Cronaca Napoli, Napoli

Circondato e picchiato da un gruppo di razzisti, bengalese di 50 anni ricoverato in gravi condizioni: tensione a Scisciano

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Foto di repertorio

Circondato e picchiato da un gruppo di razzisti: bengalese di 50 anni è ricoverato in gravi condizioni all’Ospedale del Mare dopo l’episodio avvenuto a Scisciano, a pochi passi dalla sua abitazione. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.

Circondato e picchiato da un gruppo di razzisti: è grave a Scisciano

Un bengalese di 50 anni è in gravi condizioni dopo essere stato circondato e aggredito da un gruppo di razzisti. L’ultimo attacco è avvenuto a Scisciano, a pochi passi dalla sua abitazione, dove è stato colpito al volto, riportando una ferita profonda allo zigomo che richiederà un intervento chirurgico nei prossimi giorni. Questo episodio si aggiunge a una serie di violenze contro cittadini bengalesi nella zona nolana e vesuviana. Il 50enne è attualmente ricoverato all’Ospedale del Mare.

La solidarietà

Si tratta di un’emergenza, evidenziata dal ripetersi di episodi simili e dalla crescente paura tra gli stranieri provenienti da quella parte dell’Asia. In risposta a questa situazione, la “Rete Vesuviana Solidale” — che unisce le associazioni YaBasta, Nova Koiné e Casa della Solidarietà Sabino Romano — organizza una manifestazione per domenica 22 in piazzetta San Martino, con inizio alle 15:30. Proprio in questo luogo, un cinquantenne bengalese è stato aggredito in modo violento. I volontari affermano: «Sarà un’opportunità per confrontarci in modo costruttivo e propositivo, immaginando insieme un futuro diverso e migliore».

Qualche sera fa, dopo aver concluso il suo turno, un uomo è tornato a casa in bicicletta a Scisciano. Attualmente, è ospite del progetto Sai (Sistema accoglienza integrazione), che fornisce alloggio e supporto sociale ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Questo bengalese ha trascorso due anni in prigionia in Libia prima di giungere in Italia. La sera dell’aggressione, tre individui lo hanno chiamato; quando si è avvicinato, è stato subito colpito e lasciato a terra. Alcuni passanti sono intervenuti per soccorrerlo. Inizialmente è stato portato all’ospedale di Nola, per poi essere trasferito all’ospedale del Mare di Napoli, dove attende un intervento chirurgico che si preannuncia complesso: per un soffio, infatti, il suo occhio è rimasto illeso.

La tensione

«Un episodio brutale e ingiustificato, che ci invita a una riflessione profonda», affermano i promotori dell’iniziativa di domenica, che hanno esteso l’invito a parrocchie, associazioni, comitati e cittadini a partecipare. Tuttavia, l’aggressione al 50enne non è un caso isolato. La “caccia al bengalese” è un fenomeno che si sta verificando con preoccupante frequenza. A gennaio e marzo scorsi, si sono registrate due aggressioni a San Gennaro Vesuviano e a San Gennarello (frazione di Ottaviano), avvenute con modalità simili: un gruppo di persone in scooter insegue la vittima, la blocca e la colpisce ripetutamente, portandola in ospedale. Le vittime avevano rispettivamente 29 e 60 anni. Circa un mese fa, un 35enne bengalese residente a Castellammare è stato aggredito nei pressi della villa comunale.

La discriminazione

In nessuno di questi casi si è trattato di una rapina: i bengalesi sono stati aggrediti senza una motivazione apparente, se non quella di un odio razziale ingiustificato. Per ciascuno di questi episodi sono state presentate denunce alle autorità competenti, ma spesso le vittime scelgono di non contattare la polizia o i carabinieri, spaventate dalla loro vulnerabile condizione di migranti. Proprio per questo motivo, la “Rete Vesuviana Solidale” intende far luce su questo fenomeno e avviare un dialogo con la società civile.

La comunità bangladese è piuttosto numerosa nell’area vesuviana e nolana. A Palma Campania, e successivamente nei comuni limitrofi come San Gennaro Vesuviano, San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano, si è sviluppato un gruppo di stranieri che è cresciuto nel tempo. Molti di loro hanno trovato occupazione e, in alcuni casi, sono riusciti a riunirsi con i propri familiari, portandoli dall’Asia. Tuttavia, il processo di integrazione avviene lentamente, con frequenti episodi di intolleranza. Un immigrato, ad esempio, lavora in un ristorante a San Vitaliano.

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