Amedeo Clemente Modigliani (noto anche con i soprannomi di Modì e Dedo) è stato un pittore e scultore italiano, celebre per i suoi ritratti femminili caratterizzati da volti stilizzati e colli affusolati. Affetto da tubercolosi, morì all’età di 35 anni. È sepolto nel cimitero parigino del Père Lachaise.
Amedeo Modigliani, poeta e scultore italiano
Amedeo Modigliani, nato a Livorno il 12 luglio del 1884 e morto a Parigi il 24 gennaio del 1920, è il quarto figlio di una famiglia ebrea sull’orlo di una crisi finanziaria.
Eugenia Garsin, la mamma, lo inizia al disegno e già nel 1898, Modigliani frequenta l’atelier del pittore Guglielmo Micheli, allievo del “macchiaiolo” Giovanni Fattori. Alla fine del 1900 si ammala di tubercolosi ed è costretto a spostarsi a Sud, tra Napoli e Roma.
Ma sarà soltanto alle “scuole di nudo” di Firenze e di Venezia, nel 1902 e nel 1903, che il futuro “Modì”, come sarebbe stato chiamato dai francesi, viene folgorato dall’amore per il corpo femminile.
Parigi
Grazie allo zio Amedeo Garsin, nel 1906 Amedeo Modigliani trova i soldi per trasferirsi a Parigi, sede mondiale dell’arte. Affitta uno studio in rue Caulaincourt, a Montmartre, e l’anno seguente conosce il chirurgo Paul Alexandre, il quale diventa suo collezionista.
Modigliani si iscrive all’Académie Colarossi, ma è nelle taverne della “Butte”, la parte più degradata del quartiere, che si affrontano quelle discussioni sull’arte in grado di prospettare le nuove avanguardie del Novecento.
Qui conosce Pablo Picasso, Andre Derain, Diego Rivera. Ma anche il pittore alcolizzato Utrillo e il barone oppiomane Pigeard, che lo aprono fatalmente alle droghe e all’alcol.
Le grandi opere
La prima esposizione del pittore livornese risale al marzo del 1908. Sei opere al Salone degli Indipendenti, tra le quali “L’ebrea” e “Busto di donna nuda”.
A convincerlo ad esporre, fu il medico Paul Alexandre, il quale ebbe anche il merito di fargli scoprire l’arte africana, portandolo a visitare i musei Guimet, Louvre e Trocadero. L’incontro con il primitivismo è determinante e gli apre definitivamente le porte della scultura e della pietra.
A causa di una violenta lite con altri artisti, Amedeo Modigliani lascia Montmartre, trasferendosi nel cosiddetto “alveare” de la “Ruche”, a Montparnasse.
Qui conosce Chagall, Leger e Soutine, soprattutto, di cui sosterrà sempre l’opera. Ed è sempre qui che verso la fine del 1909 la zia Laura Garsin lo rintraccia, “miseramente alloggiato all’altezza di un primo piano”, per riportarlo a Livorno.
Qui, in estate, Modigliani lavora alla celebre opera “Il mendicante”, che sarà esposta nel 1910 al Salone degli Indipendenti. In questo stesso anno poi, instaura una intensa relazione con la poetessa russa Anna Achmatova.
Le “cariatidi”
Nel 1912 espone al X Salone d’Autunno le sue teste di pietra. Fondamentale, l’incontro con lo scultore romeno Constantin Brancusi, allora già famoso.
Contemporaneamente però, vive nella miseria, e un giorno di quello stesso anno l’amico Ortis de Zarate lo trova svenuto sul pavimento di casa, in condizioni fisiche critiche. Si organizza una colletta per riportarlo a Livorno, dove arriva magrissimo e pallido. Il periodo italiano dura pochi mesi.
Amedeo Modigliani torna a Parigi e nell’arco di un paio d’anni porta a termine lo studio scultoreo e pittorico delle cosiddette “cariatidi”, enormi figure di donne femminili che avrebbero inscritto l’opera dell’artista livornese nella storia dell’arte di tutti i tempi. È anche il periodo delle “dame dal collo lungo“, altro marchio distintivo dell’artista.
La “musa maledetta”
Tra il 1914 e il 1916 frequenta Beatrice Hastings, secondo alcuni “musa maledetta” che lo incoraggia alle droghe e all’alcol.
Lavora per il mercante Guillaume, l’unico che acquistava le opere di Modì in quel periodo segnato dalle avanguardie cubiste, verso cui il pittore livornese non ebbe mai interesse. Ed è solo all’inizio del 1917 che il poeta polacco Leopold Zborowski comincia ad occuparsi di lui. Gli propone un contratto: 15 franchi al giorno in cambio dell’esclusiva sulla sua produzione.
È l’anno più importante della vita di Modì. Comincia la serie di nudi, esegue i famosi ritratti del poeta polacco e della sua famiglia e, soprattutto, conosce Jeanne Hebuterne, la donna che non riuscirà a sopravvivergli, suicidandosi alcune ore dopo la sua morte.
Nel dicembre dello stesso anno, la Galleria Berthe Weill allestisce la prima mostra personale di Amedeo Modigliani e i nudi esposti vengono ritirati dalla questura, che li giudica offensivi.
Costa Azzurra e morte
Nel 1918 Jeanne è incinta e insieme, con gli Zborowski, si trasferiscono in Costa Azzurra. Il 29 novembre, nasce a Nizza la piccola Jeanne Modigliani, sua figlia. In questo periodo frequenta la casa del grande Renoir, semiparalizzato, e l’anno dopo, rientrati a Parigi e con Jeanne di nuovo incinta, Modigliani dipinge il suo unico autoritratto.
Durante l’estate del 1919 l’opera del livornese comincia ad essere apprezzata anche all’estero, a Londra, grazie all’interessamento dei critici Earp e Atkin.
Ma sono gli anni in cui la tubercolosi si fa sempre più grave e la sera del 24 gennaio del 1920, all’ospedale della Carità, Amedeo Modigliani muore. Pare che prima di morire abbia detto all’amico Zborowski queste parole: “Io sono ormai fottuto, ma ti lascio Soutine“.