Cronaca

Sud, decontribuzione al 25%: spunta la stretta sulla Naspi

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Foto di repertorio
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Una nuova stretta da parte del governo contro i furbetti dalla Naspi. Cioè contro quei dipendenti che – non presentano le dimissioni e spingono l’azienda a licenziarli per non perdere l’indennità di disoccupazione

Sud, decontribuzione al 25%, spunta una nuova stretta sulla Naspi

Il governo ha inasprito le misure contro i furbetti della Naspi, ossia quei lavoratori che, pur decidendo di terminare il loro rapporto di lavoro, non presentano le dimissioni per spingere l’azienda a licenziarli, così da non perdere l’indennità di disoccupazione. Questo comportamento costringe l’Inps a pagare prestazioni non dovute. Secondo la normativa in vigore dal Jobs Act, la Naspi non è erogata in caso di dimissioni volontarie. Dopo una norma già inclusa nel disegno di legge sul lavoro approvato giovedì scorso, l’esecutivo ha inserito nella legge di bilancio un’ulteriore misura per contrastare questi escamotage.

Sul fronte della Finanziaria, i lavori in commissione Bilancio riprendono oggi dopo uno stallo nei giorni scorsi. Il centrodestra deve accelerare per approvarla alla Camera entro il fine settimana. Con l’intenzione di andare in Aula già domani, per poi arrivare al voto finale al Senato prima di Natale. I tempi sono molto stretti. Nel frattempo, le opposizioni – tranne Azione – hanno scritto al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, criticando il comportamento del Ministero dell’Economia e dei relatori di maggioranza, accusati di non aver presentato le relazioni tecniche sugli emendamenti depositati.

Le minoranze lamentano inoltre l’incertezza sulle coperture finanziarie di misure costose, come il taglio all’Ires premiale e l’estensione della flat tax alle partite IVA, decise durante il vertice dei leader di governo. Le opposizioni hanno quindi richiesto una riscrittura e suddivisione delle norme con le modifiche alla manovra. La richiesta è stata respinta in serata dallo stesso Fontana, che ha spiegato che saranno sufficienti «le relazioni illustrative».

I correttivi

Tornando agli ultimi aggiustamenti alla manovra, è stata introdotta una nuova misura contro i furbetti della Naspi. Un emendamento specifica che, a partire dal 1° gennaio 2025, i lavoratori che abbiano dato dimissioni volontarie da un lavoro «a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti», avranno diritto alla Naspi in caso di licenziamento da un nuovo impiego solo se hanno accumulato almeno 13 settimane di contributi nel nuovo lavoro. In caso contrario, non avranno diritto all’indennità. Questa norma si integra con l’articolo 19 del disegno di legge sul lavoro, che prevede che un rapporto di lavoro «sia considerato risolto per volontà del lavoratore, senza bisogno di dimissioni telematiche, dopo 16 giorni di assenza ingiustificata».

Come già detto, molti dipendenti cercano di far pressioni sull’azienda per essere licenziati e poter così beneficiare dell’indennità di disoccupazione per due anni. In alcuni casi, le imprese denunciano che alcuni dipendenti ricorrano sistematicamente a questa pratica per ottenere il sussidio, continuando poi a lavorare in nero o trasferendosi all’estero per un nuovo impiego. Inoltre, l’azienda è obbligata a versare all’Inps il contributo per la disoccupazione, che può arrivare a sfiorare i 2.000 euro. Quando il datore di lavoro rifiuta queste richieste, i dipendenti spesso optano per un’unica soluzione: assentarsi ingiustificatamente, sapendo che, dopo 16 giorni, scatta il licenziamento disciplinare, che consente l’accesso alla Naspi.

Il fenomeno è diffuso, come evidenziano i numerosi contenziosi. Con la norma inserita nel disegno di legge sul lavoro, al 17° giorno di assenza ingiustificata si considera «la fine del rapporto di lavoro per scelta volontaria del dipendente», e non dell’azienda, quindi il lavoratore non ha diritto al sussidio e il datore di lavoro non è tenuto a versare la penale. L‘emendamento nella manovra colpisce i “furbetti seriali” della Naspi: chi ha già dato dimissioni volontarie nei dodici mesi precedenti rischia, in caso di licenziamento, di ricevere l’assegno solo se ha lavorato per almeno quattro mesi.

Le regioni del Sud

Tra gli emendamenti alla manovra, il governo ha previsto una decontribuzione per le regioni del Sud, dopo che l’Unione Europea ha obbligato l’Italia a rinunciare al totale sgravio sui contributi previsto per l’intera area Zes. A partire dal 2025, questo incentivo sarà pari al 25% – con un limite massimo di 145 euro – per i nuovi contratti a tempo indeterminato, ma non potrà essere applicato ai lavoratori del settore agricolo né a quelli domestici. Dal 2026, la percentuale scenderà al 20%, per arrivare al 15% nel 2029. Per il prossimo anno, la misura avrà un valore di 1,6 miliardi di euro.

Sempre per la Zes Unica del Sud, il governo ha deciso di incrementare il fondo per il credito d’imposta per investimenti e acquisto di macchinari di 600 milioni di euro, portando il totale a 2,2 miliardi. Questa decisione è stata presa dopo l’ultimo monitoraggio della Cabina di regia di Palazzo Chigi, che ha rilevato un forte aumento delle richieste da parte delle aziende, che hanno superato le 6.000.

Oggi, come previsto, la maggioranza cercherà di concludere la discussione sugli emendamenti, inclusi quelli del governo. L’intenzione è di dare il mandato ai relatori per portare il testo in Aula domani, non escludendo la possibilità di porre la fiducia per accelerare il voto alla Camera. Tra le novità, è stato raddoppiato il fondo per le auto (ora ammonta a 400 milioni), ma restano ancora alcune questioni da risolvere. Ad esempio, potrebbe esserci una nuova formulazione riguardo al blocco del turnover al 75% negli enti locali, mentre si attende la versione finale della norma sulle aziende private che ricevono fondi pubblici. Il ministro Giancarlo Giorgetti aveva proposto di nominare dei revisori nei cda di queste aziende, ma i partiti di centrodestra lo hanno spinto a rivedere questa proposta. Le aziende coinvolte dovranno infatti far certificare i bilanci dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

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