Il 3 settembre del 1982 Carlo Alberto Dalla Chiesa viene ucciso. Si tratta di uno dei più noti omicidi da parte della Mafia negli anni della lotta alla criminalità organizzata. Alle ore 21:15, la A112 sulla quale viaggiava il prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il prefetto e la moglie.
Anche l’agente di Polizia, Domenico Russo, scorta del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, muore a Palermo il 15 settembre 1982 a causa delle ferite riportate nell’attacco mafioso al generale e a sua moglie.
Il caso Dalla Chiesa e i mandanti degli omicidi
Nello stesso momento l’auto con a bordo l’autista e agente di scorta, Domenico Russo, che seguiva la vettura del Prefetto, veniva affiancata da una motocicletta, dalla quale partì un’altra micidiale raffica, che ferì gravemente Russo, il quale morì dopo 12 giorni all’ospedale di Palermo.
Per i tre omicidi sono stati condannati all’ergastolo come mandanti i vertici di Cosa Nostra, ossia i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.
Nel 2002 sono stati condannati in primo grado, quali esecutori materiali dell’attentato, Vincenzo Galatolo e Antonino Madonia, entrambi all’ergastolo, Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci a 14 anni di reclusione ciascuno.
La rivelazione
Il 4 aprile 2017 Il Fatto Quotidiano riporta la rivelazione del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino secondo cui Francesco Cosentino, vicino all’onorevole Giulio Andreotti, sarebbe il mandante dell’omicidio del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa. Tale notizia risale all’audizione in commissione antimafia del Procuratore Generale di Palermo Roberto Scarpinato.
Nel 2018 il collaboratore di giustizia Simone Canale, affiliato alla cosca Alvaro di Sinopoli, rivela che il boss Nicola Alvaro, detto “u zoppu”, appartenente al ceppo degli Alvaro detti “codalonga”, era presente all’agguato contro il generale Dalla Chiesa, confermando le precedenti accuse contro l’uomo originario di San Procopio, contestategli nel 1982 e decadute perché il testimone contro il boss Alvaro venne ritenuto inattendibile.