Cronaca Salerno, Salerno

Bufera Alfieri: il sindaco usava i ‘pizzini’ per evitare di essere intercettato

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Franco Alfieri

L’inchiesta condotta dalla procura di Salerno coinvolge Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum e presidente della Provincia, accusato di aver utilizzato il suo potere istituzionale per favorire interessi personali e aziendali legati al suo territorio. Sebbene non faccia parte delle contestazioni ufficiali, le intercettazioni ambientali rivelano che Alfieri avrebbe sfruttato la sua posizione per ottenere vantaggi, come dimostra il caso delle strade da includere nel progetto di illuminazione pubblica.

Due di queste strade, gestite dalla Provincia, sarebbero state “agevolate” tramite l’intervento di un dipendente provinciale per bypassare problemi burocratici, come confermato dal giudice per le indagini preliminari (GIP) come riportato dall’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.

Arresto Alfieri, i pizzini per evitare le intercettazioni

Alfieri è stato arrestato e incarcerato nel penitenziario di Fuorni, principalmente per il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Le indagini rivelano che il sindaco avrebbe orchestrato appalti in modo da favorire una ditta a lui vicina, la Dervit spa, gestita da Vittorio De Rosa e Alfonso D’Auria (entrambi agli arresti domiciliari), al fine di facilitare ulteriormente la Alfieri Impianti, un’impresa formalmente guidata dalla sorella Elvira Alfieri, anch’essa agli arresti domiciliari. Inoltre, Carmine Greco, responsabile tecnico del Comune di Capaccio Paestum, è stato coinvolto nell’inchiesta, mentre Carmine Landi, un tecnico che avrebbe firmato progetti non suoi in cambio di una parcella non pagata di 70.000 euro, è indagato in stato di libertà.

Il GIP, nell’ordinanza, ha sottolineato la “spregiudicatezza” degli indagati, evidenziando che, nonostante le perquisizioni già avvenute, le loro attività “anomale” sono proseguite. Il sindaco Alfieri avrebbe cercato di ottenere anche l’affidamento dei lavori per la costruzione della Fondovalle Calore, utilizzando espedienti per evitare intercettazioni, come il ricorso ai “pizzini” – bigliettini scritti e poi distrutti – per dare istruzioni su appalti e gare d’appalto. Si parla anche di gesti che mimano il denaro, segno della consapevolezza di essere al centro delle indagini, ancor prima di esserne ufficialmente informato. Il GIP lo definisce “il dominus del potere decisionale” in questo sistema di gestione degli appalti, sottolineando il suo controllo su tutte le fasi cruciali del processo.

I lavori alla Fondovalle Sele

Una delle vicende più significative riguarda i lavori alla Fondovalle Sele, in cui Alfieri viene visto fare gesti con le mani che alludono al denaro, scrivere biglietti e poi distruggerli. In un altro episodio, Alfieri avrebbe ordinato a un collaboratore di “bonificare” il suo ufficio con un metal detector per rilevare eventuali microspie, dimostrando un’attenzione costante nel proteggersi da possibili intercettazioni. Inoltre, quando determinati interlocutori si presentavano nel suo ufficio, Alfieri abbandonava la stanza insieme ai suoi collaboratori per evitare che le conversazioni potessero essere registrate, come nel caso di un tale Rinaldi, che insisteva affinché le conversazioni riguardassero solo “cose buone”.

La procura di Salerno ha identificato ulteriori irregolarità nelle fatture relative all’acquisto di materiali da parte della Alfieri Impianti. Le analisi finanziarie condotte hanno rivelato che la Dervit, azienda che aveva affidato in subappalto i lavori alla società di Alfieri, ha pagato per gli stessi materiali un prezzo superiore rispetto a quanto pagato dalla Alfieri Impianti, nonostante entrambe avessero lo stesso fornitore, Aec Illuminazione. In particolare, alla società di Alfieri sarebbe stato concesso uno sconto del 6,20%, con la Dervit che ha speso 220.360 euro per materiali mentre la Alfieri Impianti ha ricevuto complessivamente 995.735 euro per forniture e manodopera. Questo squilibrio economico è stato interpretato dai consulenti della procura come una rinuncia “inspiegabile” della Dervit a un potenziale profitto di 250.000 euro, una somma che è stata sequestrata preventivamente in quanto ritenuta frutto di attività corruttive.

In definitiva, l’indagine sembra delineare un sistema ben orchestrato in cui il sindaco Alfieri ha sfruttato la sua posizione istituzionale per gestire appalti e favorire interessi familiari e personali, utilizzando strategie di occultamento e manipolazione degli iter amministrativi e finanziari.

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