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Alessia scopre la gravidanza a 22 anni e decide di abortire: “I medici mi hanno fatta sentire un mostro”

Alessia scopre la gravidanza a 22 anni e decide di abortire: “I medici mi hanno fatta sentire un mostro”

Alessia scopre la gravidanza a 22 anni e decide di abortire: “I medici mi hanno fatta sentire un mostro”

Alessia aveva 22 anni quando ha appreso di essere in attesa di un bambino, ma sapeva di non poter offrire un futuro adeguato. Ha scelto di interrompere la gravidanza, ma ha incontrato medici che la hanno giudicata severamente. Oggi, con grande tristezza, condivide la sua esperienza per supportare altre donne in situazioni simili.

Alessia scopre la gravidanza a 22 anni, ma decide di abortire

Alessia racconta la sua storia, in particolare un momento tragico della sua vita, quello in cui ha scoperto di essere incinta. Con frasi dirette e sincere, Alessia ha illustrato perché non tutte le donne provano felicità nell’apprendere di essere in attesa di un bambino. Per lei, questo momento non è stato affatto gioioso. Si trovava accanto a una persona che non amava, sapeva che avrebbe rischiato di perdere il lavoro dichiarando la sua maternità, e aveva vissuto un’orribile separazione dei genitori durante l’adolescenza. Per questo motivo, avrebbe voluto risparmiarle al suo bambino un destino simile.

Piccola, isolata e spaventata, ha scelto di interrompere la gravidanza, ma durante la prima ecografia ha incontrato un medico che le ha fatto ascoltare il battito del suo bambino. L’ha trattata come se stesse per commettere un omicidio e le ha lasciato come ricordo 20 immagini dell’ecografia, nella speranza che potesse ripensarci. Questo dolore l’ha portata a subire un aborto spontaneo e a portare ferite nell’anima che sta ancora cercando di guarire. “Ho vissuto e vivo ancora un trauma così forte, che nonostante io nel futuro mi immagini mamma non posso neanche pensare di approcciarmi alla maternità. Faccio fatica a raccontare la storia che ho vissuto ma sento di doverlo fare, perché nessuna donna viva più ciò che ho vissuto io”.

La storia di Alessia

Alessia ha scoperto la gravidanza a 22 anni, in un momento particolare della sua vita. Questa notizia l’ha resa consapevole del fatto che la persona che aveva al suo fianco non sarebbe mai stata in grado di fare il padre. Con un lavoro precario che avrebbe perso, senza essere pronta, senza abbastanza risorse economiche, si chiedeva come sarebbe cresciuto suo figlio.  Decide così di abortire. Si sentiva a disagio, interrogandosi sul motivo per cui non riuscisse a provare felicità per il bambino.

Quando arrivò davanti a una porta, attese il suo turno e infine entrò. Ad attenderla c’era un dottore, la cui freddezza le rimase impressa; le chiese di stendersi sul lettino per iniziare l’ecografia, trattandola come se fosse una criminale. Durante la visita, le chiese di guardare il monitor, sul quale si distingueva il bambino, e le fece ascoltare quello che le disse essere il cuore del bambino. Quel rumore incessante le risuonò nella testa per tutta la durata della visita e anche dopo. Lei pianse mentre il medico la guardava con disprezzo. Le lasciò anche le foto dell’ecografia transvaginale, un gesto che le sembrò insignificante. Avrebbe desiderato che il medico fosse stato più empatico, un atteggiamento che le avrebbe permesso di sentirsi trattata come una donna che esercita un proprio diritto: quello di abortire, piuttosto che come qualcuno che stava compiendo un crimine.

Prenotò un raschiamento, poiché la pillola abortiva non sarebbe riuscita ad espellere completamente il feto. Tornata a casa, iniziò un vero e proprio calvario: non mangiava, non dormiva, piangeva in continuazione e, ricordando il modo in cui era stata trattata, si sentiva un mostro. Anche la sua famiglia contribuiva a farla sentire così, dicendole che al loro posto non avrebbero mai preso una simile decisione. L’angoscia la colpì talmente da spingerla ad avere un aborto spontaneo. Questo stato si rivelò altrettanto pesante dal punto di vista psicologico; il dolore non svanì con l’aborto, ma continuò a tormentarla anche in seguito. Viveva una profonda sensazione di vuoto, incapace di superare quel dolore che l’attanagliava. 

 

 

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