Il preoccupante trend dell’industria automobilistica è stato completamente svelato nelle scorse settimane, quando è stato dichiarato che l’Unione Europea ha visto un nuovo minimo storico di vendite nell’ultimo anno.
Secondo questi dati della ACEA (Association des constructeurs européens d’automobiles), in Europa le nuove immatricolazioni sono diminuite di un ulteriore 2,4% nel 2021 (9,7 milioni di veicoli), dopo il precedente record negativo del -24% nel 2020 dovuto alla pandemia da coronavirus.
Sicuramente, la situazione sanitaria resta una delle cause principali del crollo delle vendite, ma negli scorsi dodici mesi si è presentata un’altra crisi a colpire il settore: la scarsità di semiconduttori (i chip usati in molte auto tradizionali ed elettriche).
Gli esperti prevedono che le difficoltà si protrarranno anche nel 2022, pertanto gli interrogativi sulla causa della crisi mondiale dei microchip e sul futuro dell’industria automobilistica devono essere presi sul serio.
Cosa ha provocato la crisi dei chip?
Come per una qualsiasi altra carenza di prodotti, la crisi dei microchip riguarda i meccanismi di domanda e offerta e, come la maggior parte delle crisi avvenute negli ultimi due anni, anche questa è strettamente legata alla pandemia di Covid.
Quando la domanda di automobili è diminuita drammaticamente, nella prima parte del 2020 (mentre molte persone in tutto il mondo erano in lockdown), i produttori di microchip si sono rivolti verso altre direzioni, verso prodotti più richiesti: computer e dispositivi mobili, per esempio, che hanno visto un picco di domanda, per intrattenimento o per lavoro, perché molte persone si sono ritrovate confinate in casa. Il tutto accompagnato dall’ascesa di servizi come Zoom, Netflix, videogiochi online e offline e casinò online.
Mentre le aziende di elettronica assicuravano che i produttori di microchip sarebbero stati in grado di elaborare gli ordini, il settore automobilistico è stato espunto dall’elenco delle priorità assolute. Come se non bastasse, molte di queste aziende hanno fatto incetta di microchip, ordinandone più di quanto necessario per far fronte a eventuali carenze future.
Con l’allentarsi delle restrizioni il lento incremento della domanda, le case produttrici di automobili non sono state in grado di aumentare la produzione, proprio a causa dell’insufficienza di semiconduttori.
In tutto questo, a che punto è l’industria automobilistica?
Sebbene non sia l’unica a risentire direttamente della crisi dei chip, l’industria automobilistica è sicuramente fra quelle colpite più pesantemente. Volkswagen e Stellantis (holding nata dalla fusione tra i gruppi PSA e Fiat Chrysler Automobiles) prevedono che questi primi mesi del 2022 andranno un po’ a rilento, mentre Toyota (la maggiore casa automobilistica del mondo) ha annunciato che non raggiungerà il suo target annuale di produzione, pari a 9 milioni di veicoli.
Complessivamente, nel 2021, l’intero settore ha subito perdite che si aggirano intorno ai 210 miliardi di dollari.
Ma allora perché non vengono prodotti altri microchip?
Realizzare altri semiconduttori richiede un ingente investimento economico, investimento che, dal punto di vista dei fornitori, non ha molto senso. Espandere le fonderie attualmente esistenti, o costruirne di nuove, costerebbe miliardi di dollari e richiederebbe anni di tempo.
Investire tutti questi soldi e tempo solo per soddisfare la domanda dell’industria automobilistica non è un motivo abbastanza valido, agli occhi di molti.
Ci sono, tuttavia, alcune aziende che hanno ampliato le operazioni: Intel, TSMC e Texas Instruments hanno annunciato le loro intenzioni di realizzare nuove fabbriche o espandere i siti già esistenti. Considerando però il tempo da investire, molti di questi siti non saranno operativi almeno fino al 2025.
Insomma, quali sono le previsioni a breve termine?
A giudicare dalle previsioni di eminenti analisti e prominenti personalità del settore automobilistico, il 2022 sarà un altro anno difficile, data la prolungata carenza di semiconduttori. Verso gli ultimi mesi e verso il 2023, comunque, si attendono dei miglioramenti.
Jean-Marc Chery, presidente di STMicro (che produce microchip per varie aziende automobilistiche, fra cui Tesla), crede che la situazione di quest’anno sarà nettamente migliore rispetto al 2021, ma ha anche avvisato che il giusto equilibrio tra domanda, livello delle scorte e produzione non sembra molto realizzabile prima del 2023.
La società di consulenza finanziaria AlixPartners sembra essere d’accordo con le previsioni di Chery: in un’intervista a CNBC, il direttore esecutivo Dan Hearsch ha detto che, secondo lui, la crisi continuerà fino al secondo quadrimestre del 2022, con la possibilità che si protragga ulteriormente.