Politica

La provocazione della Santanchè: “Dare le spiagge libere ai privati, per toglierle a tossicodipendenti e rifiuti”

La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha lanciato la sua provocazione, lasciare le spiagge ai privati, durante l’assemblea di Confesercenti, che si è tenuta oggi, 13 dicembre.

La ministra Santanchè e la sua provocazione di lasciare le spiagge libere ai privati

Le spiagge libere in Italia sono da privatizzare, perché vengono abbandonate ai tossicodipendenti e vengono trasformate in discariche a cielo aperto.

Preferisco non parlare di deleghe che non sono mie, le ha il ministro Musumeci: io sono sempre stata tirata in ballo per il conflitto di interessi, speravo che le competenze fossero importanti“. La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, con un riferimento alla sua esperienza imprenditoriale risponde così, dal palco dell’assemblea di Confesercenti, ad una domanda sulle concessioni balneari.

Le spiagge libere in Italia sono da privatizzare, perché vengono abbandonate ai tossicodipendenti e vengono trasformate in discariche a cielo aperto. “L’intenzione politica è che dobbiamo fare le cose bene, non aprire la strada alle multinazionali, non svendere questo patrimonio, studiare, fare una mappatura… ci vorrà del tempo. E poi fare delle gare che consentano a chi fa questo lavoro di continuare a farlo“.

Nel suo intervento all’Assemblea di Confesercenti ha spiegato il suo progetto, partendo dai tempi burocratici: “Credo che prima di otto mesi, un anno non saremo in grado di fare le gare” per le concessioni balneari, ma “io credo sia meglio assegnare prima le spiagge che non sono assegnate”.

E aggiunge una “provocazione“: “sarebbe bene prima assegnare quelle spiagge che ora non sono assolutamente servite: ci sono tossicodipendenti, rifiuti. Nessuno pensa a tenerle in ordine: forse si potrebbe cominciare da lì. Dovrebbero poi essere ovviamente fruibili da tutti“.

Consegnare le spiagge alle multinazionali

E sulle spiagge sottolinea ancora: “Consegnarle a delle multinazionali ci toglierebbe le nostre peculiarità, come un certo tipo di cibo, un certo tipo di accoglienza. Mi fa sentire male l’idea: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melenzane, cose che fanno parte della nostra identità”.

Daniela Santanché