Un accumulo di posta mai consegnata, risalente a oltre dieci anni fa e pesante circa quaranta chili, è stato scoperto nell’abitazione di una postina di Cassino, città del sud della provincia di Frosinone. La donna, incaricata della consegna di corrispondenza in una specifica zona della città, è stata denunciata dalla Polizia per la mancata consegna di lettere e documenti ufficiali, tra cui bollette non recapitate sin dal 2014 e atti giudiziari risalenti al 2016. La situazione era emersa grazie alle numerose segnalazioni dei residenti della zona, che lamentavano ingiunzioni di pagamento per bollette mai ricevute.
Frosinone, postina non consegna la posta per oltre 10 anni
Gli agenti del Commissariato di Cassino, insospettiti dalle segnalazioni, hanno effettuato un controllo presso l’abitazione della portalettere. Con il pretesto di verificare la presenza di droga o armi, hanno subito notato un pacco di posta non consegnata sul mobile d’ingresso. Interrogata, la donna ha tentato di giustificarsi, spiegando di non aver potuto completare il giro di consegne del giorno precedente a causa di un forte mal di schiena, ma che avrebbe recuperato il lavoro nel turno successivo.
Tuttavia, una perquisizione più approfondita ha rivelato una stanza quasi interamente riempita da migliaia di lettere, raccomandate e documenti rimasti accumulati per anni. Ulteriore corrispondenza è stata trovata anche nel portabagagli dell’auto della donna.
Le indagini hanno rivelato che, a fine giornata, la portalettere riportava la posta a casa, la riponeva in una busta della spesa e la lasciava accumulare. In caso di lamentele, recuperava solo le lettere degli ultimi giorni; se nessuno protestava, la posta restava lì, mai consegnata. Poste Italiane, informata della situazione, ha provveduto a formalizzare la denuncia.
Le indagini
La Polizia, sotto la direzione del vice questore Flavio Genovesi, ha inoltrato il caso alla Procura della Repubblica, contestando alla donna il reato di “sottrazione di corrispondenza”. Sono in corso ulteriori verifiche per accertare se vi siano plichi aperti, poiché in tal caso potrebbe aggiungersi l’accusa di “violazione della corrispondenza”.
Al momento, non risultano buste manomesse, nemmeno quelle contenenti potenziali valori come assegni o tessere bancarie, il che fa pensare che l’intento della donna non fosse di appropriarsi di beni altrui. Tuttavia, appare difficile giustificare un ritardo decennale nella consegna con un problema di salute, come il mal di schiena addotto come scusa.