Lo smart working assume un ruolo sempre più centrale nell’ottica delle organizzazioni aziendali. Talvolta, il suo impiego è funzionale anche come leva di engagement, ovvero attrazione verso una razionale e complessiva vision di management digitale, fino ad essere confuso tra le nuove politiche di welfare aziendale.
Il lavoro agile, però, incontra le resistenze di alcune organizzazioni non ancora pienamente attrezzate, rallentate da insufficienti competenze digitali di base e specifiche, necessarie per lo svolgimento di alcune mansioni. Inoltre, la sua scarsa diffusione è imputabile ai farraginosi modelli gerarchici burocratici delle varie amministrazioni e dalla tendenza delle aziende ad avere un generale “controllo fisico” della presenza del lavoratore negli spazi aziendali durante lo svolgimento delle attività lavorative.
L’importanza dello smart working nelle organizzazioni aziendali
Il classico significato dello smart working, inteso come differente modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, è stato implementato soprattutto durante l’emergenza pandemica, a partire dal 2020. Alla sua originaria concezione è stata aggiunta una serie di benefici e vantaggi per il lavoratore ed anche per le stesse organizzazioni, al punto da essere ricompreso spesso nelle nuove forme di welfare aziendale, quali incentivi all’occupazione e work-life balance.
Tra i vantaggi è possibile annoverare: migliore distribuzione del tempo e delle esigenze lavorative-professionali, risparmi in termini di trasporti, minori disagi e minore dispersione di tempo per raggiungere il luogo di lavoro, orari lavorativi maggiormente flessibili e notevoli risparmi di spazi e di costi per l’organizzazione aziendale.
Considerando, poi, la galoppante inflazione, lo smart working potrebbe rappresentare un’astuta occasione di risparmio economico per le organizzazioni pubbliche e private. Per tamponare il problema dei rincari, oltre che per il contrasto all’emergenza energetica, Flp e Cse hanno offerto una soluzione. Al fine di favorire al massimo il risparmio energetico, limitando notevolmente gli spostamenti e quindi il consumo di carburante, lo smart working potrebbe rendere maggiormente sostenibile il delicato momento storico. Al tempo stesso tale misura organizzativa rappresenta un implemento delle spese energetiche per i lavoratori, da colmare attraverso le nuove policy di welfare.
Il ruolo dell’Hr Management per lo sviluppo dello smart working
Anche l’implemento delle attività in smart working, all’interno delle diversificate organizzazioni pubbliche e private, è spesso spinto dai dipartimenti delle Human Resource, supportati da strumenti tecnologici e software integrati. Proprio in questo dipartimento è maggiormente apprezzabile la reale portata della nuova forma di organizzazione del lavoro, quale possibilità di sviluppo per tutte le organizzazioni, ancor più se strutturate adeguatamente.
La nascita dell’Electronic Human Resource Management è un riflesso diretto della pervasività della digitalizzazione all’interno di ogni struttura organizzativa. Ad esso è perlopiù imputabile il virtuoso incontro tra le strategie, le policy e le best practices relative anche alla gestione integrata delle risorse umane, grazie all’apporto dei differenti strumenti digitali.
In effetti, in virtù dell’estrema flessibilità raggiunta demandando parte del lavoro ai nuovi strumenti digitali, è possibile traslare molteplici attività anche al di fuori degli uffici. Ecco perché, soprattutto in questo settore, è possibile toccare con mano l’importanza dell’implemento dello smart working all’interno dei processi organizzativi aziendali, quale forma mista o addirittura univoca della gestione del personale. I software esistenti ed ideati negli ultimi anni permettono di svolgere in piena autonomia, anche lontano dal contesto aziendale, alcune funzioni tipiche del dipartimento delle risorse umane. Le attività di recruiting, la formazione, le attività di coaching, la riorganizzazione dei servizi, gli incentivi al personale il sistema di gestione e di valutazione delle performance rappresentano soltanto alcuni esempi.
L’uso di competenze digitali all’interno del settore dell’Hr, richiede lo sforzo da parte di chi le impone di garantire un clima di fiducia e di collaborazione, anche senza le tipiche modalità di relazione “face to face”.
Ciò costituisce una sfida per il Management aziendale, che dovrà essere capace di indurre ad un cambiamento culturale, possibile attraverso l’introduzione di continui piccoli step.
Smart Working e Work balance life
Il lavoro agile rappresenta un indiscutibile passo avanti nel percorso avviato verso la conciliazione delle esigenze professionali e familiari. Tale motivo ha portato spesso a ricomprendere lo smart working nelle politiche di welfare aziendale. Anche il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” ha accentuato tale profilo, rimarcando soprattutto l’importanza del lavoro agile quale strumento necessario per favorire il work balance life, ovvero il corretto equilibrio vita-lavoro.
Nello specifico il protocollo ha evidenziato la necessità di un “bilanciamento tra sfera personale e lavorativa, dell’autonomia e della responsabilità individuale verso il raggiungimento degli obiettivi, favorendo altresì un risparmio in termini di costi e un positivo riflesso sulla produttività”. Infatti, non di rado nella contrattazione collettiva questi due strumenti sono ricondotti a un quadro più ampio di pratiche organizzative volte a sostenere il benessere del lavoratore e la sua conciliazione tra vita professionale e vita privata.
Welfare e smart working per le organizzazioni come nuova idea di Management
Nell’era post pandemica lo smart working ed il welfare aziendale appaiono come catalizzatori fondamentali per le trasformazioni delle organizzazioni aziendali. I due istituti, seppur distinti tra loro, viaggiano su binari paralleli, talvolta intersecati o confusi nelle iniziative di sostegno al benessere dei lavoratori.
