AVELLINO. Con la rubrica dal titolo “Lettere dal passato” ricostruiamo il passato dell’Irpinia, mettendo insieme testimonianze vere e tangibili. Un viaggio nei meandri del passato irpino attraverso una ricerca storica di lettere scritte dai nostri compaesani custodite all’Archivio di Stato di Avellino.
Lettere dal passato
Con la Legge 8 agosto 1806 il territorio del Regno di Napoli fu diviso in province e distretti, ricalcando il modello dell’ordinamento amministrativo francese. La Provincia di Principato Ultra venne suddivisa in tre distretti: Avellino, nuova città capoluogo e sede dell’Intendenza, Ariano Irpino e Sant’Angelo dei Lombardi, sedi di sotto intendenze.
Il primo intendente di Avellino fu Giacomo Mazas, nominato nel 1806. L’Intendente esercitava poteri di amministrazione attiva, vigilava sui comuni e gli stabilimenti pubblici, svolgeva funzioni di alta polizia. Dipendeva gerarchicamente dal Ministero dell’Interno.
Le lettere del carteggio di Giacomo Mazas
Le lettere sono complessivamente 210 suddivise in due volumi. Quelle del primo volume vanno dal Novembre 1794 al Febbraio del 1796, quelle del secondo da Aprile 1809 a Luglio 1813.
Mazas fu nominato primo Preside di Principato Ultra del Regime Napoleonico da Giuseppe Napoleone Bonaparte il 7 Marzo 1806 e primo Intendente il 13 Agosto.
A lui si deve il trasferimento del capoluogo di provincia da Montefusco ad Avellino, il rinnovamento edilizio, l’ampliamento urbanistico e la fondazione della Reale Società di Agricoltura di Avellino. Il carteggio contiene corrispondenza privata e pubblica, nella quale l’Intendente corrisponde con il Re Gioacchino Murat.
La lettera: Rapporto sullo Stato della Provincia – 27 Febbraio 1811
Le epistole del secondo volume sono 41, di cui 21 scritte in francese, si occupano di prevenzione del brigantaggio, della coscrizione militare e della diminuzione delle contribuzioni.
La lettera numero sei è una nota sull’andamento de brigantaggio della Provincia di P.U., dove l’Intendente porta a conoscenza di sua Maestà della possibile “indolenza” di un intero Comune, Padula e della loro vicinanza ai briganti.
“ Avendo avuto conoscenza in Luglio scorso della protezione che molti abitanti di Paduli accordano al Capo dei Briganti Paolo d’Alessandro, che ho avuto l’onore di segnalare a Vostra Maestà nel mio rapporto precedente, così che alla sua comitiva, ordinai l’arresto di qualcuno di questi abitanti. Ne è risultato che il Comune intero, per la voce dei suoi amministratori si è offerto a distruggere questa comitiva. Mi fan richiesta di man forza e di armi che io gli accordai, si impegnano, inoltre a pagare 300 ducati al mese fino all’arresto o alla distruzione di questi briganti; allora ho fatto rilasciare gli abitanti arrestati, contando sulla promessa di questo Comune.” (stralcio lettera a Sua Maestà Gioacchino Murat).
Una lettera, dura, ferma e rigida sulla cattura dei briganti. L’Intendente rappresentava il controllo sulla terra di appartenenza, un ruolo preciso e programmato, che risultava controllabile solo attraverso epistole di comunicazione delle azioni, spesso già avvenute.
Non vi era nella cattura o abbattimento del problema nessuna possibilità di regresso della scelta. Risalta, in maniera chiara, come ai tempi vi fosse una percezione della comunità molto più coesa. Gli abitanti, cittadini erano attenti e organizzati tutti insieme per non far trapelare i nascondigli o le cure che si apportavano ai disertori. La storia insegna tanti valori, oramai persi e che dovrebbero invece essere presi come materia educativa e civica.
Articolo a cura di Elizabeth Iannone