POLITICA. È previsto per il prossimo 12 febbraio presso il Centro congressi Tiempo di Napoli, l’incontro tra i rappresentanti dei laboratori campani – coordinati dal Segretario nazionale di Federbiologi Elisabetta Argenzano – e il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Interverranno anche i consiglieri regionali Alfonso Longobardi e Antonella Ciaramella, e il presidente del Consiglio Regionale della Campania Rosa D’Amelio.
Il tema al centro del convegno sarà la riorganizzazione dei laboratori sulla base del decreto legislativo n.109 del 19/11/2013, con il quale la regione Campania ha legiferato il piano di riassetto della rete laboratoristica privata.
Le indicazioni contenute nel decreto sui laboratori
Il decreto prevede che i laboratori privati provvisoriamente accreditati, al fine di poter continuare ad erogare prestazioni con costo a carico del S.S.N. ( Sistema Sanitario Nazionale) debbano dimostrare di raggiungere una “soglia minima di efficienza”.
In parole meno “giuridichesi”, si stabilisce che le strutture generali di base con settori specializzati che non raggiungono il numero di 200mila prestazioni erogate all’anno, debbano perdere la propria autonomia; anche se, ai sensi dello stesso D.C.L, la cosìdetta soglia minima di efficienza è stata fissata, in prima applicazione della riorganizzazione, alle 70mila prestazioni annue, numero determinato in base alla media degli esami di laboratorio complessivamente erogati nei cinque anni precedenti alla data del 31/12/2012, intendendosi per “complessivamente” il totale delle prestazioni erogate sia con oneri a carico del S.S.N. che in regime privatistico.
A Completamento della riorganizzazione si è successivamente stabilito, dopo una serie di altri decreti, il numero di 200mila prestazioni da totalizzare entro il 2018.
Cosa comporta la perdita di autonomia dei laboratori
I laboratori che non raggiungono la famigerata “soglia minima di efficienza” di 70mila prestazioni nel periodo antecedente al 2012, o che non raggiungano le 200mila prestazioni annue entro il 2018, sono pertanto costretti a diventare dei punti pre-processing ( ossia dei meri “prelievifici”) e ad aggregarsi con altre strutture al fine di formare un “laboratorio centralizzato” presso il quale effettuare la fase analitica ( la fase vera e propria di lavoro degli esami di laboratorio).
A rischio i posti di lavoro di molti operatori del settore
Al netto della riorganizzazione stabilita dal D.C.L 109 del 2013 e dei successivi n.45 del 4/07/2014 e n.59 del 29/5/2015, voluta in nome di un presunto – ma mai dettagliatamente motivato – miglioramento della qualità delle prestazioni sanitarie erogate, sono a rischio circa tremila posti di lavoro. I titolari delle strutture al di sotto della soglia stabilita, infatti, divenendo dei semplici punti di raccolta dei campioni biologici, si trovano a dover licenziare le unità del personale deputate alla fase analitica.
L’intervista al Segretario di Federbiologi Elisabetta Argenzano
Dottoressa, quanti posti di lavoro sono a rischio?
“Circa duemila, e mi sto mantenendo bassa con le cifre”.
Cosa pensa di ottenere da questo incontro?
“L’ufficializzazione della rete contratto, che è una forma di aggregazione promossa dal sindacato che rappresento e che consente alle strutture sanitarie di continuare a resistere”.
Quante strutture verrebbero danneggiate in Campania da questo decreto?
“Circa il 47% dei laboratori di analisi, ma faremo di tutto per fa sì che i danni vengano contenuti”.
Perchè secondo lei si è provveduto alla riorganizzazione in questi termini?
” Perché la normativa vigente lascia decidere alle singole regioni le modalità attraverso cui riorganizzare la rete laboratorstica.
La nostra Regione va nella direzione del modello “Hub e spoke”, ovvero sia di un consorzio in cui il laboratorio più piccolo fa da punto prelievi ( spoke) e il laboratorio più grande si occupa della fase analitica( Hub), tuttavia le soluzioni potrebbero essere diverse e meno radicali”.