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Addio a Oddone Camerana, lo scrittore che diffuse l’immagine della Fiat

Oddone Camerana è scomparso ieri, 5 settembre, all’età di 85 anni. Uno scrittore e manager atipico, che ha avuto l’onore di poter raccontare il cambiamento dell’industria e il merito di aver migliorato il simbolo della Fiat. È stato un manager che con la raffinatezza di un intellettuale ha rinnovato lo stile pubblicitario.

Morto Oddone Camerana

Bisnipote del fondatore della Fabbrica Italiana Automobili Torino, cioè il senatore Giovanni Agnelli, il giovane Benedetto entrò un po’ controvoglia in azienda per occuparsi di comunicazione e pubblicità. E fu, comunque, un autore, lo fu subito, anche senza pubblicare. “Aveva uno sguardo puntato lontano, direi che mio padre è stato un innovatore“.

Oddone Camerana, uno dei più importanti architetti italiani, racconta il padre scomparso ieri a 85 anni, come un allievo e non solo come un figlio. “Gli sono grato per il clima culturale che mi ha fatto respirare fin da piccolo, quando in casa nostra passavano personaggi come Italo Cremona e Giulio Einaudi, Guido Ceronetti e Mario Soldati, Carlo Mollino e Gae Aulenti. Io cercavo di ascoltare e assorbire“.



L’ingresso in Fiat

Cronologicamente bisogna partire dalla fabbrica, quando Oddone — nipote di Aniceta Agnelli e pronipote del Senatore — fa il suo ingresso nel 1962 come giovane addetto stampa. L’epoca è a dir poco propizia: tutto in Italia — e nel cervello degli italiani — gira intorno alla Fiat. Camerana diventa l’esperto comunicatore del prodotto industriale del secolo.

Erano gli anni in cui Pio Manzù disegnò la 127, la stagione del grande design milanese. E vorrei ricordare, tra le molte, la campagna pubblicitaria per il lancio della Uno affidata a Giorgio Forattini che s’inventò l’auto “comodosa” e “risparmiosa”. Uno stile sempre fuori dai binari, che mio padre ha incarnato. Penso al marchio Lancia, una sintesi di efficacia e leggerezza, e alle campegne pubblicitarie negli Stati Uniti, dove le automobili italiane a quel tempo venivano guardate dall’alto in basso. Erano piccoline, e ogni tanto si rompevano”.

Lo scrittore

Senza smettere di ascoltare una voce lontana che gli parlava dei classici e dei grandi autori, Oddone Camerana cominciò un giorno a scrivere davvero, in silenzio, da solitario. “Per farlo rinunciò a tutto, allo sport che amava, alla mondanità che rifuggiva, alle relazioni sociali. Sugli sci aveva anche conquistato un titolo italiano in slalom gigante, categoria cittadini, allora esisteva, ed era molto bravo anche a tennis e nel pugilato: raccontano che colpisse molto duro ma che suo padre, amministratore delegato della Fiat, gli avesse fatto capire che non era il caso di frequentare certi ambienti. Lavorava oppure scriveva, un po’ come Primo Levi. La sera, il sabato e la domenica“. Ma scrittore della domenica non è stato mai. E quanto coraggio nel portare in pagina una figura come “il cavalier Agnelli”, ovvero il senatore in persona, immaginato mentre passeggia da solo a Torino.

Il centenario

La Fiat tornerà ancora tra i fogli, ad esempio nell’opera forse più importante di Camerana, “Il centenario”, dove si narra di una fabbrica ormai chiusa che però deve sembrare aperta, quasi una morta vivente: “Un romanzo molto difficile, con alcuni tratti alla Joyce. Papà era un autore coraggioso, capace di raccontare anche la morte prematura e drammatica del figlio Giovanni, qualcosa che non si può superare anche se i miei genitori ci provarono, il papà con la letteratura e la mamma con la musica”.

L’abbandono della Fiat

Nel 1994, Oddone Camerana lasciò la Fiat per scrivere e basta. “Fu, in parte, anche una decisione polemica: lui era tra i fedelissimi di Vittorio Ghidella, che venne messo alla porta“. Eppure, né i libri né le vicende personali o familiari allontanarono mai Camerana e Gianni Agnelli: “Erano molto amici, credo cenassero insieme almeno due volte a settimana. L’Avvocato, come tutti sanno, era un uomo curioso, e di papà apprezzava la lucidità e la libertà intellettuale delle analisi. Insieme stavano davvero bene”.

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