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Allarme 118, fuga continua: altri tre medici vanno via

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Foto di repertorio

Mancanza di personale e fuga dei medici dalle prime linee al 118 di Napoli. “Troppo stress, condizioni di lavoro rese complicate non solo dalla scarsità di riconoscimenti economici o di carriera, ma anche dal comportamento spesso irrispettoso di alcuni utenti e dalle numerose piccole violenze subite“, avverte Giuseppe Galano.

Altri tre medici in fuga dal 118 di Napoli

Mancanza di personale e fuga dei medici dalle prime linee: le ultime uscite si registrano al 118 di Napoli, dove a un già lungo stillicidio si sono aggiunti nei giorni scorsi altri tre abbandoni da parte di medici che hanno dedicato una vita al servizio. “Troppo stress, condizioni di lavoro rese complicate non solo dalla scarsità di riconoscimenti economici o di carriera, ma anche dal comportamento spesso irrispettoso di alcuni utenti e dalle numerose piccole violenze subite“, avverte Giuseppe Galano, coordinatore della rete dell’emergenza e urgenza del capoluogo campano e segretario regionale degli anestesisti e rianimatori di Aaroi Emac. “I colleghi sono esausti dopo anni di impegno, e non solo non si avvicinano giovani professionisti, ma se ne vanno anche molti medici, sia esperti che meno anziani”.

Un nodo diventato scorsoio per la funzionalità di un servizio salvavita: secondo calano un rimedio sarebbe attuare una vecchia norma che prevedeva la rotazione del personale in servizio in pronto soccorso come avviene nei fronti di guerra. Il tempo necessario per spegnere l’interruttore dell’adrenalina sempre acceso e ricaricare le pile. A parere di Pierino Di Silverio, dirigente medico del Monaldi e segretario nazionale dell’Anaao, per interrompere il corto circuito delle fughe, dei concorsi deserti e delle borse di specializzazione disertate nelle aree disciplinari critiche, bisogna rendere più appetibile la professione in questi reparti. In che modo? “Depenalizzando l’atto medico, adeguando in maniera significativa gli stipendi, producendo innovazioni del modello assistenziale, creando aree di dirigenza speciale con garanzie contrattuali e previdenziali diversificate ma anche contrattualizzando gli specializzandi e procedendo a una riforma quadro profonda e condivisa dei pronto soccorso e degli ospedali e dei presidi territoriali”.

“Le carenze di medici riguardano principalmente il pronto soccorso e l’area dell’emergenza sottolinea Lino Pietropaolo, segretario regionale campano della Cisl medici per cui queste aree andrebbero riformate sia in termini economici sia in termini previdenziali con scatti di anzianità diversificati, riposi adeguati, tutele, welfare tanto da consentire ai giovani di essere spinti a scegliere queste discipline sia nei concorsi sia nei bandi per le specializzazioni”.

Le possibili soluzioni

“Oltre alla parte economica assolutamente mortificante aggiunge Antonio De Falco, leader regionale della Cimo vanno considerate con attenzione tutte la serie di garanzie in termini di turni, indennità di straordinario, riposo, ferie e tutto quanto attiene al contorno del dato meramente stipendiale del lavoro da dipendente della Sanità pubblica. Oggi ai 136 miliardi della torta nazionale dei finanziamenti per la sanità delle regioni già se ne spendono altri 40 per prestazioni completamente private di cui solo una piccola fetta intermediata da assicurazioni e fondi professionali”. Sono dunque maturi, secondo gli addetti ai lavori, i tempi di una riforma che rivisiti il modello anziché mettere nel piatto solo più risorse per alimentare lo stesso impianto organizzativo.

“Il problema della carenza di medici è molto sentito in tutti i settori spiega Franco Perrone, oncologo del Pascale presidente nazionale Aiom rifletto anche dalla sbagliata pianificazione degli accessi universitari. Se ne esce se si aumenta il finanziamento e la strada presa dal ministro di migliorare questo aspetto per contrastare la fuga verso il privato è giusta ma la prospettiva di un quadro di autonomia delle regioni mette in competizione pubblico e pubblico all’interno delle regioni”.

Secondo Annamaria Staiano, che guida la società italiana di Pediatria, docente della Federico II, “la carenza di personale è un fenomeno che riguarda anche la Pediatria soprattutto nell’area dell’alta complessità assistenziale e dell’emergenza urgenza. Le ragioni sono molteplici, legate soprattutto alla errata programmazione degli anni passati, ma l’aumento delle borse di specializzazione previste nei prossimi due tre anni potrà portare a un miglioramento”.

 

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