STURNO. Da quasi tre mesi, da quel maledetto 15 aprile 2018, i genitori di Thomas Famiglietti sono tormentati da un enorme rimpianto: probabilmente il loro figlio, deceduto a soli diciotto anni, sarebbe ancora vivo se la sua auto non fosse finita contro una quercia piantata proprio sul ciglio della strada. E chiedono con forza di appurare se quell’ostacolo, in quella posizione, potesse starci, chiamando in causa la Provincia di Avellino.
La tragedia
La tragedia che ha scosso tutto Sturno, dove il ragazzo abitava con la sua famiglia, e l’intera Irpinia, è tristemente nota. Quel sabato notte Thomas, dopo una serata passata con gli amici, stava rincasando al volante della Citroen C3 della mamma e percorreva un tratto della Provinciale 167 che aveva fatto e rifatto mille volte. Ma per una distrazione, o forse per un colpo di sonno, il giovanissimo ha perso il controllo della sua vettura in contrada Crocevia, nel territorio del suo stesso comune di residenza, non lontano da casa. Ed ha avuto la sventura di centrare in pieno e di schiantarsi contro una delle querce che costeggiano la strada, all’altezza del civico 49: un impatto che non gli ha lasciato scampo. Se anche l’allarme fosse scattato prima – il giovane è stato soccorso solo un’ora dopo, quando un passante ha notato la macchina ridotta un ammasso di lamiere contorte nel terreno adiacente –, con ogni probabilità non ci sarebbe stato comunque niente da fare: il decesso deve essere stato istantaneo. Al personale del 118, che l’ha estratto dall’abitatolo in collaborazione con i vigili del fuoco di Grottaminarda e con i carabinieri di Frigento, non è rimasto che constatare la morte.
Un epilogo che però, forse, sarebbe potuto essere diverso se quell’albero non ci fosse stato e se la vettura del ragazzo avesse avuto una via di fuga diretta verso il campo dove ha poi finito la sua corsa. I genitori del ragazzo non sanno darsi pace, intendono andare a fondo e per fare piena luce sui fatti, attraverso i consulenti personali Sabino De Benedictis e Mila Tizzano, si sono affidati a Studio 3A, società specializzata livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che ha già seguito diversi incidenti sul genere e che si è subito attivato per approfondire il caso specifico e l’esatta dinamica del sinistro.
Il fatto è che l’attuale normativa datata 1992, il cosiddetto Decreto Matteoli, prescriverebbe una distanza minima delle alberature dal margine della strada di sei metri per evitare un fenomeno che, purtroppo, è frequentissimo: solo per citare un dato ufficiale, fonte Istat, nel 2016 sono stati oltre cinquemila gli incidenti con lesioni a persone causati da un urto con ostacolo accidentale e nella stragrande maggioranza dei casi si tratta appunto di alberi “killer” a bordo strada. Più di uno al giorno. Il Decreto, certo, prevede di preservare le piante già piantumate, ma impone anche di metterle in sicurezza con dei guardrail: qui non erano rispettate né la distanza né la condizione dei dispositivi di protezione.
Per questo saranno dunque attentamente vagliate anche eventuali responsabilità da parte della Provincia di Avellino, Ente gestore della Sp 167, tenuto anche conto che finalmente la magistratura ha cominciato a far valere e applicare queste norme: una recente sentenza ha condannato la provincia di Livorno a risarcire i familiari di un operaio senegalese deceduto a causa dello schianto contro uno dei platani dell’Aurelia.
Un accertamento che i familiari chiedono con forza di effettuare anche sul fronte penale: la Procura di Avellino, con il Sostituto Procuratore dott.ssa Paola Galbo, come da prassi, sulla morte di Thomas Famiglietti ha subito aperto un procedimento contro ignoti di cui tuttavia non si conosce lo stato dell’arte.