Cronaca

Aborto farmacologico, in Emilia-Romagna sarà possibile avere la pillola anche a domicilio. I pro vita attaccano: “Velocizzato l’omicidio”

Pillola
immagine di repertorio
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Oggi questo percorso per le donne è prevalente sia a Bologna (72,5%) che in regione (65,6%), con un effetto non trascurabile: il calo sensibile degli obiettori di coscienza. L’Emilia Romagna è pronta a implementare l’aborto farmacologico fino alla nona settimana di gestazione attraverso la telemedicina.

Aborto farmacologico, in Emilia-Romagna sarà possibile avere la pillola anche a domicilio

L’Emilia Romagna è pronta a implementare l’aborto farmacologico fino alla nona settimana di gestazione attraverso la telemedicina, con un solo accesso ai consultori. Questo è stabilito da una determina del 9 ottobre scorso, che introduce novità rispetto ai percorsi sperimentali avviati nella Regione dal 2021. Questo provvedimento, adottato in vista delle elezioni regionali del 17-18 novembre, obbliga la nuova giunta a garantire un accesso capillare all’aborto farmacologico tramite i servizi territoriali. “Questo è solo l’inizio: partiamo dall’IVG per recuperare i consultori,” affermano le associazioni che dalla scorsa primavera si battono per questa causa.

Il nuovo modello di assistenza entrerà in vigore all’inizio dell’anno prossimo. Prevede che la prima pillola abortiva venga somministrata in consultorio (o in ospedale) in regime ambulatoriale, mentre la seconda pillola sarà consegnata alla paziente fino alla nona settimana di gestazione, insieme a opuscoli informativi, antidolorifici e un test di gravidanza che dovrà essere eseguito a casa per confermare l’avvenuta interruzione. La telemedicina sarà disponibile per fornire assistenza. Inoltre, da subito, verrà offerto un servizio di consulenza contraccettiva.

Attualmente, solo il Lazio e l’Emilia Romagna hanno parzialmente attuato le Linee di indirizzo ministeriali del 2020, che invitano le Regioni a deospedalizzare l’aborto farmacologico. Consentendo così la somministrazione del mifepristone e del misoprostolo presso i consultori. Negli ultimi anni, in queste due Regioni si sono avviate sperimentazioni, ma solo in alcune sedi e fino alla settima settimana di gestazione. Secondo i dati dell’AUSL Bologna, nel 2023, i due consultori autorizzati nel territorio bolognese, Porretta Terme e San Giovanni in Persiceto, hanno somministrato rispettivamente solo 18 e 25 IVG farmacologiche. A fronte delle 846 dell’Ospedale Maggiore.

Quest’ultimo ha un ruolo determinante nell’81,9% delle IVG farmacologiche sul totale delle interruzioni volontarie di gravidanza. Ponendo il distretto bolognese ben al di sopra della media nazionale (45,3% nel 2021). Un altro dato significativo è che nell’81,2% dei casi, il tempo di attesa tra la certificazione e l’intervento è stato inferiore a 7 giorni. Rispetto al 51,8% della media regionale (a livello nazionale, il dato non è disponibile poiché i tempi di attesa entro 14 giorni sono indicati complessivamente).

Le dichiarazioni del distretto ospedaliero di Bologna

“Ci auguriamo in una maggiore responsabilizzazione dei consultori” – Il distretto ospedaliero di Bologna è il principale erogatore di interruzioni volontarie di gravidanza nella regione, diventando un punto di riferimento sia locale che interregionale. “Le utenti arrivano anche da Trento e non ne mandiamo via nessuna. Sappiamo di essere un’isola felice nel contesto italiano e vogliamo rimanere un presidio di qualità,” afferma una ginecologa dei servizi. “L’esperienza bolognese ha inizialmente condotto l’intervento all’interno delle mura ospedaliere tramite la modalità day-hospital. Avendone verificato la sicurezza, ora siamo pronti per passare a modalità domiciliari,” spiega la ginecologa.

“Abbiamo già tutto, inclusa l’infrastruttura informatica per la telemedicina: è solo una questione di raccordare i vari aspetti. Ci aspettiamo una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei consultori. L’obiettivo è che l’ospedale rimanga il punto di riferimento solo per le IVG chirurgiche e per quelle farmacologiche complicate che richiedono assistenza, oltre che per le interruzioni del secondo trimestre,” conclude la dottoressa. Niente di più e niente di meno rispetto a quanto indicato dalle Linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità.

“Oggi la contraccezione d’emergenza viene data in consultorio gratuitamente ma solo alle residenti o domiciliate, noi chiediamo che venga data nelle farmacie e a tutte senza limiti di età o domicilio. Certamente in Emilia Romagna siamo all’avanguardia, ma abbiamo problemi anche noi. Parma, la città da cui parlo, ha problemi di organizzazione per i tempi di attesa, un alto tasso di aborti chirurgici, fatti tra l’altro in una strutttura privata accreditata. Manca l’offerta attiva sull’aborto farmacologico” prosegue Ebe Quintavalla. “A tre mesi dall’insediamento della nuova giunta torneremo a verificare quanto sarà stato realizzato di quello che è scritto sulla carta”.

 

 

 

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