Omicidio Serena Mollicone, si apre oggi il processo per la morte della 18enne di Arce, uccisa nel 2001. Si comincia questa mattina, dopo 20 anni di indagini, colpi di scena e archiviazioni. Lunghissima la lista di testimoni, oltre 200, sulla cui ammissione al procedimento deciderà oggi la Corte d’Assise di Cassino. L’ultimo ostacolo all’inizio del processo è arrivato qualche mese fa per il trasferimento di due giudici togati della Corte di Assise dal tribunale, circostanza che ha spinto il presidente Massimo Capurso a rimandare la pensione per presiedere la Corte e scongiurare ulteriori rinvii.
Delitto di Arce, oggi il processo per la morte di Serena
La prima udienza si svolgerà a porte chiuse a causa dell’emergenza Covid ma la stampa locale ha già scritto al presidente del Tribunale chiedendo che si trovi una soluzione per le successive, trattandosi di un ”processo non qualunque” dall’interesse sociale ”particolarmente rilevante”. Richiesta che è stata accolta da Capurso, che si è impegnato a trovare un’alternativa qualora la pandemia continuasse a ostacolare il normale corso del procedimento. Il processo alla ‘ndrangheta Rinascita Scott, dove anche in piena emergenza è stato dato il via libera alle riprese, da questo punto di vista costituisce un precedente.
Al processo non potrà assistere il papà di Serena, Guglielmo, che ha lottato per tutta la vita per la verità ed è morto il 31 maggio scorso, qualche mese prima del rinvio a giudizio dei cinque imputati. A portare avanti il testimone sarà però l’avvocato Dario De Santis, che proprio durante le esequie di Guglielmo gli promise giustizia.
Cinque imputati
In aula potranno invece essere presenti i cinque imputati: l’ex maresciallo dei carabinieri, all’epoca del delitto comandante della stazione di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Annamaria e il maresciallo Vincenzo Quatrale, che sono accusati di concorso nell’omicidio. Quatrale, inoltre, è accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi mentre l’appuntato Francesco Suprano dovrà rispondere di favoreggiamento. L’Arma dei carabinieri è parte civile nel processo.
Serena Mollicone scompare la mattina del 1 giugno 2001. Esce presto per andare all’ospedale di Sora e non fa più ritorno a casa. All’ora di pranzo il padre, Guglielmo Mollicone, maestro elementare e titolare di una cartoleria ad Arce, inizia a preoccuparsi e nel pomeriggio ne denuncia la scomparsa ai carabinieri. Cominciano le ricerche e due giorni dopo il corpo della ragazza viene trovato vicino a un mucchio di rifiuti in un boschetto all’Anitrella. Serena aveva mani e piedi legati da nastro adesivo e fil di ferro e un sacchetto in testa.
Delitto di Arce, la storia
Il delitto di Arce è l’omicidio di Serena Mollicone (Arce, 18 novembre 1982 – Arce, 1º giugno 2001), che venne commesso il 1º giugno 2001 ad Arce in provincia di Frosinone. La ragazza scomparve il 1º giugno 2001 e venne ritrovata morta due giorni dopo in località Fontecupa, nel boschetto dell’Anitrella. I responsabili, a distanza di 19 anni, non sono stati ancora condannati, nonostante siano state indagate numerose persone.
L’omicidio in caserma
A seguito degli accertamenti del RIS – svolti a distanza di quasi venti anni dai fatti – viene accertato, secondo l’ipotesi accusatoria, che l’omicidio è avvenuto all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce. Basandosi su tali risultanze probatorie, nell’aprile 2019 la Procura della Repubblica di Cassino chiude le indagini preliminari notificando il relativo avviso agli indagati: 5 persone, di cui 3 Carabinieri.
Nel luglio 2019, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati. Nel frattempo, il padre di Serena, Guglielmo Mollicone, muore il 31 maggio 2020 all’ospedale Spaziani di Frosinone dove era in coma dal 27 novembre 2019 in seguito ad un infarto.
