Andy Warhol, pseudonimo di Andrew Warhol Jr., è stato un pittore, scultore, sceneggiatore, produttore cinematografico, regista, direttore della fotografia, montatore e attore statunitense, figura predominante del movimento della Pop art e uno dei più influenti artisti del XX secolo.
Andy Warhol: la biografia del celebre esponente della Pop Art
Warhol nacque a Pittsburgh, in Pennsylvania, il 6 agosto del 1928, ultimo dei quattro figli di Ondrej Warhola (che anglofonizzò il proprio nome in Andrew Warhola poco dopo il suo arrivo negli Stati Uniti; 1889-1942) e di Júlia Justína Zavacká (1892-1972), ambedue modesti immigrati lemchi originari di Miková (un paese situato nell’odierna Slovacchia nord-orientale).
Warhol mostrò subito il suo talento artistico, e studiò arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology, l’attuale Carnegie Mellon University di Pittsburgh. Dopo la laurea, ottenuta nel 1949, si trasferì a New York.
La “grande mela” gli offrì subito molteplici possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, lavorando per riviste come Vogue e Glamour.
L’aggressione del 3 giugno 1968
Il 3 giugno 1968 una femminista radicale nonché artista frequentatrice della “Factory”, Valerie Solanas, sparò a Warhol e al suo compagno di allora, Mario Amaya. Entrambi sopravvissero, nonostante le gravissime ferite riportate da Warhol avessero fatto temere il peggio.
Le apparizioni pubbliche di Warhol dopo questa vicenda diminuirono drasticamente: l’artista si rifiutò di testimoniare contro la sua assalitrice e la vicenda passò in second’ordine per via dell’assassinio di Bob Kennedy, avvenuto due giorni dopo.
La morte
Morì 58enne a New York il 22 febbraio 1987, in seguito a un intervento chirurgico alla cistifellea, dopo aver realizzato Last Supper, ispirato all’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
I funerali si svolsero a Pittsburgh, sua città natale, e a New York venne celebrata una messa di suffragio. Nella primavera del 1988, 10.000 oggetti di sua proprietà furono venduti all’asta da Sotheby’s per finanziare la “Andy Warhol Foundation for the Visual Arts”. Nel 1989 il Museum of Modern Art di New York gli dedicò una grande retrospettiva.
Dopo la morte, la fama e la quotazione delle opere crebbero al punto da rendere Andy Warhol il “secondo artista più comprato e venduto al mondo dopo Pablo Picasso”.
Il fratello Paul Warhol, allevatore di polli, che non aveva mai posseduto un particolare talento per l’arte, utilizzò la tecnica di Andy di ricavare stampe da fotografie”.
In tal modo riuscì a vendere poster di lattine di fagioli e “una serie di opere d’arte con la sua firma, realizzate facendo camminare delle galline sulle tele dopo averne immerso le zampe in colori acrilici.
Le opere più famose
La sua attività artistica conta tantissime opere, che produceva in serie con l’ausilio dell’impianto serigrafico. Le sue opere più famose sono diventate delle icone: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara, Michael Jackson, Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Marlon Brando, Liza Minnelli e tante altre.
Da ricordare le regine regnanti Elisabetta II del Regno Unito, Margherita II di Danimarca, Beatrice dei Paesi Bassi, l’imperatrice consorte dell’Iran Farah Pahlavi, la principessa consorte di Monaco Grace Kelly, la regina madre dello Swaziland Ntfombi e la principessa di Galles Diana Spencer.
La ripetizione
La ripetizione era il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori (prevalentemente vivaci e forti).
Prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali (famose le sue bottiglie di Coca-Cola) o immagini d’impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a svuotare di ogni significato le immagini che rappresentava proprio con la ripetizione dell’immagine stessa su vasta scala.
La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all’interno di un museo o di una mostra, era una provocazione nemmeno troppo velata: secondo uno dei più grandi esponenti della Pop art l’arte doveva essere “consumata” come un qualsiasi altro prodotto commerciale.
Ha spesso ribadito che i prodotti di massa rappresentano la democrazia sociale e come tali devono essere riconosciuti: anche il più povero può bere la stessa Coca-Cola che beve Jimmy Carter o Elizabeth Taylor. Fra i suoi assistenti, che successivamente divennero essi stessi famosi, figurò Ronnie Cutrone.
La rivisitazione di opere del passato
Successivamente rivisitò anche le grandi opere del passato, come l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci o capolavori di Paolo Uccello e Piero della Francesca: anche in questo caso cercò di rendere omaggio a delle opere d’arte al posto dei mass media che in alcuni casi cercarono di screditarlo, tuttavia la pop art fu una delle forme d’arte principali che accompagnarono il boom economico.
