Aldo Fabrizi è stato un leggendario attore, regista, sceneggiatore, produttore e poeta italiano. Nella sua carriera ha avuto modo di mostrare delle caratteristiche versatili e intense che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della cinematografia italiana.
Aldo Fabrizi: storia, carriera e biografia dell’attore
Nato il 1° novembre 1905 da una umile famiglia romana, Aldo Fabrizi è stato ed è ancora oggi un pezzo inamovibile di Roma. Col passare del tempo divenne- attraverso le straordinarie interpretazioni cinematografiche – un autentico tributo alla romanità e a tutto ciò che la Capitale rappresenta nel mondo.
All’età di unici anni rimase orfano di padre (Giuseppe) deceduto prematuramente a causa di un grave incidente. Questo avvenimento lo segnò psicologicamente e gli impedì di proseguire gli studi, costringendolo ad adattarsi ai lavori più difficoltosi al fine di provvedere al sostentamento delle sue cinque sorelle, nonché di tutto il resto della famiglia.
Gli esordi teatrali
Superando numerosissimi ostacoli, Aldo riuscì ad esprimersi dinnanzi ad un pubblico, dando così vita ad una vocazione artistiche che – in seguito – gli permetterà di accedere all’olimpo degli attori che hanno fatto la storia del cinema italiano (tra Totò a Peppino De Filippo).
Pubblicò nel 1928 nelle edizioni della Società poligrafica romana (non si sa se a proprie spese) un volumetto di poesie romanesche intitolato Lucciche ar sole, che riuscì a far recensire sul quotidiano Il Messaggero e partecipò inoltre alla redazione del giornale dialettale Rugantino. Nello stesso periodo cominciò a calcare le scene, prima con la Filodrammatica Tata Giovanni, poi come dicitore in teatro delle sue stesse poesie, come era ancora uso in quegli anni.
Nel 1931, a 26 anni, esordì come macchiettista nei piccoli teatri della capitale e in giro per l’Italia, insieme con la compagna “Reginella”, con il nome di “Fabrizio” comico grottesco romano, proponendo caricature dei tipi caratteristici romani: il vetturino, il conducente di tram e lo sciatore. Divenuto in breve tempo popolare, costituì una propria compagnia che, nel 1937, vide transitare per breve tempo un imberbe Alberto Sordi.
Esordi cinematografici
Nel 1942 fece il suo esordio sul grande schermo con un film diretto da Mario Bonnard, Avanti c’è posto. Anche nelle due pellicole seguenti, Campo de’ fiori, sempre diretto da Bonnard, e L’ultima carrozzella per la regia di Mario Mattòli, si limitò a riproporre le macchiette che aveva già interpretato a teatro – rispettivamente quelle del bigliettaio, del pescivendolo e del vetturino – accanto ad Anna Magnani, con la quale avrà un rapporto conflittuale.
In queste tre interessanti pellicole vi sono discorsi, battute e situazioni tipici di una Roma oramai sparita. Anche il dialetto romanesco usato da Fabrizi è, per certi versi, figlio di un modo di parlare ormai desueto. Nel film L’ultima carrozzella girato nell’estate del 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, tra gli attori troviamo alcuni esponenti celebri del dialetto e della canzone romanesca del Novecento, quali Romolo Balzani, Gustavo Cacini, e Anita Durante, altra stella ormai dimenticata di quel variegato ed onesto firmamento di attori che recitavano in vernacolo romanesco.
Si noti che durante l’Anno Santo del 1925 a Roma Aldo Fabrizi, per un certo periodo, lavorò davvero come vetturino. Si dice che lo spolverino e il berretto indossati nella pellicola del 1943 fossero gli stessi da lui usati in quella precedente, giovanile esperienza. Anche Federico Fellini, all’epoca ancora giovane e sconosciuto, lo aiuterà nella sceneggiatura.
L’ascesa
Storia diversa, invece, col film che apre ufficialmente la corrente neorealista, Roma città aperta di Roberto Rossellini, dove interpretò il ruolo più significativo ed intenso della sua carriera, ispirato alle figure dei sacerdoti romani don Giuseppe Morosini e don Pietro Pappagallo entrambi fucilati nel 1944, durante l’occupazione nazista della capitale, il primo a Forte Bravetta, il secondo alle Fosse Ardeatine.
Si dedicò anche, in maniera saltuaria, al doppiaggio: sue sono le voci di Giuseppe Varni, il bidello della scuola femminile nel film Maddalena… zero in condotta (1940) e di Gino Saltamerenda, il netturbino che aiuta Lamberto Maggiorani ed il piccolo Enzo Staiola a cercare la bicicletta rubata, nel mercato di Porta Portese, in Ladri di biciclette (1948), entrambi diretti da Vittorio De Sica.