A seguito della celebrazione dell’udienza preliminare, il GUP di Cassino Domenico Di Croce, nel luglio 2020, ha accolto la richiesta della Procura di rinvio a giudizio.
Chi era Serena Mollicone
Serena Mollicone frequentava l’ultimo anno del liceo socio-psico-pedagogico “Vincenzo Gioberti” di Sora e suonava il clarinetto nella banda del paese. La madre era morta per una grave malattia quando lei aveva sei anni, il padre Guglielmo era un insegnante elementare e gestiva una cartolibreria nel paese, mentre sua sorella Consuelo di 28 anni non viveva più ad Arce, ma a Como, dove faceva l’insegnante elementare. Serena, inoltre, da alcuni mesi frequentava il ventiseienne Michele Fioretti.
La mattina di venerdì 1º giugno 2001, Serena esce di casa per recarsi all’ospedale di Isola del Liri, a 10 km dal paese, presso il quale aveva effettuato un’ortopanoramica. Dopo la visita medica, terminata alle 9:30, si reca in una panetteria nei pressi della stazione, dove compra quattro pezzi di pizza e quattro cornetti, fatto che lascia presumere dovesse incontrare delle persone. Si ipotizza che successivamente abbia preso l’autobus per Arce.
L’ultimo avvistamento sarebbe avvenuto nella piazza principale del paese, piazza Umberto I. Serena, il cui rientro a casa era previsto per le ore 14, quel giorno doveva incontrare il suo ragazzo e nel pomeriggio avrebbe dovuto completare la tesina per l’esame di maturità.
3 giugno 2001, ritrovato il cadavere di Serena
Il cadavere viene ritrovato verso le ore 12:15 di domenica 3 giugno 2001 da una squadra della Protezione Civile, nel boschetto di Fonte Cupa ad Anitrella (frazione di Monte San Giovanni Campano, a 8 km da Arce), in una zona già ispezionata il giorno precedente da alcuni Carabinieri, che non notarono nulla. Il corpo era stato adagiato in posizione supina in mezzo ad alcuni arbusti, coperto con rami e fogliame, per poi essere nascosto dietro un grosso contenitore metallico abbandonato.
La testa, sulla quale era presente una vistosa ferita vicino all’occhio sinistro, era stata avvolta da un sacchetto di plastica, mentre le mani e i piedi erano legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca erano stati avvolti da diversi giri di nastro adesivo, il che dovette causarle la morte per asfissia dopo una lunga agonia.
Indagini
Dopo un periodo di latenza nelle indagini dei Carabinieri, fu incaricata l’UACV (Unita Analisi del Crimine Violento della Polizia di Stato) che riprese in mano le indagini fino a individuare un presunto responsabile. La procura di Cassino iscrisse nel registro degli indagati nel settembre 2002 il primo indagato, il carrozziere Carmine Belli di Rocca d’Arce che, secondo il contenuto di un biglietto, quel 1º giugno 2001 doveva incontrarsi con Serena.
I difensori di Belli, gli avvocati Silvana Cristoforo e Romano Misserville, nominarono come loro consulente il criminologo Carmelo Lavorino, il quale contribuì in modo determinante, assieme a tutto il suo gruppo di consulenti tecnici, all’assoluzione del carrozziere. Nel 2004 Belli venne prosciolto da ogni accusa dalla Cassazione.
Il suicidio del carabiniere Tuzi
L’11 aprile 2008, sparandosi con la pistola d’ordinanza, si uccide nella sua auto il carabiniere di Arce, Santino Tuzi. Pochi giorni prima, ascoltato dalla Procura, il brigadiere Tuzi aveva dichiarato agli inquirenti che intorno alle 11:00 del 1º giugno 2001, nella caserma di Arce era entrata una ragazza — verosimilmente Serena — e che fino a quando era rimasto in caserma, ovvero fino alle 14:30, Serena non era uscita da lì. Il suicidio del brigadiere Tuzi suscita più di un dubbio per la sua anomala dinamica.
