Frode ai danni dell’Inps tramite assunzioni false a Benevento: in Corte di Appello sono state ridotte le pene per gli imputati coinvolti nel processo relativo a diversi reati. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.
Frode ai danni dell’Inps, assunzioni false: pene ridotte e prescrizioni
In Corte di Appello sono state ridotte le pene per gli imputati coinvolti nel processo relativo a diversi reati, tra cui la frode sulle indennità di disoccupazione, l’associazione a delinquere, reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio. Sono state emesse diverse condanne per il reato di truffa. Le pene inflitte sono le seguenti: 8 anni, 10 mesi e 26 giorni a Cosimo Tiso, 56 anni, di Sant’Angelo a Cupolo, considerato il promotore di un’associazione per delinquere; 4 anni con interdizione dai pubblici uffici per 5 anni a Gabriella Musco, 48 anni; 4 anni e 1 mese a Gaetano De Franco, 48 anni, di Benevento; 4 anni e 8 mesi a Maria Rosaria Canu, 52 anni, di Sant’Angelo a Cupolo; 4 anni e 6 mesi a Pasqualino Pastore, 58 anni; 4 anni, 3 mesi e 10 giorni a Tullio Mucci, 51 anni; 2 anni e 1 mese a Maurizio Marro, 61 anni; e 4 anni a Sergio Antonio Fiscante, 61 anni, tutti di Benevento. In primo grado, le condanne erano state di 12 anni per Tiso, 7 anni per la Musco, 6 anni per De Franco, 5 anni per la Canu, 4 anni e 10 mesi per Pastore, 4 anni e 4 mesi per Mucci, 4 anni per Fiscante e 3 anni per Marro.
Durante le indagini condotte dalla Guardia di Finanza, basate su intercettazioni, perquisizioni e analisi di computer, documenti e testimonianze di persone informate sui fatti, è emerso che erano state create ben 17 società, tutte riconducibili, di fatto, agli stessi individui e non operative. Queste società venivano utilizzate per la fittizia assunzione di personale, in assenza di reale attività lavorativa, al fine di consentire l’indebita percezione di indennità di disoccupazione a seguito di licenziamenti (anch’essi fittizi) e per accumulare settimane utili ai fini pensionistici. Dopo un periodo necessario per far maturare i diritti previsti dalla legge, tutti gli assunti venivano licenziati e invitati a richiedere l’indennità di disoccupazione. Oltre il 50% del denaro percepito veniva poi trasferito a chi risultava essere il titolare delle aziende fantasma.
I titolari delle società trasferivano fondi sui propri conti correnti, inviando capitali anche all’estero. Questo metodo operativo avrebbe permesso di generare crediti fittizi da utilizzare per compensare i versamenti contributivi dovuti per assunzioni false. Di conseguenza, si registravano numerosi contratti di lavoro seguiti da altrettanti licenziamenti. L’INPS ha erogato somme non dovute per indennità di disoccupazione, per un totale superiore a 1 milione di euro. Circa ottanta persone hanno beneficiato di questi reati. Gli imputati sono stati assistiti dagli avvocati Antonio Leone, Mario Villani, Vincenzo Sguera, Domenico Cristoforo, Ettore Marcarelli, Massimiliano Cornacchione e Carmine Lombardi.