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Accadde oggi: il 20 marzo 1916 Einstein pubblica la teoria della relatività generale

Il 20 marzo 1916, Einstein pubblicò la teoria della relatività generale sulla rivista Annalen der Physik, in un articolo intitolato Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie, la base della teoria della relatività generale. Cinquantaquattro pagine che avrebbero cambiato completamente i connotati della fisica.

Il 20 marzo 1916, Einstein pubblica la teoria della relatività generale

Per comprendere il significato e la portata scientifica della teoria della relatività generale è necessario tornare all’epoca pre-einsteiniana, quella della cosiddetta fisica classica, in cui il tempo era una grandezza assoluta, cioè indipendenti dal sistema di riferimento in cui si trova l’osservatore.



Nella fisica classica valeva la legge di composizione delle velocità, derivante dai principi di relatività di Galileo, secondo la quale la velocità di un corpo varia a seconda del sistema di riferimento in cui la si misura: pensate al passeggero di un treno in movimento, che lancia una pallina con una certa velocità nella direzione di marcia del treno; l’osservatore fermo nella stazione misurerà per la pallina una velocità più alta, dato che velocità della pallina e del treno si sommano.

I problemi da risolvere

Una legge che funzionò egregiamente per diverso tempo, finché non arrivò Maxwell con le sue equazioni dell’elettromagnetismo. Dalle equazioni di Maxwell veniva fuori, invece, che la velocità della luce si propaga nel vuoto a velocità finita e inconciliabile con la relatività galileiana.

Nel 1905 ci fu il primo intervento di  Albert Einstein: lo scienziato formula la teoria della relatività ristretta, che estende i principi di relatività galileiana e toglie al tempo lo status di grandezza assoluta, risolvendo così la contraddizione Maxwell-Galileo.



Dalla relatività ristretta, però, emerge anche qualcos’altro: l’insuperabilità della velocità della luce. Che, a sua volta, è in contraddizione con la teoria della gravitazione universale di Newton, secondo la quale le masse esercitano un’azione istantanea le une sulle altre.

In altre parole: se scomparisse improvvisamente il Sole, la Terra cesserebbe istantaneamente di sentirne l’attrazione gravitazionale. Non è possibile, perché la relatività ristretta prevede che nessuna informazione possa trasmettersi istantaneamente.

Spazio-tempo

Arriviamo così alla relatività generale. Einstein elaborò l’equazione che rivoluzionava completamente il concetto di gravità, legandola alla geometria dello spazio e del tempo.

Secondo tale equazione, che rappresenta il nocciolo teorico della relatività generale, la forza gravitazionale infatti altro non è che la manifestazione della curvatura di una nuova entità, lo spazio-tempo.



Una metafora utile a comprendere lo scenario postulato da Einstein è quella del foglio di gomma: lo spazio-tempo si può immaginare, per l’appunto, come una superficie morbida che viene curvata dalle masse che vi sono appoggiate.

La forza di gravità avvertita, per esempio, dalla Terra nei confronti del Sole è il risultato della curvatura del foglio di gomma quadridimensionale causata dalla massa del Sole stesso.



L’intuizione di Einstein era così nuova e rivoluzionaria che mancavano persino gli strumenti matematici con cui esprimerla: lo scienziato attinse ai lavori appena pubblicati dagli italiani Luigi Bianchi, Gregorio Ricci-Curbastro e Tullio Levi-Civita.

La nuova teoria risolse con successo le contraddizioni tra gravitazione universale e relatività ristretta e si rivelò subito particolarmente solida e precisa, consentendo di predire con accuratezza la precessione del perielio di Mercurio.

Le soluzioni delle equazioni di Einstein

L’equazione di campo proposta da Einstein non è affatto semplice da risolvere. Il primo a riuscirci, nel 1916, fu l’astrofisico Karl Schwarzschild, che individuò una soluzione particolare.



La soluzione di Schwarzschild all’equazione di campo resta a oggi una delle più importanti e notevoli, ed è stata utilizzata come modello per la descrizione dei buchi neri.

La teoria alla prova

La relatività generale, comunque, non è solo un’ipotesi affascinante: è stata ampiamente verificata. La prima conferma arrivò già nel 1919, in occasione di un’eclissi di Sole.

L’astronomo Arthur Eddington, infatti, riuscì a osservare alcune stelle molto vicine al bordo del Sole, che avrebbero dovuto essere invisibili perché si trovavano dietro al Sole steso.



Il fenomeno avveniva perché, come predetto da Einstein, anche la luce delle stelle era deviata dalla curvatura dello spazio-tempo prodotta dalla massa del Sole.

A questa verifica ne sono seguite molte altre: l’ultima, solo in ordine di tempo, è l’osservazione di una supernova distante la cui luce si divide in ben quattro percorsi diversi sempre a causa della curvatura dello spazio tempo, dando origine alla cosiddetta croce di Einstein.

Relatività contro fisica quantistica

La teoria di Einstein è incompatibile con l’altro grande pilastro della fisica moderna, la meccanica quantistica, che contiene le leggi fisiche che regolano il comportamento di onde e particelle su scale spaziali microscopiche.

Lo scenario attuale è questo: separatamente, meccanica quantistica e relatività generale funzionano alla perfezione.  Quando i fisici provano a inserirle in un unico quadro, le teorie non combaciano.



In altre parole, non è possibile quantizzare la gravità. Una delle strade più promettenti è quella che sta percorrendo Giovanni Amelino-Camelia, top scientist italiano in forza alla Sapienza Università di Roma.

Amelino-Camelia, sta indagando sull’esistenza di una sorta di schiuma di spazio-tempo, uno scenario in cui lo spazio, su scale microscopiche, avrebbe una struttura schiumosa anziché continua.

Un regime simile potrebbe fornire la chiave, secondo lo scienziato, per conciliare meccanica quantistica e relatività generale.

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