Il grande successo
Da quel momento interpretò poco meno di settanta film, ottenendo spesso un buon successo, senza disdegnare ruoli drammatici, ma privilegiando sempre ruoli brillanti e comici, nei quali manifestò una naturale carica di bonaria umanità che lo accompagnerà durante tutta la sua carriera.
Da ricordare in particolare i film interpretati con Totò (Guardie e ladri del 1951, I tartassati del 1959, Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi del 1960, Totò contro i quattro del 1963), e con Peppino De Filippo (Signori in carrozza del 1951, Accadde al penitenziario del 1955 e Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo del 1956), con i quali diventerà uno dei protagonisti più importanti della commedia all’italiana.
Vincitore di due Nastri d’Argento, nel 1950 per Prima comunione di Alessandro Blasetti e nel 1974 con C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, si aggiudicò nel 1951 il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes per Guardie e ladri di Stefano Vanzina e Mario Monicelli.
Lavorò pure con il grande regista del muto Georg Wilhelm Pabst in due film: La voce del silenzio del 1952 e il bizzarro Cose da pazzi del 1953 pubblicato in DVD nel 2005, ove interpretò quello che, sicuramente, resta il ruolo più particolare della sua carriera: un matto che crede di essere un primario ospedaliero.
Ultimi anni
Sul palcoscenico del Teatro Sistina, nella stagione 1962-1963, ottenne un grande successo personale interpretando il ruolo del boia papalino Mastro Titta nella commedia musicale Rugantino scritta e diretta da Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile.
Il grande trionfo fu completato da una memorabile trasferta negli Stati Uniti, a Broadway, dove lo spettacolo registrò sempre il tutto esaurito. L’ultima sua apparizione teatrale è del 1967, con lo spettacolo Yo-Yo Yè-Ye scritto da Dino Verde e Bruno Broccoli. Ritornerà ad interpretare Mastro Titta in Rugantino nell’edizione 1978 della commedia.
Tra il 1948 e il 1957 diresse anche nove film, tutti dignitosi, a partire da quello d’esordio, girato in Argentina, Emigrantes (1948), alla trilogia sulle avventure della famiglia Passaguai, della quale fu anche produttore per la sua Alfa Film XXXVII, ad Hanno rubato un tram (1954), girato a Bologna con la fotografia del grande Mario Bava, pure questo riemerso nel 2005 in DVD, fino all’accorato e malinconico Il maestro (1957), la sua ultima regia.
Sul piccolo schermo
Sul piccolo schermo esordì nel 1959, come interprete dello sceneggiato di Leopoldo Cuoco e Gianni Isidori “La voce nel bicchiere”, diretto da Anton Giulio Majano. Per molto tempo, preso da impegni cinematografici e teatrali, sarà questo il suo unico lavoro televisivo, fino al 1971, quando ottenne un altro grande trionfo nel varietà del sabato sera Speciale per noi diretto da Antonello Falqui, accanto ad Ave Ninchi, Paolo Panelli e Bice Valori, che è anche l’unica testimonianza visiva rimasta delle sue macchiette teatrali.
L’hobby della cucina
Come Ugo Tognazzi, aveva l’hobby della gastronomia e amava in modo particolare cucinare la pasta e, sulla pasta e le sue tante e diverse ricette, scriverà anche alcune poesie in dialetto romanesco.
«Magnà e dormì So’ du’ vizietti, me diceva nonno,
che mai nessuno te li pò levà,
perché so’ necessari pe’ campà
sin dar momento che venimo ar monno.Er primo vizio provoca er seconno:
er sonno mette fame e fà magnà,
doppo magnato t’aripija sonno
poi t’arzi, magni e torni a riposà.Insomma, la magnata e la dormita,
massimamente in una certa età,
so’ l’uniche du’ gioje de la vita.La sola differenza è questa qui:
che pure si ciài sonno pòi magnà,
ma si ciài fame mica pòi dormì» (poesia di Aldo Fabrizi).
La vita privata e la famiglia di Aldo Fabrizi
Fabrizi, sposato con Beatrice Rocchi, cantante di varietà molto nota negli anni 20 col nome d’arte di Reginella, dalla quale ebbe due figli gemelli, rimase vedovo nell’estate del 1981. Abitava a Roma in via Arezzo, nel quartiere Nomentano, nello stesso edificio dell’amica Ave Ninchi.
La sua ultima apparizione in tv è nel programma G.B.Show del 1988. È morto il 2 aprile del 1990, a 84 anni, pochi giorni dopo aver ricevuto un David di Donatello alla carriera. Tre anni dopo lo seguì anche la popolarissima sorella, la Sora Lella, che aveva recitato nel cinema soprattutto con Alberto Sordi e Carlo Verdone. È sepolto al Cimitero Monumentale del Verano di Roma.