Salvini, Trump e Bolsonaro sono i politici che alimentano bufale e fake news sul coronavirus. Lo ha affermato la Bbc lo scorso 16 aprile, ma la notizia non ha avuto alcun risalto nei media europei ed italiani. Matteo Salvini è in compagnia del presidente americano Donald Trump e quello brasiliano Jair Bolsonaro in un video diffuso dall’emittente più autorevole del mondo.
Bufale sul coronavirus: Salvini, Trump e Bolsonaro i patrioti delle fake news
Tra le varie bufale diffuse, si ricorda, tra le altre quella del leader leghista – partendo dal video di Leonardo – secondo cui il coronavirus sarebbe stato creato artificialmente dai cinesi. Ragion per cui, Salvini si sarebbe deciso a chiedere 20 miliardi di euro di risarcimenti alla Cina. Una tesi alimentata anche dal presidente degli Stati Uniti.
Il video è andato in onda lo scorso 16 aprile, con tanto di screen all’interno della sequenza che mostra alcune condivisioni del leghista. Un’accusa, quella della nota testata inglese, evidentemente passata in secondo piano nel resto del mondo durante la seconda metà di aprile.
Ecco il video
Coronavirus in Brasile
In Brasile cresce la paura, perché c’è un’impennata dei contagi che hanno superato i 100 mila casi (101.826), assieme al numero di morti che sono oltre 7 mila (7.051), al 5 maggio. Nessuno lo dice apertamente ma gli esperti e chi segue la curva epidemica sanno che sono molti di più. Quando si faranno i conti di questa strage si scoprirà che sono dieci, forse venti volte tanto.
Il Brasile si scopre primo paese dell’America Latina per numero di infetti da Covid 19 e di vittime. Colpa del virus e colpa dello scontro continuo tra il presidente Jair Bolsonaro, contrario alle misure di autoisolamento, e i governatori favorevoli; tra lui e i medici che invitano a proteggersi; tra lui e i ministri della Salute che licenzia, cambia, ma che insistono magari con toni più dimessi sulla stessa linea. L’unica in grado di frenare lo tsunami del coronavirus in attesa di un vaccino. Come fa il resto del mondo.
Ma Bolsonaro vuole riaprire, riavviare la macchina produttiva del Paese. Scende di nuovo in piazza, chiama a raccolta sostenitori e fedelissimi, gira senza guanti e mascherine. Lo faccio io, potete farlo anche voi. Sono in tanti ad ascoltarlo. Vedono trame e complotti. Non solo sanitari, ma politici. Si radunano davanti al Palazzo dell’Alvorada, residenza ufficiale del loro capo, e sventolano le bandiere nazionali, innalzano cartelli, usano le aste per inseguire e colpire giornalisti e fotografi. Improvvisano cortei e lanciano messaggi con i megafoni mentre si spostano nella spianata dei ministeri. Bolsonaro li accoglie. Li saluta mentre tiene per mano la sua ultima figlia, anche lei senza protezioni.
La folla accusa il Tribunale Supremo Federale che ha disposto un’indagine sulle “gravi interferenze” nel potere giudiziario denunciate dall’ex ministro Sergio Moro, anche lui costretto alle dimissioni. L’eroe diventato “Giuda”, “Traditore” come viene definito da Bolsonaro mentre l’ex giudice-paladino dell’anticorruzione depone per 8 ore davanti ai dirigenti della Polizia federale di Curitiba, gli stessi con cui ha lavorato nella mega inchiesta Lava Jato, nel palazzo dove per quasi due anni è stato rinchiuso Lula, e che adesso vogliono sapere da lui quali prove ha per sostenere che il presidente ha interferito pesantemente sulla sua attività di ministro e capo dell’attività giudiziaria in Brasile.