Per i VIP dell’epoca essere ritratti da Warhol divenne un imperativo a conferma del proprio status sociale. Su questo tema fu allestita al Grand Palais di Parigi la mostra Le Grand Monde d’Andy Warhol (18 marzo – 13 luglio 2009), dove furono esposti, tra i molti altri, anche i ritratti fatti agli italiani Gianni e Marella Agnelli (1972).
Scultura
Andy Warhol ha anche creato alcune sculture che riproponevano in più dimensioni alcuni suoi lavori serigrafici più famosi, come ad esempio scatole di detersivo Brillo ed altri prodotti in scatola.
Cinema
L’interesse di Warhol per il cinema si manifesta a partire dal 1963, quando l’artista, dopo aver frequentato la cinémathèque di Jonas Mekas e il circuito del New American Cinema, decide di acquistare una cinepresa Bolex 16mm.
I film di Warhol di questo primo periodo si possono definire minimali: Sleep, Kiss, Eat, Blow Job, Empire, tutti del 1963-1965, mostrano azioni ripetute dilatate nel tempo, riprese con una camera fissa.
A Warhol interessa la composizione dell’immagine che si viene a creare partendo da un unico punto di vista. Questi primi film sono come quadri che, invece di essere appesi, sono proiettati su una parete bianca.
I film sperimentali senza sonoro sono girati in 16mm alla velocità di 24 fotogrammi per secondo e proiettati alla velocità di 16 fotogrammi al secondo; questa caratteristica rallenta e amplifica l’immagine del film, che viene percepito in un tempo lunghissimo.
Luogo fondamentale sia per la sperimentazione che per l’ispirazione nel mondo del cinema di Warhol fu la Silver Factory; l’ampio locale ubicato al quarto piano di un’ex fabbrica di cappelli sulla 47ª strada, fu il più noto studio-laboratorio di Warhol, teatro di molti progetti artistici tra il 1963 e il 1968.
Circondato da persone con cui scambiare suggerimenti ed idee, Warhol lavorò alla Factory con ritmi da “catena di montaggio”. La Factory era una open house, un luogo aperto in cui tutti erano invitati a partecipare.
Nello studio gravitava un mondo di originali, intorno a una figura che si faceva chiamare “capo“, ma che era orgoglioso di non dare mai l’impressione di avere la minima individualità, di non essere mai altro che lo specchio del suo entourage, la copia di ciò che i suoi cortigiani volevano che fosse.
La Factory diventava così uno spazio ideologico dove molte nozioni sulla pop art si trasformavano in stile di vita. Il gruppo formava un nucleo con un linguaggio comune, uno stile comune fondato sull’accettazione di qualsiasi comportamento, senza pretesa di giudizio.
Screen Test
“Trovo il montaggio troppo stancante […] lascio che la camera funzioni fino a che la pellicola finisce, così posso guardare le persone per come sono veramente”
Un posto importante nella produzione cinematografica di Warhol riguarda i 500 rulli di Screen Test, ritratti filmati di personaggi in visita alla Factory, ripresi con un camera fissa per tre minuti su un fondo nero.
Warhol chiedeva a ogni partecipante del provino (screen-test) di fissare la camera, di non muoversi durante la ripresa e di non sbattere le ciglia, restando con lo sguardo fisso.
L’idea è quella di fissare in un ritratto un personaggio che compie un’azione banale, ma che per Warhol ha un significato importante. L’obiettivo non è solo quello di entrare nell’intimità del personaggio ripreso ma anche quello di colpire lo stesso spettatore e farlo riflettere.
La vita privata
Warhol era omosessuale. Era inoltre cattolico praticante, aderendo al cattolicesimo di tradizione rutena. Faceva regolarmente volontariato presso i rifugi per senzatetto e si descriveva come una persona religiosa.
Durante la sua vita, Warhol frequentava regolarmente la messa, e il sacerdote della chiesa newyorkese che l’artista frequentava, la San Vincenzo Ferrer a Manhattan, disse che veniva quasi ogni giorno, anche se non partecipava ai sacramenti della Comunione o della Confessione.
Il fratello di Warhol aveva descritto l’artista come “molto religioso, ma non voleva che le persone lo sapessero perché era una cosa privata. Nonostante la natura privata della sua fede, nell’elogio funebre di Warhol, John Richardson lo dipinse come una persona devota:
“A mia conoscenza, lui è stato responsabile per almeno una conversione al Cristianesimo. Era molto orgoglioso di aver finanziato gli studi per il sacerdozio del nipote“.
La sua arte era influenzata dalla tradizione cristiano-orientale, che era così evidente nei luoghi di culto che frequentava.