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Dal campo di internamento di Monteforte lettera ad un amico

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CULTURA. Irpinia, una terra piena di avventure e storia di vita che ha attraversato il tempo lasciando testimonianze scritte di antichi racconti. Testi scritti, come un tempo si faceva per comunicare, che oggi ci permettono di ricostruire la vita trascorsa e passata sulla nostra terra. Testimonianze vere e tangibili che ricostruiremo attraverso la rubrica “Lettere dal passato”, partendo dai testi scritti dagli internati nei campi di concentramento irpini e recuperate dall’Archivio di Stato di Avellino. Oggi partiamo da una lettera scritta da un internato presso il campo di concentramento di Monteforte Irpino.

Lettera ad un amico: “a Dante”

Le lettere rappresentano un po’ il passato dimenticato, quelle emozioni che si descrivevano dettagliatamente e con fervore, tra le tante missive presenti in questa ricerca quella indirizzata al signor Parziali Dante che ha conservato tutto il dolore e la speranza di un ritorno a casa.
La missiva racconta di una donna, Anna, che scrive al suo compagno conosciuto nel campo di Monteforte, e descrive la piena comprensione, di quei ricordi condivisi, pieni di sofferenza e malinconia . “Dante ti ricordi di Bruno, della fontana e non mi posso levare davanti la perugina…ti ricordi? – si legge nella lettera – Pensami come io penso a te, io ti volesse far vedere io che vita faccio, io te lo dissi che nessuno più, solo tu mi hai conosciuta, l’anno venturo se il Signore ci dà la salute e la forza e non ti muori di fame ci vedremo ancora?Dante ti voglio assai assai bene, non fa niente che tu sei sposato e celai i bambini” (stralci di lettera a Dante).
Un groviglio di sensazioni di vita ben impresse e chiare nel loro interfacciarsi con la vita dentro e fuori dal campo. Stralci di umanità che ha attraversato un periodo storico difficile e duro ma che ha comunque conservato la bellezza della vita. Lettere che scivolano indietro ma come un’altalena rimbalzano avanti per non farci perdere ciò che siamo stati.

                                                                                                                                                 Articolo a cura di Elizabeth Iannone

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