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Alzheimer, alcuni vaccini possono ridurre il rischio fino al 40%: ecco quali sono

test innovativo declino cognitivo

foto di repertorio

Alcuni vaccini possono ridurre il rischio dell’insorgere dell’Alzheimer fino al 40%: lo stabilisce una nuova ricerca epidemiologica della McGovern Medical School di Houston. Ecco quali sono i vaccini che potrebbero aiutare gli anziani.

Alzheimer, alcuni vaccini possono ridurre il rischio fino al 40%

Secondo una recente ricerca epidemiologica condotta dalla McGovern Medical School di Houston, i vaccini potrebbero rivelarsi utili nella prevenzione dell’Alzheimer. Lo studio, pubblicato di recente sul Journal of Alzheimer’s Disease, ha analizzato il legame tra alcune vaccinazioni di routine per adulti e la diminuzione del rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer. Con l’incremento dell’età media della popolazione, la ricerca sulla prevenzione delle malattie neurodegenerative sta acquisendo sempre maggiore importanza, e questi risultati potrebbero rappresentare un potenziale punto di svolta nella lotta contro questa malattia.

L’indagine è stata realizzata su un ampio campione di persone di età compresa tra i 65 e gli 85 anni, che non presentavano segni di demenza all’inizio del periodo di osservazione e sono state seguite per otto anni. Tra questi individui, coloro che avevano ricevuto alcune vaccinazioni – inclusi i vaccini contro l’influenza, il tetano, la difterite, la pertosse e lo pneumococco – mostravano una probabilità significativamente più bassa di essere diagnosticati con Alzheimer. I dati indicano che i soggetti vaccinati contro l’influenza, ad esempio, avevano un rischio di Alzheimer inferiore del 40% rispetto a quelli non vaccinati. Anche altre vaccinazioni hanno dimostrato effetti protettivi: il vaccino contro il tetano, la difterite e la pertosse ha ridotto il rischio del 30%, mentre quelli contro l’herpes zoster e lo pneumococco hanno mostrato una diminuzione rispettivamente del 27% e del 25%.

I risultati delle precedenti ricerche

Questi risultati non rappresentano un caso isolato: ricerche precedenti condotte dal team del professor Paul E. Schulz, neurologo alla McGovern Medical School e consulente dello studio, avevano già suggerito che il vaccino antinfluenzale potesse fornire una protezione contro l’Alzheimer. L’ipotesi iniziale è che la stimolazione del sistema immunitario, indotta dai vaccini, possa “allenare” l’organismo a riconoscere ed eliminare le proteine tossiche nel cervello, come le placche di beta-amiloide, la cui accumulazione è una delle principali caratteristiche della malattia di Alzheimer.

I ricercatori suggeriscono che l’efficacia dei vaccini nel ridurre il rischio di Alzheimer potrebbe derivare da un potenziamento della risposta immunitaria complessiva. Avram Bukhbinder, uno degli autori dello studio, ha evidenziato che i vaccini non agiscono direttamente sul cervello, ma piuttosto migliorano l’efficacia del sistema immunitario nell’individuare e rimuovere accumuli tossici, come le placche amiloidi e i grovigli neurofibrillari, che sono considerati responsabili del declino cognitivo nei pazienti affetti da Alzheimer.

Gli studiosi ipotizzano che il beneficio dei vaccini nel contesto dell’Alzheimer possa derivare da una serie di fattori combinati. In primo luogo, i vaccini attivano il sistema immunitario, e questa “attivazione” potrebbe persistere nel tempo, potenziando la capacità delle cellule immunitarie di eliminare proteine tossiche e di rispondere in modo più efficace a infiammazioni o lesioni cerebrali. Tale potenziamento del sistema immunitario potrebbe quindi contribuire a limitare i danni collaterali legati all’infiammazione cronica, riducendo l’impatto sulle cellule sane circostanti e rallentando così il processo neurodegenerativo.

I farmaci attualmente disponibili per l’Alzheimer

Schulz ha anche sottolineato che i farmaci attualmente in uso per l’Alzheimer, sfortunatamente, forniscono solo un rallentamento della progressione della malattia, senza offrire una vera e propria prevenzione. Per questo motivo, le scoperte sui vaccini rivestono un’importanza fondamentale come possibile strumento preventivo. Le opportunità legate alla vaccinazione preventiva, in particolare per adulti e anziani, potrebbero quindi trasformare l’approccio a lungo termine nei confronti della malattia.

Uno degli aspetti più affascinanti di questo studio è che l’effetto protettivo non si limita a un solo tipo di vaccino, ma si estende a diverse vaccinazioni comunemente somministrate durante l’età adulta. Questa scoperta ha stimolato nuove ipotesi tra i ricercatori, i quali suggeriscono che il legame tra le vaccinazioni e la riduzione del rischio di Alzheimer possa essere di natura sistemica piuttosto che specifica. In altre parole, il sistema immunitario potrebbe essere “addestrato” a rispondere in modo più efficace non solo a determinati agenti patogeni, ma anche a segnali di danno o infiammazione nel cervello. Pertanto, la capacità del sistema immunitario di intervenire sul metabolismo delle proteine tossiche nel cervello e di ripulire il sistema nervoso centrale dalle placche potrebbe essere potenziata anche da vaccini non specifici per le malattie neurodegenerative.

Le ricerche epidemiologiche come questa forniscono una base solida per esplorare il legame tra il sistema immunitario e le malattie neurodegenerative. Tuttavia, è fondamentale condurre ulteriori studi clinici per comprendere appieno i meccanismi alla base di questo fenomeno e per valutare l’impatto a lungo termine dei vaccini sulla salute cognitiva. In ogni caso, i risultati indicano che mantenere un programma di vaccinazione regolare, oltre a offrire protezione contro specifiche infezioni, potrebbe avere effetti positivi anche nella prevenzione di condizioni croniche come l’Alzheimer.

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