesse vicende su cui lavorava Kuciak”; quando in realtà il 26 febbraio non si sapeva ancora su cosa Kuciak stesse indagando.
La svolta nelle indagini
La polizia slovacca ha arrestato 4 persone. L’ex poliziotto Tomas Szabo e l’ex militare, Miroslav Marcek accusati di essere i killer. Secondo gli inquirenti avrebbero commesso l’omicidio ricevendo un compenso di 70 mila euro. Insieme a loro è finita dietro le sbarre anche la donna da cui avrebbero ricevuto “l’incarico” – tale Alena Zsuzsova, un’interprete di italiano che lavorava per l’imprenditore slovacco Marian Kocner, di cui Kuciak aveva scritto più volte nelle sue inchieste – e il suo “intermediario” con i killer, l’imprenditore Zoltan Andrusko.
Quest’ultimo avrebbe ricevuto l’incarico da Zsuzsova, che conosceva già in quanto avrebbe avuto dei debiti con lei. La donna avrebbe offerto all’imprenditore 50 mila euro e la cancellazione del debito. Ricevuto l’incarico, l’imprendiretore avrebbe assolto i due killer per l’omicidio.
Secondo la magistratura slovacca, tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, Zsuzsova avrebbe passato le istruzioni all’imprenditore all’interno della sua auto. In quella circostanza gli avrebbe mostrato un video che ritraeva il giornalista e immagini, insieme ad indicazioni sul suo indirizzo. Materiale poi illustrato a TV 7 dalla giornalista Maria Grazia Mazzola che dimostrano un possibile pedinamento del giornalista. Pedinamento che sarebbe stato confermato anche da un collaboratore di giustizia.
Il legame di Zsuzsova con l’imprenditore Marian Kocner
Durante gli interrogatori, Andrusko avrebbe fatto intendere che la Zsuzsova sarebbe entrata in gioco perché conosciuta come “contractor” per omicidi su commissioni. Grazie alle dichiarazioni dell’impndreditore e i riscontri positivi della polizia slovacca delle immagini delle telecamere di sorveglianza di Velka Maca si è proceduto all’arresto di Zsuzsova e dei due presunti killer.
Dalle indagini della polizia sarebbe emerso che Zsuzsova avrebbe avuto l’acronimo “SIS Alino”. Il numero di telefono era così salvato sulla rubrica speciale dell’imprenditore Marian Kocner. Un collegamento che gli investigatori non si spiegano. Ma dalla documentazione dell’ordinanza di custodia cautelare slovacca emergerebbe che Kocner inviava alla donna somme di denaro: 2000, 1400 euro. Secondo alcune testimonianze, raccolte durante il lavoro di inchiesta giornalistica dei colleghi di Ján, hanno indicato che la Zsuzsova venisse utilizzata dall’imprenditore per ricattare sessualmente uomini politici e imprenditori rivali.
Un testimone di peso degli inquirenti, l’agente dei servizi segreti Peter Toth, che iniziò a collaborare con la magistratura slovacca dopo l’arresto della donna, ha dichiarato che i due fossero amanti. Agli investigatori ha spiegato che sarebbe stato lui a presentare la donna a Kocner e ha raccontato di essere stato sempre lui, insieme ad un altro agente dei servizi segreti, a raccogliere il materiale che Zsuzsova avrebbe poi dato ai killer. Il collaboratore avrebbe anche raccontato che a pagare i sicari per ammazzare il giornalista sarebbe stato proprio Marian Kocner, per il quale in passato avrebbe già sorvegliato altri “bersagli”.
Marian Kocner il mandante?
Kocner è uno dei più noti uomini d’affari della Slovacchia e dal giornale per il quale lavorava Kuciak fu definito “un mafioso”. Secondo le indagini a intimidire il cronista slovacco sarebbe stato proprio l’imprenditore che nel settembre 2017 gli disse
“Troverò prove su di te e sulla tua famiglia: tutti hanno uno scheletro nell’armadio”.
Il giornalista aveva subito denunciato, ma la pratica sarebbe stata messa nel cassetto. Ad accusare Kocner sarebbe stato anche Andreusko che in un interrogatorio ha dichiarato:
“Alena non mi ha detto il motivo dell’omicidio, ma mi ha fatto il nome di chi lo ha ordinato. E’ Marian Kocner, ma ho paura a nominarlo perché temo per la mia vita”. L’avvocato della famiglia Kusnirova, Roman Kvasnica, ha dichiarato a “La Repubblica”: “Possiamo dire che Kocner sia ufficialmente sospettato, ma non formalmente accusato. Quindi c’è la presunzione d’innocenza, dobbiamo ancora considerarlo innocente”.
L’entrata in gioco dell’imprenditore slovacco porterebbe l’indagine verso i piani alti del potere dello Stato slovacco.
Certo è che con la morte di Kuciak, tolto di mezzo un giornalista scomodo che sapeva scavare tra le tante ombre di Stato, in molti si sono rasserenati. Ricordare il suo coraggio, oggi, diventa ancora più importante anche per chiedere quella giustizia che ancora non è stata data.