Grande successo per il concerto a Castel Volturno, “Jova Beach Party“, tanto che dopo qualche giorno, evento fa ancora parlare di sé. Una tribù al ritmo del funk.
Il “Jova Beach Party” di Castel Volturno
Jova santificato. Jovanotti osannato. Lorenzo Cherubini – in arte Jovanotti – in terra venerato. La sua tribù, e sono famiglie, coppie, single, gay, adolescenti e post-adolescenti, adulti coraggiosi nel saper essere fanciulli onnivori, è pronta al suo richiamo da jungla pacifica e pacifista. E ambientalista, considerato che il suo “Jova Beach Party” ha quale priorità quella di lasciare le spiagge che incontra lungo l’itinerario più belle e sane (possibilmente) di come erano prima che atterrasse il suo Discovery del ritmo. Gli viene così naturale, rendere tutto una performance. Lui che già alle consolle delle discoteche, e nei videoclip, e nei testi delle canzoni o nei set negli stadi ha celebrato il rito pagano e laico dello stare insieme per medium della musica – sia dance, pop, afro, reggae, edm, funk, cubana – questa volta spinge i suoi desideri nelle galassie dell’evento live. Quella visione di portare sul bagnasciuga i ritornelli della forma-canzone l’ha avuta meno di anno fa. Da lì è stata tutta una rincorsa gigantesca per far sì che il sogno prendesse sembianze e corpo.
Immaginando Castel Volturno la sua città invisibile almeno per un giorno, Jovanotti manipola l’immaginazione. Trasforma il litorale dove morì mama-Africa Miriam Makeba, e dove Edoardo De Angelis e Matteo Garrone hanno raccontato brutalità e violenze, alienazione e peccati nel santuario del buonumore. Sorridono, ridono, festeggiano, si amano e si baciano (quasi) tutti. Felici di essere nel medesimo posto nello stesso momento.
Al concerto tutti tifano per la stessa squadra
Poiché è questo il senso di un concerto. Non c’è la separazione ultras delle partite di pallone. Qui tutti fanno gol nell’identico istante. E si inizia a fare gol già nel pomeriggio coi tanti ospiti radunati da Jovanotti e accolti ora sullo Sbam Stage ora sul Kontiki Stage.
Dj Ué Cervone, Rocco Hunt, The Liberation Project, Bombino, Ackeejuice Rockers, Enzo Avitabile con il suoi fedeli e instancabili Bottari di Portico. Il party è gioioso, furioso, ondoso. Certo, qualche privazione la spiaggia la presenta.
L’area destinata allo show è sterminata. Ci sono poco più di 30 mila spettatori, le zone parcheggio sono 3. Ci sono stand di cibo di ogni sorta; beverage; preservativi, giochi d’acqua, gare di ballo, tatuaggi provvisori, power yoga, e tante postazioni riservate alla conoscenza della salvaguardia ambientale. Estathé e Corona provvedono a informare la platea sulla necessità della raccolta differenziata dei rifiuti e di come e quanto si possano riciclare i materiali (alluminio, acciaio, plastiche) fino a produrre biciclette, arredi urbani, portamatite.
Jovanotti si intrufola qua e là nelle esibizioni dei suoi ospiti. Con uno scratch, una frase a effetto, una risata smisurata. Officia alle nozze di Cristina e Agostino (che hanno già anche una figlia assieme) e si inventa uno speciale omaggio per l’amico scomparso Pino Daniele. Chiama accanto a sé Enzo Avitabile e sale alle stelle il groove di Yes I Know My Way. Impavidi e allegri, Jovanotti e la band composta da Saturnino, Riccardo Onori, Christian Rigano, Gianluca Petrella, Franco Santernecchi e Leo di Angilla sono là per improvvisare mescolando black sound, tradizione italiana e intuizioni folk (ondeggiando in tammurriate e tarantelle). Se la folla canta invocando un hit loro assecondano senza rinunciare al beat che hanno nei polmoni. E così le tre ore del suo concerto sfilano via come un’avventuroso indovinello. Proprio perché a ogni concerto di questo speciale e imprevedibile beach tour si cambia radicalmente scaletta e sequenza, affidandosi alla percezione del momento. Il rito è compiuto. Buona strada, Jova. Hai davanti un altro viaggio e una città per cantare.