La richiesta dovrebbe essere formalizzata, salvo cambiamenti dell’ultimo minuto, nel Consiglio dei ministri previsto per il 7 gennaio, cioè tre giorni prima della scadenza.
Elezioni regionali in Campania, “No al terzo mandato”
Alla fine, il governo ha preso la decisione di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge campana sul terzo mandato di De Luca. La scelta è stata compiuta superando le divergenze interne al centrodestra, con Fratelli d’Italia favorevole e la Lega contraria. La decisione arriva a pochi giorni dalla scadenza del termine, fissato per il 10 gennaio, per la legge campana approvata il 5 novembre scorso, in mezzo a forti divisioni all’interno del PD. La richiesta dovrebbe essere formalizzata, salvo cambiamenti dell’ultimo minuto, nel Consiglio dei ministri previsto per il 7 gennaio, cioè tre giorni prima della scadenza.
Si tratta di una mossa tutt’altro che scontata. Da settimane il delicato dossier è affidato al sottosegretario al Consiglio, Alfredo Mantovano, che sta lavorando con i consulenti giuridici di Palazzo Chigi. A frenare fino a ora sono stati due fattori: il timore che l’esecutivo non riesca a prevalere davanti alla Corte Costituzionale e l’opposizione interna da parte dei leghisti, impegnati con la questione del lodo Zaia in Veneto (che Fratelli d’Italia considera come sua prerogativa). Un chiaro esempio di questa reticenza è la posizione del ministro per gli Affari regionali, il leghista Roberto Calderoli, che non spinge per impugnare la norma campana, anzi.
Lo scenario
D’altronde a spiegare il contesto era stato, poco prima di Capodanno, il sottosegretario di Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari. “Non è semplicissimo perché alcune Regioni rivendicano che, avendo la facoltà di stabilire la propria legge elettorale, avrebbero anche facoltà di decidere il numero di mandati. È quello che la presidenza del Consiglio sta studiando. Io – spiegava il braccio destro di Giorgia Meloni confermando l’ipotesi – reputo che su una cosa così importante debba essere lo Stato a decidere, però è chiaro che se poi invece la Costituzione dice una cosa diversa, ne prenderemo atto”.
I nodi sembrano ormai essere stati sciolti, compreso quello legato al risiko elettorale. L’idea di lasciare che il governatore uscente prosegua serenamente per dividere il fronte del centrosinistra appare ormai consolidata. È ormai certo, infatti, che Elly Schlein non cederà mai il simbolo a De Luca e, anzi, nei prossimi giorni partiranno i primi incontri tra i leader nazionali del centrosinistra per definire un nome condiviso tra Pd e M5s. Dall’altra parte, l’ex sindaco di Salerno ha chiarito, se ce ne fosse ancora bisogno, che non ha intenzione di fare un passo indietro. La sua campagna elettorale è già in corso, nonostante le impugnazioni del governo e le voci su possibili dimissioni per convocare elezioni anticipate questa primavera: “C’è una sola certezza, anzi due. Io mi candiderò e non mi dimetterò”, ha ribadito nell’ultima conferenza stampa di fine anno a palazzo Santa Lucia.
Nel frattempo, la Corte Costituzionale avrà bisogno di qualche mese per prendere una decisione, mentre De Luca potrà proseguire serenamente per la sua strada, facendo leva sulle divisioni del centrodestra e sulla difficoltà del suo (ex?) partito a organizzarsi. Inoltre, il tempo potrebbe essere dalla sua parte, visto che l’ipotesi di un rinvio delle elezioni regionali, da dicembre di quest’anno alla primavera del 2026, sta prendendo sempre più corpo. La motivazione principale sarebbe quella di accorpare le elezioni regionali a quelle amministrative per ridurre i costi. Un’opportunità che potrebbe permettere anche di approvare una legge che ripristini l’elezione diretta delle Province, un progetto caro alla Lega, ma che potrebbe essere vantaggioso per tutti i partiti, in particolare per chi non si ricandiderà. Questo scenario potrebbe riguardare diverse regioni, dalla Puglia alla Lombardia, fino al Veneto, che Fratelli d’Italia rivendica per sé.