Una storia triste quella di Leopoldo Socche, il portiere dell’Università costretto a vivere in auto dopo la separazione. Dal 4 giugno scorso dorme in auto alle porte di Padova, nella sua Fiat Panda bianca rimasta la sua unica dimora. Divorziato, un’ex moglie di origini ucraine che riceve un assegno di mantenimento di 400 euro.
Leopoldo Socche, costretto a vivere in un auto dopo la separazione
Una storia triste, di dignità violata, di voglia di ribellarsi a un destino ingiusto, di determinazione a non arrendersi. Leopoldo Socche, 64 anni, dal 4 giugno scorso dorme in auto alle porte di Padova, nella sua Fiat Panda bianca rimasta la sua unica dimora. Divorziato, un’ex moglie di origini ucraine che riceve un assegno di mantenimento di 400 euro, un figlio disabile, un’altra figlia, due nipoti.
Socche lavora per conto di Civis all’Università di Padova come vigilante, percepisce uno stipendio base di 800 euro, che arriva a 1200 grazie agli straordinari che ogni giorno l’uomo si sobbarca per provare a resistere. In questi ultimi giorni in cui il caldo picchia duro, dormire in auto è ancora più difficile, fra temperature impossibili e ragazzi che rendono le ore di sonno un autentico incubo. Lo racconta lui stesso davanti alla sede dei Servizi sociali in pieno centro cittadino: «Mi hanno svegliato diverse volte – racconta il signor Leopoldo – non c’è rispetto e questo mi rende ancora più difficile la vita. Lavoro per conto di Civis all’Università di Padova dal 2020, prima ero stato dirottato in epoca Covid all’ospedale di Cittadella. Quando mi sono separato sono cominciati i problemi, perché con grande fatica ho trovato un piccolo monolocale di 15 metri quadri. I conti sono presto fatti. 680 euro di affitto intestato a me, 400 di mantenimento, più la benzina per spostarmi dalla provincia alla città. Ho sforato il budget che avevo, non ho neppure i soldi per mangiare e l’amico che mi aveva affittato un magazzino dove alloggiavo dopo qualche mese mi ha comunicato che non poteva più tenermi dentro».
Le parole di Leopoldo Socche, il portiere dell’Università
Socche parla con la sofferenza dipinta in viso, quando racconta il peregrinare fra Comune di Padova, Caritas, Comune di Limena dove risiede e Servizi sociali: «Per un po’ di tempo ho avuto un aiuto dalla Caritas ma poi le cose sono cambiate. Ho scritto una lettera ai Servizi sociali, ma non ho ottenuto nulla. Il Comune di Padova, a cui mi sono rivolto, mi ha detto che devo bussare a Limena, dove risiedo, ma anche qui non ho ottenuto nulla, se non tanta rabbia e frustrazione» racconta Leopoldo. Socche si sfoga subito dopo: «Faccio una vita da miserabile e non mi sembra giusto. Ho valori cristiani molto alti, che mi aiutano a reggere in questa situazione», ammette .
Il signor Leopoldo ha aperto anche una pagina Facebook chiamata «Associazione per la tutela dei diritti degli italiani»: «Cerco di far conoscere la mia storia e sto raccogliendo donazioni per andare avanti. In questo momento non so cosa accadrà e che ne sarà della mia vita. Sono cardiopatico, quattro anni fa ho avuto un infarto e ho due stent coronarici. Spero che qualcuno mi aiuti», racconta. Lo sta facendo il sindacato Adl Cobas, ieri presente con il suo rappresentante Marco Zanotto: «Questo è solo un esempio dei contratti di lavoro povero firmati da altri sindacati. Ecco il risultato, ossia una persona privata della propria dignità. Cercheremo di sostenerlo nei modi che ci sono permessi», spiega Zanotto .
Dall’Università di Padova, infine, solo una laconica presa d’atto della situazione: «Abbiamo un contratto d’appalto con Civis – spiegano – e non possiamo controllare le condizioni dei suoi dipendenti. Ci dispiace e ci auguriamo per il signor Socche che venga presto trovata una soluzione».