È stato rintracciato ed ascoltato l’uomo che lasciò il sedativo all’interno dell’abitazione di Alessia Pifferi, la donna che ha lasciato morire di stenti sua figlia Diana a Milano. La 37enne aveva segnalato ai soccorritori la presenza di un flacone di “En”, un sedativo, vuoto per tre quarti, su cui si indagherà per confermare che la sostanza rimasta sia davvero il potente tranquillante. Lei aveva raccontato che a lasciarglielo era stato un uomo con cui aveva avuto in passato una breve relazione, versione confermata dal diretto interessato, rintracciato e sentito ieri, martedì 26 luglio, dagli investigatori.
Alessia Pifferi, rintracciato l’uomo che lasciò il sedativo alla donna
Intanto, sempre nella giornata di ieri, sono arrivati i primi risultati dell’autopsia sul corpo della piccola Diana. I medici, si sono riservati di fornire risposte più precise solo quando avranno a disposizione parametri certi dagli ulteriori accertamenti.
Occorreranno alcune settimane per una prima relazione degli esperti, nominati nell’inchiesta della Squadra mobile, coordinata dal pm di Milano Francesco De Tommasi. Stando a quanto si apprende, sarà complicato provare ad individuare una causa precisa della morte avvenuta, già stando ai primi accertamenti, per stenti. Decisivi saranno, però, anche gli esti delle analisi della Polizia scientifica sul latte del biberon, trovato accanto alla piccola, per accertare se contesse benzodiazepine (c’era una boccetta di tranquillante in casa) fatte assumere, questo è il sospetto, dalla 37enne alla figlia.
“Perché il mio compagno non risponde al telefono?”, la preoccupazione di Alessia Pifferi in carcere
Da giorno dell’arresto il compagno ha spento il cellulare, non risponde neanche all’avvocata. Un silenzio che turba non poco Alessia Pifferi: “Si sente lasciata sola da lui ed è preoccupata perché non risponde al telefono. Le ho dovuto spiegare che è normalissimo che lui non abbia voglia di parlare con lei. Fuori la sua famiglia è sotto la lente d’ingrandimento dell’opinione pubblica”, ha raccontato a Fanpage.it l’avvocata. Che poi ha aggiunto: “È necessario lasciare il diritto alle persone che le stanno attorno il tempo di elaborare quanto accaduto e prendere una posizione, qualunque essa sia. Non è una cosa facile”.
Vuole andare ai funerali della figlia
Ha parlato nella mattinata di oggi mercoledì 27 luglio con i suoi avvocati difensori Alessia Pifferi, la donna in carcere con l’accusa di aver ucciso di stenti la figlia di 18 mesi. “La donna è ancora sotto shock, vive in una bolla. E non si rende ancora conto quello che è accaduto. Stamattina ha detto che voleva la sua bambina, che voleva andare ai funerali”, spiega Fanpage.it l’avvocata Solange Marchignoli, che la difende insieme al collega Luca D’Auria.
Sorveglianza speciale per Alessia Pifferi
Per Alessia Pifferi, la madre che ha ucciso la piccola Diana è stata disposta la sorveglianza speciale e l’isolamento per evitare gesti estremi nel carcere o violenze da parte degli altri carcerati nei suoi confronti.
Alessia Pifferi non ha mai voluto sua figlia Diana. Secondo gli inquirenti ha vissuto come se non fosse mai esistita, raccontando bugie su bugie a tutti. Ha perfino organizzato un finto battesimo solo per avere in cambio soldi e regali. Alessia Pifferi e il suo nuovo compagno Mario D’Ambrosio, elettricista 58enne originario di Leffe, in provincia di Bergamo, giravano tranquilli e spensierati alla festa di paese mentre la figlia della 37enne, Diana, moriva di stenti in casa. È quanto emerso nelle ultime ore. Una vicenda inquietante che ha lasciato tutti attoniti e senza parole.
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Alessia Pifferi con il compagno alla festa di paese mentre la figlia Diana moriva
A tutti coloro che si chiedevano dov’era sua figlia lei rispondeva che la bimba stava bene ed era al mare con la sorella Viviana. Tutto falso purtroppo: mentre lei si divertiva la piccola Diana moriva lentamente in casa. Bugie raccontate anche all’uomo della sua vita, lo stesso per cui aveva abbandonato sua figlia per una settimana.
Quando il compagno le chiede infatti perché non porti più spesso la bambina a Leffe, quando lo va a trovare, lei ribatte: “Preferisco venire senza la bimba, così posso finalmente respirare”. E, durante quella settimana trascorsa sempre insieme, si giustifica così davanti a lui: “Sta bene, è con la babysitter”.
Chi è Alessia Pifferi, accusata di aver ucciso la figlia
Ragazza madre, ha partorito la piccola Diana al settimo mese in casa. Con l’ex marito, che non è il padre della bimba, non c’è più alcun rapporto nonostante vivano sullo stesso pianerottolo. Il nuovo compagno è un elettricista di 58 anni di Leffe, paese della Bergamasca, dove la donna si è recata giovedì 14 luglio lasciando da sola la piccola a casa.
Gli inquirenti: “Ha vissuto come se figlia non fosse mai esistita”
Proprio nel paesino, i residenti che conoscono la coppia descrivono la Pifferi come una “madre premurosa che pareva adorasse la figlia”. Gli investigatori, al contrario, dopo aver ascoltato le sue risposte alle loro domande, ritengono che la 37enne abbia vissuto facendo finta di non averla mai avuta.
Ha organizzato il finto battesimo per ricevere i soldi in regalo
Stando a quanto ricostruito finora dagli inquirenti che hanno interrogato un’amica di famiglia di Alessia Pifferi, la 37enne avrebbe comunicato ad amici e parenti di aver fissato il battesimo della piccola Diana. Il sacramento però non è mai stato ricevuto dalla piccola, così come non c’è mai stata una festa per celebrare il momento. Al contrario, la Pifferi ha ricevuto i consueti regali per l’occasione da tutte le persone avvisate. Alla donna, scrive ancora il Corriere, la bimba è servita solo per muovere pietà e raccimolare un po’ di soldi oltre a un braccialetto d’argento. Le bugie della madre della bambina si sono susseguite nel tempo.
Alessia Pifferi ha partorito Diana in bagno
La vita della piccola Diana non è stata solo breve ma anche molto triste. Una bimba mai voluta dalla madre Alessia Pifferi. La bambina morta di fame e sete dopo essere stata lasciata da sola in casa per una settimana, è nata un anno e mezzo fa nel bagno i casa. La piccola Diana ha trascorso i primi 30 giorni di vita in un reparto di ospedale dove era stata ricoverata per problemi legati ai reni scaturiti dalla nascita prematura. Nel reparto ci era tornata due mesi portata dalla nonna mentre sua madre era a Montecarlo con il compagno di allora.