Pignoramento del conto corrente: dal 30 giugno riparte l’attività di riscossione dell’Agenzia delle Entrate, e quindi ripartono anche i pignoramenti. Con la nuova normativa l’azione esecutiva è possibile anche sul denaro che avete depositato sul conto corrente e senza il parere di un giudice.
Sono esclusi solo l’ultimo stipendio, che resta – come si legge in una nota dell’AdE – «sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore». Ma anche stipendi e pensioni rischiano il prelievo forzato. C’è comunque ancora la possibilità di qualche proroga per il via libera alla riscossione, mentre si prefigura nell’ambito della riforma del settore la cancellazione delle cartelle più vecchie di cinque anni. Ma per ora non c’è nulla di definito. Meglio prepararsi per tempo.
Cosa accade dal 30 giugno
Il 30 giugno non ci sarà nessun pignoramento del conto corrente. Ma solo perché a partire da quella data molti che hanno debiti con il fisco o con enti locali, saranno “avvisati”. La scadenza dopo un mese, il 31 luglio. Ma è sabato, quindi dal 2 agosto le azioni esecutive diventeranno concrete.
Come evitare il pignoramento del conto corrente?
Se per il 2 agosto, o quando arriveranno, non riuscite a pagare le cartelle esattoriali in sospeso, si può accedere alla rateizzazione degli importi. È la soluzione più lineare, anche perché l’Agenzia delle Entrate consente una rateizzazione fino a 120 rate.
La domanda dovrà comunque essere presentata entro il 31 luglio. È l’unico modo per bloccare l’azione esecutiva e il prelievo forzato dei vostri soldi. Molto spesso però le famiglie non riescono a far fronte ad altre uscite mensili (come una rata per ripianare il debito con il fisco).
Non farsi accreditare stipendi o pensioni sul conto corrente serve a poco. L’Agenzia delle Entrate può intervenire presso il datore del lavoro o all’Inps. Una soluzione temporanea potrebbe essere quella di mantenere il saldo del corrente sempre in rosso, anche utilizzando un fido. E questo escamotage potrebbe rinviare di un po’ il pignoramento del conto corrente.
Ma si tratta comunque di soluzioni di corto respiro. Conviene provare a dilazionare il debito al massimo. Questo consente di avere il tempo necessario per provare a trovare le risorse necessarie. Come detto oltre al pignoramento del conto corrente sono a rischio anche stipendi e pensioni (sempre nei limiti imposto dalla legge).
Gli strumenti dell’Agenzia delle Entrate
Dal 28 maggio di quest’anno, l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di accedere alle anagrafiche dei rapporti finanziari. Cosa significa? Semplice: l’AdE ha la possibilità di avere a disposizione tutte le operazioni dei conto corrente. E quindi anche i rapporti bancari e l’entità della somma che avete depositato.
Quale conto corrente può essere pignorato?
Quale conto corrente può essere pignorato? Tutti. Non c’è nessun conto che possa salvarsi dalla scure del fisco. In alcuni casi si possono limitare i danni. In altri si è esposti in modo totale.
Come nel caso delle Partite Iva e dei disoccupati. Rischiano tutto quello che hanno. Non solo il conto corrente può essere pignorato, ma c’è la concreta possibilità (dipende dal debito e da quanto avete in deposito), che possa anche essere azzerato.
Ossia: l’Agenzia delle Entrate preleva tutto quello che può fino all’estinzione del debito.
Conto corrente pignorato: pensionati e dipendenti
Per i pensionati e i lavoratori dipendenti ci sono invece dei limiti al pignoramento del conto corrente e dei crediti vantati dallo Stato.
- Se il reddito non supera 2.500 euro si può pignorare 1/10 della cifra
- Se è compreso tra 2.500 e 5.000 euro 1/7 della somma
- Se supera i 5.000 euro 1/5.
Viene comunque escluso dal pignoramento l’ultimo stipendio o salario.
Il conto corrente cointestato
In questi casi conviene avere un conto corrente cointestato. Il deposito aggredibile è del 50%. Mentre se avete un conto dove va a confluire solo la rendita di una assicurazione sulla vita, ebbene quel conto non può essere neppure sfiorato dall’ente di riscossione.
Naturalmente il pignoramento del conto corrente non è possibile se il conto è in rosso.
Ma anche se è attivo un fido (un finanziamento acceso con la banca, che di fatto è un debito), l’Agenzia delle Entrate non può attivare nessuna azione esecutiva.
Quasi salvi anche i conto corrente dove si accreditano assegni di invalidità o accompagnamento. O meglio quegli importi non si possono toccare. Ma tutti quelli che eccedono rischiano di finire nelle mani del fisco.
Pignoramento immobiliare, quando non è possibile
L’Agenzia delle Entrate oltre al pignoramento del conto corrente può attivare l’azione esecutiva anche sull’immobile
Ma vediamo quando il pignoramento immobiliare non è possibile:
- se è l‘unico immobile di proprietà del debitore
- se il debitore vi risiede anagraficamente
- se non è di lusso (non è una villa o un edificio di valore storico o artistico).
Negli altri casi si può procedere al pignoramento dell’immobile se ci sono questi requisiti:
- l’importo complessivo del debito è superiore a 120mila euro
- il valore degli immobili del debitore è superiore a 120mila euro
- sono passati almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca e il debitore non ha pagato/rateizzato il debito o in mancanza di provvedimenti di sgravio o sospensione.