A giugno 2011 vennero iscritti nel registro degli indagati, con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere, l’ex maresciallo Franco Mottola, sua moglie e suo figlio Marco.
Nel 2014 diedero esito negativo gli esami del DNA su 272 persone. Anche le indagini sulle impronte digitali scoperte sulla scena del delitto hanno avuto esito negativo.
Nel 2015 i tre indagati accusati nel 2011 hanno chiesto al Giudice per le indagini preliminari (GIP) di chiarire la loro posizione.
Nel 2016 il GIP di Cassino, Angelo Valerio Lanna, non ha archiviato il caso e ha chiesto una riesumazione del cadavere. Il corpo di Serena è stato riesumato il 22 marzo dello stesso anno, per effettuare nuovi esami svolti, presso il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (LABANOF) dell’Università degli Studi di Milano, dal medico legale Cristina Cattaneo, che ha concluso la seconda autopsia nel novembre del 2017 depositando una perizia di 250 pagine.
A fine 2016 il padre di Serena, Guglielmo, ha chiesto l’effettuazione di rilievi nell’ex caserma di Arce, dove ritiene sia stato nascosto il cadavere della figlia. Il feretro di Serena è stato nuovamente tumulato nel cimitero di Rocca D’Arce nel dicembre 2017, dopo un nuovo funerale al quale hanno partecipato circa 1000 persone.
Nel 2018 viene rivelato che gli accertamenti tecnici effettuati dal Reparto investigazioni scientifiche (RIS) dei Carabinieri sulla salma di Serena e sul nastro adesivo con cui era stata legata e imbavagliata, confermerebbe che l’omicidio è avvenuto nella caserma di Arce. Nel novembre dello stesso anno il maresciallo Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco, indagati per l’omicidio di Serena, nominano come loro consulente Lavorino, il quale contesta sia le conclusioni della professoressa Cattaneo, sia quelle del Raggruppamento operativo speciale (ROS) e del RIS; Lavorino mette in primo luogo in discussione che l’arma del delitto sia la porta della caserma di Arce, così come ipotizzato dagli inquirenti, anche in virtù del fatto che la ferita sul sopracciglio sinistro della ragazza è a cm 146 da terra, mentre la frattura sulla porta è a cm 154.
Rinvio a giudizio
Nell’aprile 2019 si sono chiuse le indagini con la richiesta di rinvio a giudizio di 5 persone tra cui 3 carabinieri: il maresciallo Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco sono accusati di omicidio aggravato, il sottufficiale Vincenzo Quatrale è imputato per concorso in omicidio e per istigazione al suicidio di Tuzi, e il carabiniere Francesco Suprano per favoreggiamento.
Secondo la ricostruzione del delitto, a colpirla sarebbe stato il figlio di Mottola, Marco, probabilmente facendo sbattere la testa di Serena contro una porta all’interno della caserma, ipotesi che il team del criminologo Lavorino ritiene del tipo impossibile ed errata.
Il 24 luglio 2020, il Giudice dell’udienza preliminare (GUP) Domenico Di Croce decide di rinviare a giudizio i carabinieri Quatrale, Suprano e l’ex comandante della stazione di Arce, Mottola, come anche di quest’ultimo la moglie Anna Maria e il figlio Marco, con l’accusa, a vario titolo, di concorso in omicidio volontario, occultamento di cadavere, istigazione al suicidio e favoreggiamento.
Per il Maresciallo Mottola, la moglie e suo figlio Marco sono intervenuti nuovamente il gruppo dei consulenti tecnici del pool del criminologo Carmelo Lavorino che già fu il consulente del carrozziere Carmine Belli, assieme al medico legale Antonio Della Valle e allo psicologo forense Enrico Delli Compagni, presente anche egli nel processo Belli.