Cronaca

Vedova si risposa ma per 43 anni continua a incassare la pensione di reversibilità del primo marito

Immagine di repertorio
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La vicenda di una donna residente in provincia di Piacenza ha sollevato un caso di percezione indebita di erogazioni pubbliche. Il suo primo marito era deceduto nel 1978, e dopo essersi risposata l’anno successivo, ha continuato a ricevere per 43 anni la pensione di reversibilità. Martedì, è stata condannata a un anno e dieci mesi di reclusione (pena sospesa e senza menzione nel certificato penale) e al risarcimento di 280.160 euro a favore dell’INPS, che si era costituito parte civile.

Muore il marito e riceve la pensione per oltre 40 anni: condannata

Secondo quanto riportato dalla Gazzetta di Parma, la donna, ora 78enne, non ha mai informato l’INPS del suo nuovo matrimonio, continuando così a ricevere mensilmente circa 600 euro sul suo libretto postale. La domanda per la pensione di reversibilità, legata al decesso del primo marito, era stata presentata qualche mese prima delle nuove nozze, che sono avvenute esattamente un anno dopo. L’INPS aveva approvato la liquidazione della pensione nel dicembre 1979, dopo il matrimonio. La normativa vigente richiede che ogni variazione del proprio stato civile venga segnalata all’INPS entro 30 giorni.

Nel documento della denuncia si legge che la donna non solo non ha fornito l’informazione necessaria al momento dell’emissione della pensione, ma ha continuato a percepirla omettendo di comunicare il cambiamento del suo stato civile per tutto il tempo successivo. Solo nel dicembre 2022 una verifica da parte della sede INPS di Parma ha rivelato la situazione. Davanti al giudice, la donna ha spiegato: “Signor giudice, ho sempre presentato la documentazione richiesta dal Caaf e non mi è mai stato detto nulla, quindi pensavo fosse tutto in regola.” Il suo legale ha aggiunto che l’INPS non aveva mai contestato nulla in tutto questo periodo.

Optando per il rito abbreviato, la donna ha potuto beneficiare di uno sconto di un terzo della pena, riducendola a un anno e dieci mesi, ma è comunque obbligata a restituire l’importo indebitamente incassato nel corso degli anni, come stabilito dal giudice.

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