Uomo di grande e singolare rilievo nella storia italiana del secondo dopoguerra, Adriano Olivetti si distinse per i suoi innovativi progetti industriali basati sul principio secondo cui il profitto aziendale deve essere reinvestito a beneficio della comunità.
La vocazione per il mondo dell’industria la eredita dal padre Camillo, un eclettico ingegnere, che nel 1908 fonda a Ivrea «la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere».
Adriano Olivetti: il genio che rivoluzionò la fabbrica paterna
Nato a Ivrea l’11 aprile del 1901, Adriano Olivetti è stato un imprenditore, ingegnere e politico italiano, figlio di Camillo Olivetti (fondatore della Ing. C. Olivetti & C.).
Gli inizi
Dopo essersi laureato in chimica industriale al Politecnico di Torino, nel 1924 inizia l’apprendistato nell’azienda paterna come operaio. A questo proposito, molti anni più avanti, e quando l’azienda sarà un colosso internazionale, dirà al giovane Furio Colombo:
“[…] io voglio che lei capisca il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri”.
L’anno seguente, Olivetti compie un viaggio negli Stati Uniti, viaggio che gli offre l’opportunità di visitare decine di fabbriche fra le più avanzate, sia sotto il profilo della concezione che del rapporto con i dipendenti.
Per la sua sensibilità estrosa e ricettiva questo è uno stimolo fortissimo. Tornato in Italia, infatti, si mette in testa di aggiornare e modernizzare la Olivetti, con una serie di progetti appositamente pensati da lui.
Fra le novità introdotte si trovano idee originalissime e all’avanguardia, caratterizzate da un’attenta e sensibile gestione dei dipendenti, sempre guardati dal punto di vista squisitamente umano prima che come risorse produttive.
Ecco allora prendere corpo un’organizzazione decentrata del personale, una diversa strutturazione delle funzioni direttive, la razionalizzazione dei tempi e metodi di montaggio, lo sviluppo della rete commerciale in Italia e all’estero e altro ancora.
Sulla spinta di questo entusiasmo innovatore, di lì a poco avvia anche il progetto della prima macchina per scrivere portatile che uscirà nel 1932 con il nome di MP1.
L’espansione della fabbrica
La nuova organizzazione fa aumentare in maniera significativa la produttività della fabbrica e le vendite dei prodotti. Alla fine del 1932 è nominato Direttore Generale dell’azienda, di cui diventerà Presidente nel 1938 subentrando al padre Camillo.
Porta avanti riflessioni e sperimentazioni nel campo dei metodi di lavoro e pubblica, nella rivista da lui fondata, “Tecnica e Organizzazione”, vari saggi di tecnologia, economia e sociologia industriale.
A Ivrea avvia la progettazione e costruzione di nuovi edifici industriali, uffici, case per dipendenti, mense, asili, dando origine ad un articolato sistema di servizi sociali. In particolare, nel 1937 dà l’avvio alla costruzione di un quartiere residenziale per i dipendenti, su progetto degli architetti Figini e Pollini (il futuro padre del pianista Maurizio).
In ambito strettamente industriale, invece, riduce l’orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali, a parità di salario, in anticipo sui contratti nazionali di lavoro.
Tra gli anni Quaranta e Cinquanta
Nel 1956 diventa membro onorario dell’American Institute of Planners e vicepresidente dell’International Federation for Housing and Town Planning; nel 1959 è nominato presidente dell‘Istituto UNRRA-Casas, creato in Italia per la ricostruzione post-bellica.
Tra i numerosi riconoscimenti che gli sono attribuiti vi sono, nel 1955, il Compasso d’Oro per meriti conseguiti nel campo dell’estetica industriale e, nel 1956, il Gran Premio di architettura per i pregi architettonici, l’originalità del disegno industriale, le finalità sociali e umane, presenti in ogni realizzazione Olivetti”.
Tra la fine degli anni Quaranta e la fine degli Cinquanta la Olivetti porta sul mercato alcuni prodotti destinati a diventare veri oggetti di culto per la bellezza del design, ma anche per la qualità tecnologica e l’eccellenza funzionale: tra questi la macchina per scrivere Lexikon 80 (1948), la macchina per scrivere portatile Lettera 22 (1950), la calcolatrice Divisumma 24 (1956).
La Lettera 22 nel 1959 verrà indicata da una giuria di designer a livello internazionale come il primo tra i cento migliori prodotti degli ultimi cento anni.
Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale
Alla fine della seconda guerra mondiale l’attività di Adriano Olivetti come editore, scrittore e uomo di cultura si intensifica.
Già in precedenza, assieme a un gruppo di giovani intellettuali, aveva fondato una nuova casa editrice, la NEI (Nuove Edizioni Ivrea), di fatto trasformata nel 1946 nelle Edizioni di Comunità.
Con un intenso programma editoriale, sono pubblicate importanti opere in vari campi della cultura, dal pensiero politico alla sociologia, dalla filosofia all’organizzazione del lavoro, facendo conoscere autori d’avanguardia o di grande prestigio all’estero, ma ancora sconosciuti in Italia.
In Europa, intanto, imperversa la Seconda Guerra Mondiale e l’imprenditore si rifugia momentaneamente in Svizzera. Qui completa la stesura del libro “L’ordine politico delle comunità”, in cui esprime le idee alla base di un vagheggiato Movimento Comunità, fondato successivamente nel 1947.
La rivista “Comunità”, invece, iniziate le pubblicazioni nel 1946, diventa il punto di riferimento culturale del Movimento. Alla fine del ’59 le Edizioni di Comunità pubblicheranno una raccolta di saggi di Adriano Olivetti sotto il titolo “Città dell’Uomo”.
L’istituto Irur
Per tradurre le idee comunitarie in realizzazioni concrete, nel 1955 fonda l’IRUR – Istituto per il Rinnovamento Urbano e Rurale del Canavese – con l’obiettivo di combattere la disoccupazione nell’area canavesana promuovendo nuove attività industriali e agricole.
L’anno seguente il Movimento Comunità si presenta alle elezioni amministrative e Adriano Olivetti viene eletto sindaco di Ivrea.
Il successo induce Comunità a presentarsi anche alle elezioni politiche del 1958, ma risulta eletto il solo Adriano Olivetti.
Morte
Il 27 febbraio 1960, nel pieno di una vita ancora vulcanica e intensa, muore improvvisamente ad Aigle, durante un viaggio in treno da Milano a Losanna, lasciando un’azienda presente su tutti i maggiori mercati internazionali, con circa 36mila dipendenti, di cui oltre la metà all’estero.