L’ennesimo passo verso un accorpamento tra i due istituti è stato realizzato con il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” dell Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la partecipazione delle principali sigle di rappresentanza datoriale e sindacale. La stipula del protocollo è altresì riconducibile alla necessità di fornire un preciso indirizzo in merito alla corretta applicazione dell’istituto dello smart working per le organizzazioni private.
Anche in funzione dell’engagement aziendale, lo smart working assume un ruolo fondamentale, divenendo strumento di inclusione e partecipazione per lavoratori con particolari esigenze professionali o personali. Oltre al tradizionale binomio vita-lavoro, il lavoro agile si colloca al centro del mercato del lavoro anche per i lavoratori affetti da disabilità o malattie croniche. Il protocollo succitato espone, all’articolo 10, l’esigenza dell’implemento dello smart working come forma di tutela per i “lavoratori fragili e disabili, anche nella prospettiva di utilizzare tale modalità di lavoro come misura di accomodamento ragionevole”.
Lo Smart Working e i possibili scenari nelle organizzazioni aziendali
Oltre 3milioni e mezzo di italiani espletano le proprie mansioni in smart working, nonostante la fine delle restrizioni imposte dalla pandemia. L’emergenza sanitaria ha accelerato il rapido ricorso al lavoro agile, modificando strutturalmente tutte le organizzazioni lavorative ed apportando un forte impatto sull’introduzione di software e tecnologie.
Attualmente, a causa del rallentamento del Covid, la platea è stata notevolmente ridotta, ma sarà destinata ad aumentare, secondo il rapporto del Politecnico di Milano. Il lavoro agile può rappresentare un evidente risparmio per le aziende di grandi dimensioni (circa 500 euro annuali per postazione lavorativa), flagellate dall’aumento dei costi energetici.
Il problema, dunque, potrebbe essere riversato sui lavoratori costretti a sobbarcarsi il costo dell’energia elettrica, stimato in circa 400euro l’anno. La spesa dell’attività lavorativa sarebbe a carico dello smart worker ed inciderà notevolmente secondo l‘Osservatorio smart working del Politecnico di Milano. Al tempo stesso, quantizzando i costi degli spostamenti per recarsi al lavoro in circa mille euro l’anno, potrebbe comunque intravedersi una forma di risparmio.
I differenti punti di vista sullo Smart Working
Anche il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha affermato che l’utilizzo dello smart working, durante l’emergenza sanitaria, “non ha determinato un declino della produttività, che invece è cresciuta del 12,5%”. In occasione di un convengo sul tema “Innovazione e sviluppo delle persone per un servizio migliore ai cittadini”, Tridico ha anche sottolineato come durante la fase pandemica i volumi di lavorazione dell’Inps siano stati incrementati.
Lo smart working “è una forma di lavoro che deve entrare nella quotidianità di una grande azienda di servizi quale siamo”, ha aggiunto.”Circa il 78% dei dipendenti ha potuto eseguire tutte le attività abitualmente svolte in ufficio. L’efficacia percepita del lavoro è aumentata (42%) o rimasta invariata (47%). Marginale la quota che segnala peggioramenti. Giovani e personale operativo sono i più entusiasti e propensi a continuare a utilizzare forme di lavoro agile. Larga parte associa allo smart working aspetti positivi e vantaggi organizzativi“.
Nel suo intervento, poi, il presidente dell’Istituto ha spiegato il nuovo ruolo della PA nella ripresa post pandemica. “Nel 2017 il settore pubblico nei paesi Ocse impiegava in media il 17,9% dei lavoratori, in Italia circa il 15%. Dal ’90 in poi l’occupazione si è ridotta. Oggi il pubblico impiego è un fattore di ripartenza. Il Pnrr va nella direzione di ricostruire un piano occupazionale nel pubblico impiego”. “C’è molto da fare e bisogna ripartire nella crescita dell’occupazione pubblica. Sarebbe uno spreco formare talenti se poi non venissero assorbiti tanto nel pubblico quanto nel privato”, ha concluso Tridico.
” Non fermarsi ad una flessibilità di facciata, legata solo alla possibilità di lavorare da casa, ma far evolvere anche il modo di lavorare. Quindi, andare verso un modo di lavoro per obiettivi”, ha affermato Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
La posizione della Flp sullo smart working
Dello stesso parere è Marco Carlomagno, Segretario della Federazione Lavoratori Pubblici, che incalza sulla questione in occasione dell’evento Smart Working “il lavoro del futuro al bivio”, durante la presentazione dei risultati pubblicati dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.
“Bisogna dare autonomia e fiducia ai dipendenti in cambio di risultati”, ha commentato il Segretario della Flp al termine dell’evento. “I risultati devono essere resi in favore dei cittadini, delle famiglie e delle piccole/medie imprese. Questo cambia con il lavoro agile, sia in presenza che a casa, eliminando la burocrazia e gli sprechi di tempo”.
Il Segretario Carlomagno, da sempre in favore dello smart working quale virtuosa modalità di organizzazione lavorativa, rileva che attualmente non vengono presi in considerazione i sistemi equi di valutazione delle performance professionali, bensì ci si preoccupa della “presenza in ufficio” dei lavoratori. Ciò risalta “scarsa autonomia ed una bassa fiducia nei confronti del lavoratore. Oltre all’aumento dei possibili costi per i dipendenti, bilanciati in parte con i nuovi rinnovi contrattuali e con la possibilità di ridurre i costi dei trasferimenti per recarsi sul luogo di lavoro, si ravvisa il problema della vivibilità delle città, del consumo del Co2.
I lavoratori hanno la possibilità di scegliere come svolgere la prestazione lavorativa ed il lavoro agile consente un miglior benessere ed il più ampio equilibrio possibile, aumentando la produttività ed i risultati raggiunti, come insegnano gli studi delle prestigiose università”, ha concluso Carlomagno.