Era il 18 marzo del 1944, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, quando il Vesuvio erutta con tutta la sua potenza esplosiva. L’eruzione è ad oggi l’ultima del Vesuvio e segna la transizione del vulcano da stato di attività a stato di quiescenza.
18 marzo 1944: l’ultima eruzione del Vesuvio
Durante la Seconda Guerra Mondiale si è verificata l’ultima eruzione del Vesuvio prima del passaggio del vulcano allo stato di quiescenza, ovvero di riposo. Dopo le eruzioni del 1906 e del 1929, il vulcano tornò in attività nell’agosto del 1943 con la fuoriuscita di lava dal cratere.
L’eruzione più violenta si verificò nel pomeriggio del 18 marzo del 1944, accompagnata da forti colate laviche che distrussero completamente i centri abitati di Massa di Somma e San Sebastiano.
Le piogge piroclastiche causarono 47 morti e 12mila sfollati, arrecando ingenti danni anche in altri comuni, come Nocera, Pagani, Pompei e Terzigno. Per una favorevole direzione dei venti Napoli venne risparmiata dalla nuvola di cenere e lapilli.
L’eruzione distrusse anche la funicolare, celebrata dalla canzone Funiculì funiculà, inaugurata nel 1880, sostituita in seguito da una seggiovia che restò in funzione dal 1953 al 1984.
L’evento eruttivo
Il 6 gennaio 1944 una frattura apertasi sul fianco del conetto del vulcano determina un aumento del flusso di lava in uscita provocando una colata che, dopo aver riempito in velocità il settore ovest del cratere, si riversa all’esterno spingendosi per oltre 100 metri a valle.
La fuoriuscita lavica continua verso l’esterno fino al 26 gennaio, mentre verso l’interno del conetto fino al 23 febbraio, giorno nel quale l’attività effusiva cessa del tutto.
Il 13 marzo un altro crollo fa riprendere dell’attività del vulcano attraverso deboli lanci di scorie, la cui frequenza e copiosità aumenta nei tre giorni successivi. Nella notte tra il 17 e il 18 marzo, un altro crollo fa cessare nuovamente ogni attività.
L’eruzione vera e propria
L’eruzione vera e propria, l’ultima del Vesuvio fino a oggi, inizia nel pomeriggio del 18 marzo 1944. Iniziò tutto con forti colate laviche che giunsero fino a Cercola, dopo aver invaso e parzialmente distrutto gli abitati di Massa di Somma e di San Sebastiano, uno dei comuni più colpiti dall’evento.
Il 22 marzo mutò lo stile eruttivo del Vesuvio. Raggiunta la nube eruttiva un’altezza di 5 km, ai lati del cono si verificarono valanghe di detriti caldi e piccoli flussi piroclastici. L’intera giornata fu accompagnata inoltre da un’intensa attività sismica fino al mattino del 23 marzo, giorno in cui l’attività eruttiva si ridusse alla sola emissione di cenere.
Il 24 marzo l’attività eruttiva andò scemando, con le esplosioni che si ridussero gradualmente fino a scomparire il giorno 29, e con la persistenza delle sole nubi di polvere che fuoriuscivano dal cratere e che nel pomeriggio sparirono del tutto.
I danni dell’eruzione
Le vittime furono 26, a causa dei crolli delle abitazioni. I paesi più danneggiati furono Terzigno, Pompei, Scafati, Angri, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani, Poggiomarino e Cava.
Gli abitanti di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e Cercola, furono costretti all’evacuazione. La città di Napoli, invece, fu favorita dalla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di cenere e lapilli.